È di oggi la notizia che l’ex sindaco di Carloforte, a giudizio per truffa e falso, in ragione dell’utilizzo dell’auto del Comune per il percorso dal Municipio all’abitazione della famiglia a Quartu, è stato assolto, su richiesta dello stesso Pm che prima aveva formulato l’accusa (e vabbè, le incertezze di un procuratore sono sempre veniali) dalle accuse di falso e truffa, e condannato per peculato d’uso (valore del peculato stimato dalla difesa: 300 euro; valore del risparmio per la pubblica amministrazione, migliaia di euro).
Ovviamente sui giornali assetati di sangue che nessuno legge più (e non si sa se dire per fortuna o per disgrazia), si riporta nei titoli la condanna e negli articoli l’assoluzione. La ragione è semplice: il sangue, piace il sangue, piacciono le identità fatte a brandelli, le membra disiecte.
È evidente che Simeone piace più ‘condannato’ che ‘assolto’. Egli è un galeotto, con ben 11 mesi di carcerazione preventiva per il crac di una società per il quale è stato condannato in primo grado a nove anni. Quando uno puzza di galera, finisce come i latitanti: non gli si può mai attaccare una patente di innocenza, mentre tutte le pesti del mondo sono legittimamente sospettabili di derivare dal suo sangue.
Ora, però, per me la vicenda è interessante per il bellissimo reato per cui Simeone è stato condannato: peculato d’uso per l’utilizzo della macchina pubblica per il percorso casa privata-ufficio. Mi chiedo: ma è vero? Perché se è vero e solo solo la polizia giudiziaria acquisisse le percorrenze delle auto blu dell’amministrazione regionale negli ultimi sei sette anni, interrogasse gli autisti e considerasse i costi, bé, il galeotto Simeone con i suoi 300 euro ne uscirebbe candidato alla beatificazione per onestà praticata e non esibita. Insomma, è sempre la solita storia: dipende se sei o non sei figlio di qualcuno, se sei un topo di città o di campagna, se sei, come dicevano gli spagnoli, hijo de algo!
Apo connotu un’Assessore regionale chi no istaiat in Castedhu ma a unos sessanta chilómitros atesu. Autista personale e màchina de sa RAS, però, istaiant in Castedhu e a manzanu faghiant su viazu pro che lu leare e a sero pro ndhe lu torrare.
Mai intesu nudha de iscandhulosu. Tempus de “vacche grasse”, de “hijos de algo” o àteras ‘régulas’ e ‘misuras’? No ndh’isco. Ma connoschimus a tropu tempos de fizos e fizastros, ‘amigos’ e ‘nemigos’, gopais e gomais.