Premessa: se non si ha in testa la Nazione Sarda (cioè l’insieme di cultura, interessi, diritti, desideri ecc. che lega i Sardi tra loro) non si sa difendere la ricchezza dei sardi.
In Sardegna ci sono 3 milioni e 150 mila pecore circa.
Per la maggior parte dei sardi benpensanti le pecore sono sinonimo di arretratezza e di ritardo di sviluppo.
Invece le pecore sono ricchezza, ma per saperlo bisogna essere umili e attenti, non essere specialisti della protesta, ma coscienti che i Sardi hanno loro interessi nazionali, come gli arabi. Se questi hanno il petrolio e se lo tengono stretto, noi abbiamo le pecore e il latte e invece non li consideriamo strategici. Quanti sardi sanno che noi oggi in Sardegna abbiamo 3 milioni e 150 mila pecore, quasi la metà di tutto il patrimonio ovino della Repubblica italiana? Quanti ci ragionano come se si trattasse di una grande risorsa?
Nel mondo sta aumentando il numero delle pecore allevate ( 50 milioni di capi in più in dieci anni), perché è conveniente farlo. In Europa invece, per ragioni di economia politica che hanno voluto privilegiare altre produzioni, sta diminuendo ( 4 milioni di capi in meno ). Solo in Sardegna dal 2005 ad oggi il numero dei capi è sceso di 500 mila unità. Questo depauperamento della ricchezza è avvenuto nell’indifferenza generale. In altri luoghi avrebebro tenuto la ricchezza e cambiato la gestione. Noi abbiamo scelto la perdita secca.
Prendiamo poi una vera vittima dell’ignoranza: il Pecorino Romano. Parliamo di valore, perliamo di soldi e di ricchezza.
Numero degli allevamenti coinvolti: oltre 11 mila.
Valore della produzione: 250 milioni di euro. Valore generato al commercio: 484 milioni di euro.
Il Pecorino Romano è il formaggio più esportato nei paesi dell’Unione Europea. Altro che commodity da grattugia per gli americani!
Noi abbiamo oro in mano e lo trattiamo come sterco.
In questo quadro arriva l’ultima presunzione e protervia italiana.
Esistono i libri genealogici delle pecore. Sono importantissimi per la selezione degli allevamenti e per l’accesso ai premi comunitari. Ovviamente, siccome i Sardi non hanno un’adeguata coscienza nazionale, dove hanno tollerato che si tenessero i registri dei loro capi ovini? Nella penisola, in Abruzzo.
Adesso, nonostante la normativa europea vieti espressamente posizioni di monopolio rispetto alla tenuta degli albi genealogici e dell’esercizio delle funzioni correlate, si vorrebbe rafforzare ulteriormente la funzione dominante già esistente dell’Associazione Italiana Allevatori (AIA), ridimensionare le APA (Associazioni Provinciali Allevatori) e affidare definitivamente albi e funzioni all’ennessima struttura centralistica romana, con una logica monopolistica oggi illegittima e illegale. Come dire: le pecore in Sardegna, ma la gestione della memoria genetica e delle funzioni correlate a Roma. Detto in altri termini: le zampe in Sardegna e il cervello a Roma.
Serve o non serve avere una coscienza nazionale sarda nelle campagne?
Serve non serve, come ha proposto ieri Giovanni Cabiddu di Oschiri, costituire una Associazione Nazionale Sarda Allevatori?
Serve o non serve avere una coscienza nazionale, cioè dire: “Siamo una Nazione, abbiamo interessi nazionali diversi dai tuoi, dobbiamo negoziare un accordo tra nazioni, non tra regioni”?
La ricchezza chiama con urgenza la coscienza, cioè il sapere essere consapevoli di se stessi. Questa è la novità culturale e politica che bisogna conquistare.