Non ho mai capito chi ha paura delle donne. Non capisco come e perché si possa temerle. Dietro i barocchismi che si stanno inventando per non fare una banalissima riforma della legge elettorale sarda c’è la paura, la paura delle donne, del femminile, che non è per nulla originaria della nostra cultura.
In Sardegna per lungo tempo i figli hanno portato i cognomi delle madri o dei padri, ma non esclusivamente dei padri.
Le donne, in Sardegna sono state sacerdotesse, più recentemente sono state regine e non solo per fare le madri dei prìncipi, ma per condurre guerre e fare politica.
Le donne dei sardi sono sempre state compagne. Non sono state sante ma neanche demoni, esattamente come gli uomini, ma più belle.
Ci si sposava mettendosi d’accordo, senza tante cerimonie, senza tanti pasticci. Un sì, punto, e per sempre. E se finiva perché si amava un’altra o un altro, o perché ci si era sbagliati, nessuno faceva tragedie, purché avvenisse nel rispetto delle persone.
Le culture sessiste hanno paura delle donne.
Le culture del sesso come dominio hanno paura delle donne. Le culture che temono la bellezza, la grazia, l’intelligenza ordinata e sistematica che le contraddistingue, l’oblio di sé che genera l’amore, la bellezza del piacere che passa dai corpi e dalle anime, l’amore gratuito verso i figli, quell’amore che si impara prima con gli amici e con le amiche, perché è verissimo che si può amare perdutamente i propri amici e sentirli come affidati alle proprie cure.
Chi teme la bellezza sempre in pericolo della vita ha paura delle donne.
Per paura di loro che si fa? Quando stanno per vincere la corsa, si allunga la pista. Ma sono espedienti inutili e un po’ tristi, roba da conteggi elettorali di fronte alla grandezza dei principi.