Non ci vuole la laurea (stiamo parlando di lauree vere, lauree sudate, non quelle nebulose che costringono agli accessi civici per essere verificate) per capire che cosa sta succedendo dopo la rivoluzione elettorale del latte, pilotata da tante manine occulte nel febbraio 2019.
Intanto i pastori, quelli con gli occhi aperti, stanno toccando con mano che riunirsi con i Prefetti della Repubblica italiana per trattare sul prezzo del latte, convocando gli assessori della Regione Sardegna come comprimari marginalizzati, ha umiliato i sardi e non ha fatto salire il prezzo.
L’euro al litro che il ministro degli interni aveva promesso in 24 ore non si vede all’orizzonte.
La grande distribuzione, il convitato di pietra del prezzo, quella che comanda senza mai esporsi, è allegramente in giro a fare aste come i romani facevano gli spettacoli al circo con le belve che ammazzavano gli uomini (si consiglia la lettura del libro Il grande carrello).
Il ritiro delle scorte, unica misura concreta suggerita in campagna elettorale da chi ha perso le elezioni, è ancora ai blocchi di partenza: soldi stanziati ma a oggi non si sa ancora bene come verranno spesi.
Sempre all’interno del solito copione, ieri, sotto gli occhi vigili del Prefetto di Sassari della Repubblica italiana, viceré di Sardegna per volontà di una parte dei pastori, si è avuta l’ennesima contestazione general generica dei dati sulle produzioni del Pecorino romano (dietro la quale la Coldiretti maschera, con i colori della protesta, il suo collateralismo con il governo attuale, sperando così di sottrarre la leadership del mondo delle campagne allo spontaneismo dei diversi movimenti che lo animano e che non riconoscono ruolo alla Coldiretti) e per l’ennesima volta la Coldiretti si è rotta la testa dinanzi al rappresentante del Ministero delle Politiche agricole che ha detto loro che se hanno contestazioni da fare sui dati, che vengono per l’appunto controllati dal Ministero, facciano denunce nei luoghi preposti, esattamente come hanno fatto con la visita all’Antitrust.
Risultato?
Chiacchiere su chiacchiere su chiacchiere per la competizione per i gradi di maresciallo capo dell’esercito popolare dei pastori (che però non sopporta alcun capo).
Infine, unico passo in avanti, si è individuato il percorso (che è fissato per legge e che quindi si sarebbe realizzato anche senza andare dal prefetto-viceré e senza fare la finta rivoluzione guidata dalle manine di cui sopra a febbraio e senza che un centinaio di persone si trovassero nei guai con la Giustizia e altrettante si trovassero con i camion svuotati o danneggiati) per il nuovo Piano dell’Offerta del Pecorino Romano. I ruoli saranno questi: il Consorzio di tutela farà la proposta di Piano, poi ci sarà una sorta di referendum. Infatti il Piano, per entrare in vigore, dovrà essere approvato almeno da circa 8000 imprese che rappresentino almeno 132 milioni di latte prodotto. La Regione vigilerà sulla regolarità delle votazioni. Tutto regolato dalla legge e tutto come prima: per tutto questo non c’era bisogno di insultarci tra noi e di dare occasione allo Stato italiano di perseguire un bel po’ di Sardi (a proposito, e le autodenunce dove sono? Si è riflettuto e si è ben pensato di non mettersi tutti nelle mani della Giustizia? In questo caso, auspicabile, perché non dirlo? Perché non comunicare il ritrovato equilibrio mentale ed emotivo?).
Il latte a un euro a subito è già in soffitta, dimenticato. È servito allo scopo e adesso è messo lì, da parte, dentro il cassetto di un prefetto.
Ma la cosa che mi ha fatto più male è un’altra. L’altro giorno sono andato al mercato e ho trovato un nuovo prodotto: il Gran pecorino. Formaggio ovino grattugiato, simile ed evocativo, del Pecorino romano, che ovviamente non viene citato.
Ovviamente l’operazione segue quella realizzata anni fa dalla 3A di Arborea che reagì alla crisi del latte vaccino facendo un formaggio vaccino di lunga stagionatura, il Gran Campidano, collocato sul mercato con prezzi competitivi ma superiori a quello del Grana padano. Con una grande differenza: che la 3A ha raggiunto un grande risultato combattendo sui mercati contro una Dop (il Grana) non sarda. Il novello Gran pecorino (che però potevano chiamare anche Gran fantasia, per l’assoluta assenza di creatività nel nome) fa concorrenza a tre Dop sarde: il Pecorino Romano, il Fiore Sardo e il Pecorino sardo. Meno male che c’è chi si ingegna per fare prodotti sempre nuovi, ma se proprio nel momento in cui si cerca di far salire il prezzo delle Dop sarde (per far salire il prezzo del latte) si fa poi concorrenza ai prodotti certificati con i prodotti generici, io non ho alcuna difficoltà a dire che serve uno psichiatra in campagna.