Abbanoa, l’ipocrisia della politica e l’irresponsabilità diffusa
di Paolo Maninchedda
Per la Regione Sardegna la fissazione della data dell’8 luglio per la discussione dell’istanza di fallimento della società Abbanoa è un’ottima notizia: finalmente questa spada di Damocle incombente sui processi di riforma del processo dell’acqua calerà sulla testa della società o se ne allontanerà, come io credo, per sempre.
Una cosa è certa: la Regione sa che l’interesse pubblico consiste nel garantire il servizio, nell’attuare il Piano di ristrutturazione della società, nell’attuare il Piano d’azione di Deloitte e rinnovare così i processi gestionali, nel tutelare i circa 3.000 posti di lavoro che ruotano intorno alla società tra dipendenti diretti e indotto, nel tutelare le imprese sarde che vantano crediti verso la società, nel fare una nuova legge che riformi tutto il sistema, faccia diventare Abbanoa una società efficiente di prossimità ai comuni e ai cittadini e utilizzi al meglio una risorsa preziosa e pubblica come l’acqua. Un’altra cosa è certa: le carte, non le chiacchiere, dicono con chiarezza che in questi due mesi si è lavorato tanto per mettere ordine e restituire efficienza non solo a Abbanoa ma a tutto il sistema idrico integrato. Saranno stati fatti tanti errori nel passato, ci saranno state tante inefficienze e disorganizzazioni, ma certamente si stanno mettendo le cose a posto, non cercando colpevoli ma risolvendo problemi. Cui prodest sfasciare tutto, gridare sempre e comunque al fallimento? Cui prodest?