Bravi bambini Siamo ancora nella fase di emergenza della pandemia e quindi l’attenzione è, giustamente, rivolta a come ridurre i contagi, a come salvare le vite umane. Ma dall’emergenza usciremo, non sappiamo con certezza quando, ma usciremo. E allora è importante individuare adesso gli strumenti che la Sardegna può mettere in campo per sostenere la ripresa dell’economia regionale, in aggiunta a quelli che in queste settimane stanno attuando l’Unione Europea e il Governo nazionale italiano.
Si devono innanzitutto valutare le norme in vigore, altrimenti si rischia di definire azioni che sono poi impossibili da realizzare.
Vediamole.
Studiare e capire il pareggio di bilancio La Sardegna, come tutte le regioni e i comuni, è obbligata al rispetto del pareggio di bilancio.
Lo stesso vincolo non ce l’ha lo Stato, tanto più adesso che l’Europa ha opportunamente sospeso il patto di stabilità. E infatti gli interventi che il governo italiano sta realizzando (per un totale di circa 50 miliardi) sono fatti in disavanzo.
Invece questo non è permesso alle regioni.
Sapere e dire che ci saranno meno entrate Altro grosso problema: il bilancio della Sardegna è costituito in gran parte (circa 80%) da entrate erariali compartecipate (i 9/10 dell’IVA, i 7/10 dell’Irpef e così via). Si tratta, all’ingrosso, di 6,5 miliardi di euro.
La crisi economica porterà con assoluta certezza una forte riduzione del gettito fiscale e quindi delle nostre entrate.
È difficile ora fare previsioni, dipende da quanto ancora durerà il blocco produttivo, se nei mesi estivi riprenderanno almeno in piccola parte i flussi turistici. Ma con certezza ci sarà una riduzione del Pil e del gettito fiscale. Se ipotizziamo, cercando di essere ottimisti, una riduzione del 5% delle entrate ciò significa avere in meno circa 350 milioni.
Con le norme in vigore, la Sardegna sarebbe obbligata a fare una variazione di bilancio per quell’ammontare, tagliando le spese previste o aumentando le tasse. Una vera follia, ma così oggi impone la legge.
Proprio quando ci sarebbe bisogno di immettere più risorse nel sistema economico, in aggiunta a quelle nazionali, ci troviamo di fronte a questo vincolo assurdo.
Andiamo avanti con il ragionamento.
Non dire balle sul miliardo Siamo in situazione di crisi e vogliamo immettere risorse consistenti nel sistema. Certamente possiamo fare una manutenzione delle risorse esistenti o riprogrammare qualche fondo comunitario non ancora impegnato.
Non è certo facile, molte spese sono programmate e attese dai destinatari, è difficile spostarle. Ma diciamo che si riescono a liberare 100 milioni, sarebbe già un ottimo risultato. Bastano per rilanciare il nostro tessuto produttivo, anche se aggiuntive rispetto a quelle nazionali?
Siamo tutti d’accordo che non sarebbero sufficienti. E infatti il Governatore Solinas ha parlato in questi giorni della necessità di immettere nel sistema 1 miliardo. Mi sembra una stima corretta.
Ma dove si possono prendere queste risorse?
Ovviamente la Regione potrebbe permettersi di contrarre un mutuo, e quindi trasferire risorse alle famiglie e imprese falcidiate dalla crisi e cercare di salvaguardare i posti di lavoro, i redditi e in prospettiva le stesse entrate fiscali della regione.
Peccato che non si può fare. L’art. 119 della Costituzione vieta alle Regioni di indebitarsi (in qualunque forma) per finanziare la spesa corrente, ossia il
sostegno a famiglie e imprese. I mutui oggi si possono fare solo per gli investimenti, che però hanno tempi di realizzazione lunghissimi e quindi non aiutano nell’immediato la ripresa dell’economia.
La beffa incombente della spesa sanitaria Infine, il tema della spesa sanitaria cresciuta a dismisura a causa dell’emergenza Covid-19. Come ben sappiamo, la Sardegna finanzia interamente con le proprie risorse il sistema sanitario regionale e, purtroppo, non esistono clausole di salvaguardia che rendano automatico il supporto statale in caso di emergenze.
Quindi abbiamo oltre il danno la beffa. Per il bilancio della Sardegna la crisi produce entrate minori e costi maggiori. Davvero insostenibile.
Adesso siediti e prendi appunti per le soluzioni Se vogliamo disporre degli strumenti finanziari adatti per affrontare la crisi, la Sardegna (insieme alle altre regioni, in particolare quelle a Statuto speciale) deve chiedere con grande forza e urgenza al Governo tre modifiche alle leggi nazionali.
- Sospendere l’efficacia del pareggio di bilancio, ossia permettere alle regioni di andare in disavanzo.
Questo permetterebbe alla Sardegna di far fronte alla prevista riduzione delle proprie entrate senza dover ridurre la spesa già programmata. Questo disavanzo potrebbe poi essere o assorbito dallo
Stato all’interno della manovra emergenziale o finanziato con una anticipazione di liquidità da restituire negli anni.
A sua volta la regione, liberata dal vincolo del pareggio, avrebbe la possibilità di intervenire finanziariamente a favore dei comuni che sono soggetti al vincolo. - Autorizzare le regioni a contrarre mutui anche per spesa corrente vincolata agli interventi necessari per fronteggiare questa emergenza. La Cassa Depositi e Prestiti e il sistema bancario hanno ingenti
risorse disponibili e i tassi di interesse sono bassi, quindi la Sardegna, che ha un indebitamento molto contenuto, non ha certo problemi a ripagare le rate in 20-30 anni. - Stabilire che tutta la spesa sanitaria aggiuntiva dovuta all’emergenza sanitaria Covid-19 sia coperta da risorse statali, come avviene per le regioni a statuto ordinario, e non dal bilancio regionale.
Si tratta di tre interventi importanti e urgenti che per essere approvati richiedono una forte condivisione di tutte le forze politiche e sociali a livello locale e il pieno supporto dei parlamentari sardi. Senza queste modifiche legislative, gli strumenti a nostra disposizione per fronteggiare la crisi sarebbero del tutto insufficienti e inefficaci e ne pagheremmo le conseguenze per anni.
Salve,
sono un po confuso. Ho letto l’articolo per ben due volte e mi son chiesto se questo sig. Paci è lo stesso Paci che fece l’accordo con il governo italiano nel periodo Renzi. La risposta è si!! lo stesso che fece perdere alla Regione Sardegna diversi miliardi di euro. La storia la sapete tutti, credo che lo sappia e la conosca bene anche Paolo Maninchedda assessore di quella Giunta. Dopo un anno il Paci ( alla maniera dei tribunali!) in qualche maniera consiglia al Presidente Solinas quali sono gli strumenti da adottare per uscire dalla crisi economica dovuta anche alla crisi sanitaria. consiglia anche di fare mutui ( come quelli fatti da lui per 700 milun .). Sarebbe interessante avere la lista della spesa di quei 700 mil. Conoscendo Il Presidente Solinas credo che di quei suggerimenti non nè terra conto, perché portano il verme dell’indebitamento. Per le prossime 5 legislature non ci sarà più “babbai”, anche per colpa delle politiche del Paci ( alla maniera dei Tribunali). una cosa comunque voglio richiamare dai suggerimenti proposti: quando il Paci ( alla maniera dei Tribunali) :
Sapere e dire che ci saranno meno entrate. dice proprio cosi, su mundu a traversu!!! Meraviglia!! dice proprio cosi. non mi sono dimenticato delle panzane dei : regionBond per l’agricoltura. tutti spesi. ah ah! Totò il comico diceva: ma lasciamo perdere, ma per carità!!! Questo economista politicamente è stato un danno e non riuscirà certamente a riciclarsi proponendosi come ” Consigliori”. Passiamo ad altro: bisogna restare a casa! e facciamolo senza incazzarci con i suggerimenti di Paci. Chiaro Solinas!!
Pibincosu
Pibincosu?!
S’iscuru a nois Sardos, dipendenti/dipendentisti assuefatti e ‘normalmente’ (cioè, sistematicamente) dis – tratti!
S’operatzione de «dis – trarre» in sardu si tiat nàrrere «iscassiare», tirare a un’ala, colare sa cosa de unu caminu o istrada a un’àteru/a, iscassiare caminu. Ma ma faedhendhe de concas (si bi ndh’at!) cheret nàrrere «irbariare», altrimenti detto «impazzire», e sos Sardos ‘normalmente’ giai de séculos, suta de domíniu istranzu/anzenu, chi però pro nois si est “istranzu” est… sacru, che in sa Bibbia, e mancari siat Filisteu ancora lu pregamus, semus preghendhe sos “barones” (est su ‘innu’ «regionale», cussu de sa RAS e, creo, de totu sos RASsistas), semus dughentos e prus annos preghendhe a «moderare» sa tirannia… ca custa, si est meda, melius abundare quam deficere, ma si est tropu…, beh, pregamus de la moderare! Ma sempre cosa bona est e andhat bene chi siat bundhante.
Grazie! Grazie!! Almeno ogni tanto possiamo respirare (salvu carchi prummonite dópia, de sa zenia “coronavirus” ma a un’àtera parte de sa carena, ca fintzas sos cherbedhos zughimus a duas perras e nessi una, ‘normalmente’, est menzus coronada).
Ma pibincosu proite?
Custu iscritu «Strumenti per la ripresa economica» de sa Sardigna de Prof. Paci l’aio zai lézidu deris in àteru logu e pesso chi cussu chi l’at postu apat fatu unu cópia e incolla. E l’apo leadu pro bonu: cherzo nàrrere “copiadu e incolladu chentza fadhinas”. Custu manzanu l’apo àpidu in Sardegna e Libertà e creo chi chie contivizat custu “Giassu” apat fatu unu cópia e incolla gai etotu. Cun carchi annunta: a zisa de paràgrafu, s’argumentu iscritu in grasseto. Craru.
E lezo. Eh, no, inoghe cun su chi apo lézidu deris che at una diferéntzia: custa peràula, duas bortas, no fit iscrita cun initziale majuscula!
Chie contivizat Sardegna e Libertà at currézidu duas bortas sa peràula. O at tentu s’incumandha de la currèzere. Oburu… no ndh’isco chie at fatu una cosa e chie at fatu s’àtera. Poto nàrrere solu chi no so prus professore e no tenzo de dare votos a neune (salvu candho b’at eletziones in Sardigna, ma mai prus cussas chi faghent pro mandhare on. e sen. a Roma).
Duncas, ant fatu e apustis in sa cópia de SL currézidu un’irballu e azis a nàrrere chi in cosighedhas goi minudas che a s’iscritura b’at de si pèrdere e in prus, iscrindhe a computera bi at una “manu invisibile” (no est manu sarda) chi bos currezet ammalaoza su chi iscrides, si no la cancarades (mescamente iscrindhe in sardu, ma goi, si est, pro sos corpos mios pesso chi si càncaret innanti a sola) e bos podet fàghere iscríere allu po cibudha fossis solu ca si assemizant sos sabores. Ma no mi est mai capitadu, assumancu a mie, chi mi apat currézidu una minúscula a majúscula.
E tandho ant fatu e currézidu un’irballu.
Za est abberu chi sos Sardos no tenimus sa cultura de sa “tolleranza” (chi tiat chèrrere nàrrere a cumprèndhere, baliare e istimare e fàghere sa demogratzia e sas diferéntzias coment’e richesa “soft”, no de invasione catigadoras ma de mezoru de sos diferentes).
Tenimus, invetze, sa cultura de su aprossimativu: “totu est su própriu” (políticos e partidos docent!), “su chi est tip est tap”, “su chi faghet trinta faghet baranta”, “tutto fa brodo” e arguai si a sa balentesa ‘sarda’ (e a sa presuntzione acquisita) li ponides salia in su nasu: apriti cielo!
Però sas peràulas (mancu pro sos provérbios chi tenimus e totu su chi ndhe narat sa cultura populare), si no las amus frundhidas che arga de muntonarzu paris cun sa limba, o signíficant carchi cosa e sunt “vuoto a pèrdere”, imbarratzu, arga, eddeallu cosa de muntonarzu, bascaràmine, e fintzas ingannu de inganniles.
Su ch’est chi un’iscola istranza e infame de unu séculu e mesu in goi nos at cravadu in conca (no faghimus su contu de sos mortos iscurcurigados ma solu de sos revéntidos, de sos bravi) sa peràula “regione” no pro rispòndhere in sa vida cun su èssere zente a sa dimandha “It’est?” ma solu a sa dimandha de sos maestri a s’interrogatzione per promuovere o pro iscurcurigare.
S’Itàlia, sa Repúbblica italiana cun totu sos preíderos suos, nos at prenu sa conca de “regione” e chi sa Sardigna est regione italiana, si nessi carchi geògrafu teniat s’abbilesa de ispiegare comente faghet sa Sardigna a èssere regione geogràfica de s’Itàlia cun chentu otanta chilómitros de distàntzia chi tenent in sos duos solos puntighedhos prus acurtzu, e no narant regione italiana, ponimus, a sa Córsica o a sos territórios chi s’Itàlia zughet inderetura atacados.
Oburu semus cussiderendhe geografia su chi est istória, fatos de geologia de milliones de annos coment’e fatos de dominadores e domíniu e dominados in nessi duos séculos de istória, si assumancu s’istória l’aimus connota e cumpresa e no comente noll’ant cuada suta de totu dos líbberos de testu de totu sas iscolas italianas coltivendhe sa cultura de s’ignoràntzia e menisprésiu de nois etotu Sardos e ignoràntzia de sos Italianos etotu.
Ma ite b’intrant s’initziale minúscula e sa majúscula in custa chistione? B’intrat e comente! Ca sa “regione” est geografia, ma sa “Regione” est istória, si sas peràulas no sunt vuoto a perdere o a cufúndhere, bascaràmine de frundhire, arga, ingannu e mancu si paret nudha mescamente in totu su parlare e paraletare de políticos e telegiornales si no si faghet bene atentzione a cumprèndhere de ite sunt faedhendhe e a sa Sardigna, a sa Sardigna e no a sa RAS, no ischíndheli nàrrere mancu «Sardegna», li depent nàrrere ammalaoza «regione» comente ant imparadu (bene, bravi, promossi!) zai de sa prima elementare si no innanti puru.
Sa “Regione” RAS “Regione Autonoma della Sardegna”, su chi nos dadu sa Assemblea Costituente de sa Repúbbrica Italiana su 26 de frearzu (titia!) de su 1948 cun sa leze n. 3: si agatat prus pagos annos de cantos mi agato deo.
Sa Sardigna si agatat milliones de annos innantis de si agatare mancu ascruza de sa zenia umana e si própriu la cherides bídere atacada a s’Istivale fata a regione italiana pregade chi campedas chentinajas de milliones de annos pro bos cufrimmare s’idea chi nos at antitzipadu e tzacadu in conca s’iscola italiana e sos preíderos e zaganedhos suos.
E si cumprendhimus it’est “Regione Autonoma DELLA Sardegna”, cheret nàrrere no chi sa Sardigna est regione/territóriu, ma chi sa Sardigna pro si amministrare (e no guvernare) TENET un’ENTE definidu Regione (Cossizu, Giunta, Presidente)
Paci, o chi per lui, iscriet deghe bortas «regione, regioni» faedhendhe de sos Entes de amministratzione Regione, Regioni.
E candho iscriet «La Sardegna, come tutte le regioni e i comuni» «La Sardegna» est sa RAS, sa Regione Autonoma della Sardegna, e su chi narat «tutte le regioni», che a «comuni», sunt sas Regiones Entes de amministratzione dall’Alpi alla Sicilia.
Cufundhet sa Sardigna cun sa RAS ca sa Sardigna est unu territóriu e una zente, e no un’ente de amministratzione: in conca bi est Sardigna «regione» postu a significare una cosa pro s’àtera.
Sa matessi cosa candho narat «la Sardegna (insieme alle altre regioni, in particolare quelle a Statuto speciale)».
Sardigna regione! In conca! Pagu male si fit istadu cosa de iscritura de currèzere a lapis, ma est su ischire, cumprèndhere e faghere abbunzosu, iscabiladu, iscaminadu e macu de sos Sardos, dignu de zente zoghendhe a irresponsabbilidade e pessade, tandho, cantu líbbera!
In Sardegna e Libertà est currézidu de «regione» a «Regione» in «Ovviamente la Regione potrebbe permettersi di contrarre un mutuo» e in «L’art. 119 della Costituzione vieta alle Regioni di indebitarsi (in qualunque forma) per finanziare la spesa corrente».
E sa sola idea chi resesso a mi fàghere de sa proposta de Paci – cun totu chi faedhat de «vincolo assurdo», «abbiamo oltre il danno la beffa» – est chi est sa conclusione lógica de sa manera de èssere nois Sardos duos séculos e passa, ingabbiados o apicados a su corru de furca: «chiedere con grande forza e urgenza al Governo tre modifiche alle leggi nazionali».
Ma seguru: su Parlamentu italianu no ischit it’e fàghere si no a ispetare a nois!… Bi amus a pònnere sa fortza de pregare «Procurad’e moderare» ifatu de totu sos partidos italianos de totu sas divisiones che berbeghes badhinosas? O sunt badhinosos sos ‘pastores’?
Fossis amus cumpresu chi sa Sardigna zughet totu a inghíriu su mare e nos cherimus ispecializare a fàghere sos pistadores de abba.
Dal mio punto di vista il nostro presidente Solinas non ha le capacità di poter prendere decisioni così importanti per salvaguardare tutto il sistema produttivo della Sardegna ,per quanto riguarda il sistema sanitario mi basta vedere che cosa ha fatto con il materOlbia spendendo i nostri soldi per il privato .