Ieri, di fronte al Tribunale di Oristano, uno dei principali testimoni dell’accusa del processo Ippocrate è crollato, al punto da indurre il presidente del tribunale a richiamarlo più volte a dire la verità.
Era il principale testimone d’accusa contro Augusto Cherchi.
Lo aveva accusato di avergli ordinato di rimuovere Salvatore Manai dalla carica di segretario provinciale del Partito dei Sardi. Ieri ha dichiarato che ciò non è accaduto.
Aveva accusato Cherchi di averlo contattato via messanger subito dopo un suo interrogatorio da parte della Guardia di Finanza. Ieri, ha smentito.
Ieri è emerso per l’ennesima volta che Salvatore Manai non è mai stato segretario provinciale del Partito dei Sardi, come sapevano anche le pietre ma non la Polizia Giudiziaria, e che dunque non vi era motivo di rimuoverlo da alcunché.
Ieri, la stessa presidente del Tribunale ha obiettato al testimone che dagli atti e dalle sue testimonianze risulta che si era avvicinato al Pds solo per ottenere dei favori, poi non ottenuti, come già era emerso nelle sedute precedenti.
Ieri il testimone ha continuato a dire di essere stato chiamato da un’agenzia interinale, ma la stessa Polizia Giudiziaria non ha rinvenuto la chiamata nel suo traffico telefonico.
Quindi: Cherchi non ha chiesto nulla a nessuno, non ha rimosso nessuno in vista di un concorso, non ha contattato nessuno, non ha fatto favori.
Cherchi ha fatto sei mesi di arresti domiciliari.
Cherchi è una persona non di ferro, che ha subito una ferita mortale. Dilaniarlo anche quando i fatti dimostrano che le accuse non erano fondate sa di sadismo.
Ogni volta che c’è un’udienza, i cronisti, in almeno due circostanze non presenti in aula, riepilogano le accuse nei suoi confronti (che vuol dire ampliare l’effetto mediatico dell’accusa per tutta la durata del processo) e forniscono come asse portante della loro narrazione il punto di vista della Procura.
Così oggi su entrambi i giornali il dato valorizzato non è che un signore ha mentito, ma che aveva chiesto dei favori che non gli erano stati fatti. Solo tra le righe si dice che il testimone si è contraddetto e ha smentito le versioni precedentemente dichiarate. I titoli sono titoli d’accusa, ancora una volta.
Non solo: è valorizzato il fatto che la Procura, dinanzi al crollo di uno dei suoi principali testimoni, sostiene ancora che il solo fatto che il testimone si sia avvicinato al Pds per chiedere favori, rimasti assolutamente insoddisfatti, è motivo di colpa per il Pds. Se tutti i Pm della terra ragionassero in questo modo aberrante, basterebbe che una persona chiedesse un favore per arrestare non tanto il richiedente ma il rifiutante. Ma soprattutto, dinanzi a un’aberrazione logica così evidente, in altri tempi un giornale indipendente avrebbe chiamato la sua firma più autorevole e avrebbe contestato alla Procura questo costume psicologico, così deviante, inquisitorio e autoassolutorio. Ci vuole niente a mettere nei guai un uomo politico se basta che una persona gli si rivolga per chiedergli un favore. Ma non sono tempi di verità e dignità; sono tempi bui. L’ignoranza è al potere e la convenienza la assiste.
La verità è che, benché noi del Pds, e io in particolare, siamo stati spiati anche in bagno, non è stato trovato un solo pezzo di carta o una sola conversazione che testimoni di un nostro intervento per qualsiasi cosa su Abbanoa, l’ente sul quale il testimone chiedeva un intervento. Difficile crederci dopo la campagna denigratoria che celebrati cronisti e uomini politici santificati fecero all’epoca contro di noi e tutto solo perché smantellammo un feudo di progettazione e di reclutamento che ascendeva alla vecchia Esaf, ma è stato esattamente così. Noi siamo stati onesti e abbiamo combattuto massonerie e prepotentati politici di cui alcune menti ristrette dagli orgasmi manettari non hanno capito nulla.
Ma oggi il punto è quello dei giornalisti.
Questo non è un modo di fare cronaca giudiziaria.
I cronisti della giudiziaria dovrebbero leggere tutti gli atti dei processi e ascoltare tutte le intercettazioni. Dovrebbero prendere le date degli eventi e confrontarle con le date dichiarate. Scoprirebbero cose molto interessanti. Ma non leggono una cipolla e non ascoltano un fico secco. D’altra parte, per quanto sono pagati, forse fanno anche troppo. Se questi accertamenti fossero stati fatti anche per tutta l’inchiesta Ippocrate, i giornalisti avrebbero potuto leggere cose gravissime e ascoltare vicende altrettanto gravi di cui nessuno ha mai parlato e che illuminerebbero bene le modalità di indagine della Polizia giudiziaria. Invece no. Non si legge e non si ascolta, e quando si fa cronaca, si replica a oltranza il punto di vista dell’accusa. È accaduto in molte udienze, ma anche in quel caso, soprattutto per aspetti che scagionavano Antonio Succu, i giornali non ne parlarono minimamente. Si chiama mob justice e fa ferocemente schifo.
Non è giornalismo. È macelleria.
d’altronde mi pare che i quotidiani sardi abbiano molto meno seguito dei volantini dei supermarket e anche dei brico
È questo il principale motivo per cui certi giornaletti stanno perdendo lettori e prima o poi, inevitabilmente, chiuderanno e i protagonisti di questa vergognosa campagna denigratoria si troveranno disoccupati o percettori di reddito di cittadinanza finché lo lasciano.
Massima stima ad Augusto Cherchi Antonio Onorato Succu e Paolo Maninchedda ❤️
«S’ómine no si misurat a prammos» – naraiant sos “ignoranti”…
Lampu, ma zente fintzas “istudiada” (ca l’ant istudiada!!! Ma ite at istudiadu?) a si misurare de manu sua a centímetros cuadros de giornale!…
Ischit tropu de avilimentu, dannu, ischifu, e miserabbília pagada a istracu baratu si est s’iscusa pro abbassiare e si abbiassiare in dignidade e professionalidade. Unu podet sempre seberare menzus de andhare a tzapare o a circai sitzigorrus e fintzas in galera si podet istare che pessones líbberas e responsabiles.
Una vera infamia perché i pubblici minister spesso, come in questa vicenda, non vigilano sulla polizia giudiziaria. Il gioco tremendo dello scaricabarile dove non si tiene conto delle persone salvo che non siano parenti, affini o amici degli amici. Gli scribacchini senza dignità completano il quadro.