La notizia di oggi è che il Tribunale di Cagliari ha condannato, per la questione dei fondi ai gruppi consiliari, a quattro anni e mezzo di reclusione il tesoriere del gruppo di Rifondazione Comunista Ciriaco Davoli, a tre anni e mezzo Giuseppe Fadda e a due anni e otto mesi Luciano Uras. Reati prescritti e qualche assoluzione per Ignazio Paolo Pisu, Paolo Antonio Licheri e Paola Lanzi.
Chi ha potuto guardare in faccia i tre condannati ha potuto vedere sui loro volti stampata una drammatica forma del dolore, quella dell’ingiustizia patita e rispetto alla quale ci si è trovati disarmati.
Io conosco i condannati. Per quanto possa valere la mia opinione, cioè nulla, sono persone non per bene, di più. Sono persone buone e oneste.
Ciò che più mi fa schifo è che se tutti noi che abbiamo avuto responsabilità pubbliche, facessimo sentire la nostra voce su questa indagine, condotta con una tempistica che ha consentito a taluni di essere condannati rapidamente e ad altri di veleggiare, come ha detto Franco Luigi Satta, serenamente verso la prescrizione, forse ci sarebbe stata un po’ più di giustizia. Invece proprio noi, coloro che sono stati rappresentanti del popolo e che dovremmo andarne fierissimi, ci siamo nascosti per paura e abbiamo guardato alle fucilazioni dei colleghi con l’egoismo vigliacco di chi pensa: «L’importante è che non tocchi a me».
L’inchiesta sui fondi ai gruppi consiliari era di una semplicità disarmante: occorreva isolare quelli per i quali risultava l’utilizzo dei fondi a scopi privatissimi (una minoranza) da quelli (tutti gli altri) che invece usarono quei fondi per l’attività politica, e l’attività politica, nei tempi andati (ma la legge dovrebbe sempre attenersi alla ratio temporis) comprendevano anche i pranzi e le pizzate, i locali in affitto dove svolgere attività politica, le migliaia di chilometri da fare per parteciapre a riunioni con dieci persone, giornali da inventare e pubblicare ecc. ecc. Il tutto autorizzato da una delibera dell’Ufficio di presidenza del Consiglio che a definirla equivoca si è generosi. Questo era il processo.
Invece, ciò che era naturalemnte un processo, è diventato una galassia di mini e maxi processi, nei quali ha giocato un ruolo importantissimo il tempo scelto dalla Procura per parire e chiudere le indagini, la capacità dei difensori di scegliere una strategia piuttosto che un’altra e nei quali la formazione della prova dinanzi al collegio è stata così variabile che il fatto comune, cioè che nessuno di quelli che hanno usato i fondi per la politica sapeva di commettere un reato, è divenuto un fatto eccezionale riconosciuto a taluni ma non, per esempio, a due bravissime persone come Luciano Uras e Ciriaco Davoli (la cui interdizione dai pubblici uffici è un vero abominio, per chi lo conosce).
Perché è accaduto tutto questo? Perché in politica vale la regola “a si sarvai”, una regola stupida che impedisce il coraggio, la decenza, la dignità.
Per quel che vale, vorrei che il giudice e l’implacabile accusatore mi vedessero abbracciare e stringere la mano a Davoli, Uras e Fadda e girarmi di schiena di fronte a un tribunale che ha fatto di un fascio mille erbe, alcune salve e altre fucilate.
Ieri è stata scritta un’altra brutta e triste pagina. Conosco Luciano e Ciriaco . Come vivono e come hanno vissuto. Quanto hanno dato alla politica e cosa ne hanno ricevuto in cambio. Sottoscrivo ogni parola. Con dolore.
Federico. Lei ha perfettamente ragione. La mia era una semplificazione attinente all’argomento dell’articolo,
Enrico, l’incontrivertibilità del fatto che “una certa classe politica abbia gestito i soldi pubblici in maniera disinvolta” non può essere, secondo me, il “ma” rispetto alle ragioni per cui, come Lei scrive, sarebbe necessaria una riforma della magistratura. La precisazione rischia di farci perdere di vista il vero problema, che deve essere denunciato con parole chiare, senza precisazioni che rischiano di annebbiare la sua evidenza: ad oggi, tanti di quei secolari principi illuministici scritti nella Costituzione e nei Codici ormai non hanno più alcun valore, a causa di un sistema che permette al Magistrato Tizio o Caio di scegliere liberamente se applicarli oppure no, senza che nessuno gli chieda mai conto di tale scelta (e non3 raramente vera e propria “ignoranza”). Alcuni dei processi ai Consiglieri ne sono l’esempio più evidente (penso solo all’assurdo onere che è stato addebitato ad alcuni imputati, ai quali è stato richiesto di dimostrare come avessero speso soldi utilizzati quindici anni prima), ma il problema interessa il più poveraccio dei cittadini e riguarda lo Stato di diritto nelle sue varie accezioni (e non solo lla separazione dei poteri legislativo e giudiziario, come qualcuno vorrebbe farci credere)
Esatto, Con la distinzione, a mio modesto parere, che una cosa sono i fondi ai partiti ed un’altra i fondi ai gruppi. Hanno finalità differenti. Forse l’equivoco sta qui.
Egregio Enrico, il problema è non fare di tutta un’erba un fascio. Chi ha comprato macchine per sé, deve essere punito, ma chi ha finanziato la politica, no.
Tutto vero e tutto giusto. Come hanno detto altri è necessaria una seria riforma della magistratura. Ma che una certa classe politica, e non mi riferisco ai tre oggetto dell’articolo, abbia gestito i soldi pubblici in maniera a mio parerer troppo disinvolta è un dato di fatto incontrovertibile. Davanti ad una norma equivoca si dovrebbe cercare di tenere il comportamento maggiormente prudente in merito all’utilizzo de denari di tutti. Ma non perchè altrimenti la magistratura si diverte , ma per un senso di responsabilità visto il ruolo ricoperto. Professore il suo è l’esempio più calzante. Nonostante la gogna giudiziaria alla fine l’evidenza dei fatti è venuta fuori. Credo proprio per un comportamento a dir poco prudenziale nel (non) utilizzo di soldi della collettività. Vedremo cosa succede in appello.
È una condanna pesante che oggi annichilisce chi l’ha subita, ma che nel brevissimo periodo si rifletterà su tutta la società; sempre meno “intellighentzie” metteranno a disposizione di tutti le loro conoscenze per nutrire e far crescere il bene comune, e sempre più lobbisti e faccendieri si daranno un gran da fare per conquistare quel potere personale foriero di prebende e notorietà che finora hanno solo potuto bramare, alla faccia di chi invece di percorrere le scorciatoie ha dedicato i migliori anni della propria esistenza coltivando il sapere e la meritocrazia.
Il tema è grande e ci sarebbe da dibattere a lungo.
In linea di principio, su quanto scritto, non c’è niente da aggiungere se non constatare lo stato di diritto diritto di fatto nel quale ci siamo infilati.
Emblematica la frase di Franco Luigi Satta: ci sono figli legittimi, anzi leggittimati, e figli bastardi.
Concordo con Paolo.
La verità è che non ci si potrà difendere adeguatamente da un pensiero, invalso nella PG e nelle aule della Procura, largamente condiviso anche dall’opinione pubblica, secondo cui gli amministratori pubblici sono tendenzialmente ladruncoli, o a-tecnicamente, profittatori delle prerogative dell’ufficio che occupano.
Ricordo bene quando l’ufficiale di polizia chiese “cosa avesse fatto” a un amministratore locale sorpreso a dormire da chi gli sparó contro la propria abitazione!
Caro Sergio, questo sito non sosterrà mai un gesto illegale come un colpo di stato. Anzi, lo combatterà.
Mi scusi Alice, ma con chi sta parlando? Perché se sta parlando con me, io 12 anni fa ero esattamente e pubblicamente dove sto adesso. Vada a leggersi il mio interrogatorio di fronte al tribunale, quando dissi che la norma Floris era equivoca, vada a leggersi la polemica pubblica sui tempi dell’indagine, vada a leggersi il mare di fango da cui venni sommerso da taluni per una infelicissima mia frase in una conversazione, non per un reato, per una frase infelice, opportunamente fatta filtrare dai magistrati e valorizzata dalla stampa, vada a leggersi la cintura di protezione intorno a taluni su alcuni fatti scabrosi e gravi delle scorse legislature, finiti con l’impiccagione di alcuni e il salvataggio di altri. Io, signora, ho mille difetti, e ne sono consapevole, tra i quali l’atterrimento di fronte al male, ma non ho quello di scappare. Vada dunque a scoprire che 12 anni fa io ero solo, in questa posizione, esattamente come lo sono oggi.
È sempre troppo tardi per avviare una riflessione profonda sul disastro provocato da “mani pulite” al nostro Paese, uno dei pochi che al posto di un sistema di partiti si trova ridotto ad una triste fase clanica di cui non si vede la fine. Ora conosciamo gli epigoni di quella vicenda e la tragedia diventa farsa
Caro Paolo, tu esattamente da che parte ti sei girato quando hanno indagato e poi condannato i primi? Forse 12 anni fa, voi che avete ricoperto cariche pubbliche sareste potuti intervenire a loro difesa, ma adesso rimangono parole scritte. Belle parole, bei pensieri, ma solo parole. L’ingiustizia rimane e, alla fine dei conti, per quelli che l’hanno subita, è l’unica cosa che conta.
Esattamente così, purtroppo non abbiamo le palle per dire anche altro. Ovvero quale sia stato il motivo che ha portato a questo delirio di potere. Provate a pensare a quanto, ed è molto poco, sta venendo fuori dale dichiarazioni di Palamara, e translate. È sempre e solo avidità di soldi e di potere, che la classe politica si è fatta scippare, in Italia, da circa 30 anni, con la gioia di chi, per conto e per nome di una Giustizia farlocca, si è fatto soldi e potere, per non dire altro. Occorrerebbe, come avrebbe già fatto il Presidente Cossiga, un vero e proprio colpo di stato. Grazie