di Paolo Maninchedda
Sto scrivendo un libro sui Falsi d’Arborea, forse l’episodio più triste del complesso di inferiorità delle classi dirigenti sarde. Lo sto scrivendo per affrontare uno dei temi politici più scabrosi della nostra cultura politica, quello dell’impasto tragico tra un profondo senso di inadeguatezza e la patina retorica di grandezza che ciclicamente si mette su per nasconderlo. La ‘grandezza’ esibita, gira che ti rigira, è sempre quella dell’antichità estrema, dei campanacci, delle mastruche, dell’arcaicità (l’unico simbolo istituzionale che si poteva esibire durante la visita privata di un capo di Stato, e cioè la bandiera della Regione, non c’era. L’unica bandiera era quella italiana).
So perché ieri, quando ho visto i simboli con cui ci siamo presentati al premier cinese ho ripensato ai Falsi d’Arborea, ma adesso non è il momento di parlarne.
È invece importante richiamare i leader del Pd a un dovere: devono dire a Renzi, con molta chiarezza, che nelle trattative col Qatar su Meridiana, tutte le attività direzionali e di controllo e tutti i servizi in cielo, in terra e in mare della compagnia aerea devono non solo rimanere a Olbia ma devono essere potenziati.
Perché lo dico? Perché ho ragioni per dirlo. In questo circo incredibilmente euforico che è l’Italia, dove il senso della responsabilità e del sacrificio è smarrito a favore dell’ottimismo di facciata insegnato a tutti dall’abilità televisiva di Berlusconi (e d’altra parte, vedere ieri il premier italiano gestire un’importante assemblea politica con i suoi dirigenti con tecniche comunicative mutuate dalle convention motivazionali delle grandi imprese mi ha fatto ricordare un vecchio libro di Norberto Bobbio sui labili confini che distinguono la Destra dalla Sinistra italiane), ci sono abili intelligenze eredi dell’acume di Lorenzo il Magnifico che mentre tutti chiacchierano, immaginano che se Meridiana diverrà una compagnia del Qatar non vi sarà alcun obbligo a che tenga la testa dove tiene lo scalo principale.
Sto dicendo che bisogna difendere Meridiana come compagnia con mente, cuore, gambe, magazzini, officine e operai in Sardegna.
Ovviamente si può dire che ho le traveggole.
Sto ripetendo il concetto perché l’ho già espresso ed è passato in cavalleria e sto notando che si sta ripetendo ciò che è già accaduto con la servitù militare di Santo Stefano: io avvertii che si stava pensando a una nuova base, poi arrivò la bufala dell’attracco della portaerei italiana pur di mantenere la vitalità della servitù; non venni ascoltato. Non vorrei che la stessa cosa accadesse domani per Meridiana.