di Paolo Maninchedda
Sarà perché mi devo occupare di Abbanoa; sarà che con l’Anci ci stiamo scervellando per evitare che i conguagli regolatori impattino sulle tasche dei sardi in questo momento; sarà perché, sempre con l’Anci, stiamo cercando una soluzione al problema delle acque meteoriche che tolgono il sonno a me e ai Comuni; sarà che da quando Abbanoa è passata dalla rianimazione alla corsia ho visto cominciare a ronzare sopra la sua testa tanti colletti bianchi interessati a mangiarsela quanti colletti neri prima erano interessati a cantare il ‘Parce sepulto’; sarà che la Corte bizantina di Roma ha deciso ormai di fare grandi società di utilities con i Comuni marginali e invece dominanti i Fondi di investimento; sarà per tutti questi motivi, ma oggi non mi pare casuale il parere del Consiglio di Stato n. 298 del 30 gennaio 2015 che applica per la prima volta la direttiva europea 24/2014 non ancora recepita dall’Italia (se l’avessimo fatto noi sardi di applicare una direttiva non ancora recepita, ci avrebbero appesi per i piedi, ma Bisanzio è Bisanzio). Che cosa dice il Consiglio di Stato? Dice che nelle società in house possono esserci anche privati, purché il controllo analogo sia esercitato dal soggetto pubblico e purché almeno l’80% del fatturato della società sia prodotto dai servizi svolti dai controllanti. Da notare che non più tardi del 30 gennaio 2015 il TAR del Friuli aveva escluso ogni possibilità di partecipazione di privati alle società in house e escluso l’applicabilità della direttiva europea 24/2014 prma del suo recepimento.
Ora va detta una cosa. In questa Italia in fallimento certificato ma mascherato, l’unica cosa da non fare è lasciare le cose come stanno. Lo stesso vale per la Sardegna che grida allo scandalo appena si cambiano le pessime abitudini della povertà e della miseria, quali le pluriclassi o l’idea di molti medici che vorrebbe che noi tutti ci rassegnassimo alla crescita naturale del deficit della sanità. Renzi è quello che è, ma capisce che qualche strappo va fatto, altrimenti si muore. Lo strappo sulle società in house prelude all’arrivo dei Fondi di investimento nelle società di utilities e noi sardi, se non facciamo una grande società di acqua, rifiuti e energia, verremo prima o poi (più probabile poi, cioè dopo che io finisco di fare l’assessore) mangiati da una grande società di utilities, che so io, toscana. Quindi, la regola aurea è velocità, dimensioni, coesione e cambiamento.
Comments on “Nuovo corso sulle società in house: i privati nel capitale”
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Lavoro per una società in house. So quel che dico.
Non condivido quanto scrive Gian Piero:
Certo, sulle partecipate è indispensabile intervenire di forza, rimuovendo le figure apicali e la maggior parte dei pessimi organismi dirigenziali, ma…
L’esercizio privato deve generare profitto a scapito della qualità del prodotto e della sua sicurezza – mentre l’esercizio pubblico privilegia la qualità e la quantità a scapito dell’utile. Con la privatizzazione – stante il fatto che gli organismi di controllo sono economicamente in difficoltà e non possono seguire la consueta filiera analitica – sarà ancora più probabile avere una gestione del servizi monopolistica, libera di agire, governata da figure estranee al contesto regionale e dedite solo ed unicamente a fare cassa. Sulla pelle di Gian Piero e degli altri sardi.
Mi dispiace essere stato una Cassandra, ma l’anno scorso l’avevo predetto.
Comunque oltre alle società toscane temo anche quelle catalane e quelle parigine…
È il futuro, è l’unica condizione per restare a galla dignitosamente dando servizi efficienti, regolari e di qualità con i conti in ordine.