di Paolo Maninchedda
Ieri l’Anas ha aperto le due corsie provvisorie della 554 bis. Le avrebbe aperte a fine luglio se non fosse intervenuta un’indagine della magistratura che ha sequestrato il cantiere.
Sempre ieri si è riusciti, finalmente, a firmare il contratto con la ditta Sacramati per i lavori sulla SS 128 all’altezza di Senorbì. Contiamo in un mese di lavori di aprire quel tratto di strada al traffico. Fino ad ora, su questo appalto, nessun fascicolo aperto della magistratura. In più, anche in questo caso, fianlmente, è stata firmata la ripresa dei lavori del porto di San Teodoro.
Qualche giorno fa, un dirigente del mio assessorato ha ricevuto l’ennesimo avviso di garanzia legato a un’alluvione; questa volta non per l’alluvione in quanto tale, ma per le opere di ripristino. Altrettanto ovviamente io ho dovuto tentare di rincuorare i dirigenti e di impedire che si dimettessero tutti in bolcco e lasciassero la Regione in braghe di tela; perché ormai chiunque abbia responsabilità pubbliche in questo Stato italiano ha un’altissima probabilità di essere sottoposto ad indagine per un miliardo e mezzo di motivi.
L’altro giorno, quando si è abbattuta la tromba d’aria nel territorio di San Nicolò Arcidano io ho tremato. Se quella stessa tromba d’aria si fosse abbattuta nella zona di Torpé, o proprio sulla diga di Maccheronis, i danni sarebbero stati rilevanti e sicuramente un magistrato, applicando la sacra legge ittica della magistratura, cioè di risalire il corso degli eventi come i salmoni risalgono quello dei fiumi, avrebbe potuto ipotizzare una qualche responsabilità del mio assessorato per la mancata realizzazione del sopralzo della diga. In realtà che succede? Succede che sulla diga c’è un contenzioso rognoso con una ditta appaltatrice; c’è che io ho bisogno di personale come dell’aria per seguire tutti gli appalti e non me lo danno; c’è che quando ci sono contenziosi i Rup ci vanno cauti perché pagano danni se sbagliano; c’è che a termini di legge una rescissione comporta un nuovo appalto che ha i suoi tempi. Insomma, il reticolo normativo sugli appalti è talmente complesso da inibire ogni iniziativa urgente. Di tutto questo sono stati consapevoli diversi governi italiani che hanno aggirato gli ostacoli con i regimi commissariali, i quali, però, si sono rivelati la porta d’ingresso di grandi attività corruttive, per cui si è tornati alla disciplina ordinaria. Dovendo però accadere un fatto eccezionale, inevitabilmente un magistrato andrebbe a calcolare i tempi dell’inerzia amministrativa e potrebbe trovare che io stesso ho tardato, mettiamo per esempio, un mese a impulsare la soluzione del problema e mi indagherebbe. Dopo di che io mi difenderei e ragionevolmente dopo 6/7 anni riuscirei a dimostrare, forse, che non ho avuto responsabilità. Nel frattempo la diga rimarrebbe senza sopralzo, ma giustizia sarebbe stata fatta. In questo quadro, perché io dovrei, per esempio, continuare ad accettare la delega a Commissario del rischio idrogeologico per l’alluvione di Capoterra? Perché non dovrei restituirla al Presidente? Mi sto ammazzando di lavoro su Capoterra dove ho trovato una situazione bloccata da due anni, combatto con sentenze di tribunali sugli espropri che ovviamente non accendono alcuna indagine perché lupo non mangia lupo; combatto con l’Anas di Roma che se ne strabatte i santissimi di progettare due ponti (dico, due piccoli ponti) e intanto la stagione delle piogge è tornata. Perché dovrei continuare ad assumermi responsabilità ulteriori, non proprie dell’assessorato?
Oggi apprendiamo dalla Nuova Sardegna che è stata aperta un’altra inchiesta sugli appalti Abbanoa. Ben venga: per me le campane suonano a festa se vengono controllati tutti gli appalti. Non solo, però: spero che aprano i tombini della storia degli appalti, che cioè vadano a ritroso e aprano gli armadi dell’Esaf e delle società comunali e confrontino il prima, il durante e il dopo Abbanoa; spero che arrivino a indagare sui tempi in cui i progettisti non erano scelti con gara ma a sentimento, a sentimento politico dico, e a sentimento sociale, quello degli amici degli amici. E spero che incrocino i dati tra gli sbilanci di quegli enti regionali e comunali (l’Esaf perdeva circa 150 miliardi di lire l’anno) e i redditi dei ceti professionali che ruotavano intorno a questi enti. E spero anche che indaghino non solo sugli appalti fatti, ma anche su quelli bloccati, sul perché per muovere un appaltino da nulla su una fogna che sversa a mare o in un fiume io debba pregare in greco una caterva di funzionari non di Abbanoa.
Mai un’inchiesta su un’impresa che iscrive riserve da appena entra in cantiere.
Mai un’inchiesta su un’impresa che non rispetta i tempi di consegna dei lavori. Mai un’inchiesta su un ente delegato che si tiene i progetti in pancia per anni.
Mai un’inchiesta sul perché e sul come si è previsto e scritto di far nascere Abbanoa in perdita, anzi programmando che perdesse 70 milioni di euro l’anno nella differenza tra ricavi e costi. Questa Giunta ha avuto il coraggio di mettere un po’ d’ordine in Abbanoa e di far fare alla politica la sua parte. Lo ha fatto navigando con attenzione nel mare sempre pericoloso di inchieste giudiziarie e di tribunali fallimentari. Non so se un magistrato lo avrebbe fatto se si fosse trovato al nostro posto, anche perché chi ha l’abitudine mentale a giudicare non ama essere giudicato, se non dalla storia, come gli eroi.
Però c’è un però. E il però è che se tutto l’universo amministrativo diviene l’ambito del sospetto, se tutto è indagato, il processo ittico della magistratura produce il processo italico dello scaricabarile. Mi spiego: in un contesto dominato dalla paura dell’errore, le pratiche cominciano a scottare e tutti i soggetti cominciano a rimpallarsele come se fossero incandescenti, fino a condurle sul tavolo di un temerario che si voglia assumere la responsabilità di concluderle. In un clima da ‘un’inchiesta al giorno’, io so già che sperimenterò un clima da ‘un blocco di tutto al minuto’, ma di questo la gloriosa magistratura se ne catafotte, ovviamente.
Comments on “Nuove strade aperte, nuovi amori con la magistratura”
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Grazie, comunque. Già avere notizie di prima mano è un grande passo avanti. Non è mai capitato e di questo le rendo merito.
Massimo, ci provo seriamente ma non sono onnipotente.
La ringrazio per la precisazione. Essendo muraverese di origine conosco bene le problematiche della strada e mi conforta sapere che si sta pensando di unire la 554 bis alla 554. Ma mi creda che, anche senza la frana verificatasi sulla 554 bis, il traffico da questa proveniente da Ogliastra, Sarrabus e Villasimius si rituffa sulla vecchia 125. Spero soltanto che l’iter di cui lei parla sia il più veloce possibile. Mi creda che se ne parla da quando ero bambino e, ormai, sono più che cinquantenne.
Egregio Massimo, la 554 è una cosa, la 554 bis è un’altra. Il riversarsi sulla vecchia Orientale è stato un fatto dovuto al crollo di un pezzo della 554 bis che sarebbe stato riaperto in estate se non fossero intervenuti gli accertamenti peritali della magistratura che hanno avuto i loro tempi. Attualmente la 554 bis è riaperta provvisoriomante su due corsie. L’antico progetto, rivisto e poi annullato dalla Giunta Soru, prevedeva che il traffico della Nuova Orientale confluisse sulla SS 131. Oggi stiamo lavorando a che confluisca razionalmente sulla 554, il cui nuovo progetto andrà a bando nelle prossime settimane.
Giusto perché ha parlato della Nuova SS 554 le ricordo la mia sollecitazione in relazione allo stato dell’arte sul completamento della stessa strada. Non possiamo pensare che il traffico proveniente dalla stessa 554 e dalla nuova Orientale Sarda, si debba riversare dopo nove chilometri sulla vecchia Orientale. E’ previsto questo completamento? Grazie.
La magistratura è un ‘ingombro’ necessario e purtroppo insopprimibile, dal quale i cittadini si aspetterebbero, ogni volta che un’opera si ferma o crolla una strada, di individuare e distinguere tra illegittimità amministrativa e illiceità penale. Semplicemente questo, affinchè chi è colpevole paghi. Invece l’evidenza è quella di un ipercontrollo sui procedimenti amministrativi; che diventano esagerati sempre e soprattutto quando è in ballo una finalità pubblica, e l’aspetto semipatologico o parafisiologico, è che il controllo sembra quasi essere in funzione di ogni finalità pubblica. Domanda: dove va a finire l’autonomia regionale? Ecco allora che la Regione forse dovrebbe interrogarsi sul perché, pur godendo della prerogativa di poter controllare se stessa, non riesca mai a garantire la correttezza dell’azione formale complessiva. La gente è fondamentalmente per il rafforzamento dei poteri e delle competenze degli organi regionali, se ciò serve realmente ad agevolare quella logica unitaria di azioni amministrative, per velocizzare gli appalti e l’esecuzione delle opere. Probabilmente l’assunzione di responsabilità è un risvolto troppo forte, da coraggio innato, a tal punto da mettere in difficoltà quella stessa finalità di autocontrollo di cui gode la Regione. Nessuno nega che alluvioni, calamità, emergenze sociali, facendo affluire risorse nelle casse, sottopongano a stress periodico gli uffici. Ecco allora che competenze e responsabilità forse dovrebbero subire un riassetto logico, redistribuite a livello enti locali per poi essere ricomposte a livello di assessorato, per creare una coraggiosa ‘rete’ di controllo autonomo. Insomma, più potere ai vertici, più potere di firma ai direttori ok, ma fino a che punto questo è producente e dove trova un limite?