Nei giornali sardi si sta affermando il culto di un nuovo potere: l’omissione.
Mi spiego: se si sa qualcosa di importante (per esempio che nelle carte Palamara si parla dello scontro sulla e per la procura di Cagliari, come pure si parla dei processi sui fondi ai gruppi, come pure si parla di altri processi. O ancora, per esempio, se si sa che sulla Sassari-Olbia vennero dati incarichi farlocchi a ingegneri non dipendenti regionali che diedero comunque come recapito gli uffici regionali e non casa propria, in modo da sembrare dipendenti regionali; o ancora se si sa che importanti ex consiglieri regionali, custodi della morale insulare, mentre denunciavano senza prove alcuni colleghi, avevano strette relazioni con alcune società di servizi) non si lavora a realizzare una bella inchiesta; al contrario si fa pesare, con chi di dovere, che si sta tacendo. Un capolavoro, potremmo battezzarlo “omertà di speranza di potere”.
Il silenzio più colpevole, però, si patisce sulla scelta di non celebrare le elezioni amministrative il 20 settembre, insieme alle suppletive delle politiche e al referendum (che, forse, sarebbe l’unico a poter pretendere, dallo Stato, una data diversa).
Il costo di questa scelta è calcolato da alcuni in 9 milioni da altri in circa 6 milioni. Sono comunque tantissimi soldi. Si pensi che all’incirca con questi soldi si finanziavano i cantieri di lavoro che accompagnarono alla pensione centinaia di persone espulse dalle fabbriche.
Perché i quotidiani non ne parlano con la dovuta indignazione, con la dovuta durezza dinanzi a un evidente spreco in un periodo di drammatica povertà?
Perché questa volta l’omissione rende doppio. Perché tacendo si accontenta sia la maggioranza che questa disgraziata opposizione, priva di identità e di visione, ma vaga di favori e di attenzioni.
Questa è l’atroce verità che andrebbe raccontata: maggioranza e opposizione sono d’accordo a buttare milioni di euro dalla finestra per garantire qualche mese in più di stipendio a un po’ di sindaci, qualche mese in più alle trattative politiche per fare le liste, qualche mese in più per sperare che riesploda il Covid e si blocchi tutto.
E dunque, con panciotti abbottonati, ventri e polmoni enfiati di orgoglio e disprezzo per la ragione e per la plebe, ecco i senatori laticlavi del regno procedere sicuri solo a se stessi amici e certamente incuranti del punto morto del mondo, pronti a dilapidare denaro per la ragione più semplice per la quale lo si può buttare: non è loro, non sono soldi loro, non rispondono della dilapidazione, possono piroettare sugli euro impunemente perché non si indebitano e non pagano, buttano e discettano, di opportunità, di momento, di calcolo.
Sono osceni sapendo di esserlo e celebrano un banchetto di 9 milioni di euro per puro gusto di potere con la stampa che, vedendoli tutti d’accordo, fa due conti e rinuncia: troppo faticoso opporsi, meglio continuare a salottare sull’insularità, quella non costa molto e rende di più, fa belli.
Ci candidiamo alle elezioni suppletive del Senato?
Mi dispiaghet, Pàulu, ma sos contos los ses irballendhe tue! As mai fatu su contu de cantu produit sa zente (in custu cuntzetu totugantos: disocupados, emigrantes, arrangevú, cassintegrados, disintegrados, disisperados, ocupados, pensionados e…, o pro lu nàrrere in duas peràulas ‘guvernados’ e ‘guvernadores’), cantu produit sa zente pistendhe abba pro contighedhos de segamigasu, segamivotos, segamibostos, segamipiagheredhos, segamibromissas, segamivàulas? Nudha de istraordinàriu cun su mare chi tenimus! Si tiat nàrrere una Sardigna de Bazinnoromala!, de Ajoideinnoromala!, de Andhamus innoromala totugantos!
O chie prus tiat dèpere cumprèndhere at a cumprèndhere de prus si namus una Sardigna de “vaffa”? O ant a cumprèndhere de prus su “lukudàun” e no cussa porcheria de italianu e peus bombitadura de sardu?
A nàrrere sa veridade deo so sempre in su dúbbiu si est menzus a nàrrere de una ‘pulítica’ cretinista, namus maca de libero arbitrio, o de ‘pulíticos’ cretinistas, macos de libero arbitrio. Ma si ponimus in contu chi sos milliones no los bogant dae busaca issoro cudhos ‘amministradores’ chi si segant corrias largas in palas anzenas, cherimus unu ‘investimento’ prus produtivu de su chi condividono?