Non è stata solo una testata.
È stato lo squillo di tromba di un clima che è tornato.
Un clima di botte, di nervosismi, di intolleranze.
C’è un nesso tra la galera in Catalogna per i nostri colleghi e la testata a Ostia ed è il consenso.
Molti italiani sono d’accordo con la galera spagnola.
Molti italiani sono convinti che la testata data la giornalista della Rai fosse giusta.
Il clima nelle strade e nei rapporti interpersonali è molto più aggressivo di prima.
Sicuramente dipende da una crisi educativa, dal crollo di qualsiasi punto di riferimento, ma dipende anche dalla durezza della precarietà, dai quarantenni invecchiati nel precariato, dall’assenza di politiche del lavoro stabile e non occasionale, dall’idea diffusa che ognuno deve un po’ arrangiarsi come può e quindi ha anche diritto di sgomitare, dalla palese e palpabile esperienza della volatilità dei diritti, dalla ferocia dei rapporti istituzionali, dall’impunità dei soprusi dell’UE e dello Stato, dalle odissee cui si è costretti se ci si ammala.
Rabbia e bisogno, questa è la miscela esplosiva che sta devastando anche la società sarda.
E la proposta politica che viene veicolata per risolverla è portare al governo la rabbia. Non dunque portare al governo la soluzione dei problemi, ma la rappresentazione della rabbia, l’individuazione di qualcuno cui farla pagare e la repressione del nemico individuato.
Altro che i confini, spesso tanto canonici quanto fittizi della Destra e della Sinistra italiane! C’è bisogno di un vincolo solidale e nazionale della Sardegna, di un recupero di coscienza e di fraternità che si opponga alla miseria e al fascismo.
Non di cazzotti abbiamo bisogno, ma di pensieri, soluzioni e pacifica ma organizzata resistenza.