Prima si diceva ‘Non di solo pane’, per ricordare la dignità dell’uomo. Oggi bisognerebbe dire: ‘Non di sole parole’.
L’idea che la politica sia solo un sistema di narrazioni e di rappresentazioni e non invece un’azione storica, costituita da esistenze, interessi, fatti e discorsi, si sta diffondendo nuovamente in Europa e in Italia.
Non conta ciò che si sa fare; conta quanto si è capaci di aggredire l’avversario. Conta il discorso e non il programma. Conta la capacità di romanzare e di romanzarsi, non quella di essere.
Ieri ho reagito con poche parole al profluvio di dichiarazioni con cui si è coperta una pagina imbarazzante di questa legislatura, l’Accordo sui poligoni.
Fare dichiarazioni altisonanti di fronte a un documento drammatico per le giunte future dà la misura di uno scivolamento verso la propaganda che francamente non ci aspettavamo. La propaganda è un pessimo additivo della politica: crea dipendenza e impone di inventarne una al giorno, anche quando si farebbe meglio a tacere.
Noi siamo per la politica come azione e sacrificio, entrambi accompagnati dalla parola, ma non sostituiti. Non esiste per un uomo la possibilità di sostituire la vita con un racconto, se non in una dimensione patologica o falsa; così non è possibile per la politica essere interamente sostituita dalla propaganda.