Ieri La Nuova Sardegna e L’Unione Sarda hanno riportato stralci delle deposizioni di alcuni testimoni al processo Ippocrate. I titoli erano un capolavoro di ignoranza e di perfidia. Unione Sarda: Ti ricicliamo se ti schieri col Pds (Partito dei Sardi); La Nuova: Udienza processo Ippocrate. I medici: subite pressioni.
Spiego subito perché i titoli e gli articoli sono vergognosi, ma prima devo dire alcune cose.
È un processo dove il mio nome e quello del Partito dei Sardi va e viene come se fosse niente.
Ho perso degli amici per aver detto e scritto, e me ne assumo interamente la responsabilità, che è un processo costruito soprattutto sui si dice, sui pettegolezzi da corridoio non verificati, sulle invidie professionali erette a moventi legittimi, su una superficialità e facilità agli arresti che lascia sbigottiti, su una grande volontà, delusa, di mettere in galera me, su una consapevolezza postuma che il periodo di governo dei manager attribuiti alla vicinanza col Partito dei Sardi è stato, in termini gestionali, il migliore di tutta la storia della Asl di Oristano, il periodo in cui il pubblico ha trionfato sul privato, il periodo in cui la massoneria oristanese se l’è presa in saccoccia, in cui i reparti hanno funzionato e i pazienti sono stati curati. Si consideri la Asl di Oristano negli ultimi quindici anni e si facciano i confronti.
Avevo preso l’impegno di non parlare più del processo. Gli avvocati, in larga parte muti in questo processo, perché non lo conoscono (perché leggersi e tenere a mente la montagna di carte di un’inchiesta fatta sui sussurri costa fatica) si infastidiscono se io parlo del processo e trasferiscono ai loro clienti la falsa opinione che siccome io ne parlo, loro verranno condannati. È la stessa strategia messa in atto ad un sindachetto amico di finanzieri che ha sostenuto ripetutamente che siccome io mi sono difeso pubblicamente dallo spionaggio subìto per tre anni dalla Polizia Giudiziaria, i miei amici sono stati perseguitati giudiziariamente. Non ha capito, il sindachetto, che lui era stato mandato a farmi sorgere uno scrupolo per farmi stare zitto, perché non si voleva che si accendessero i riflettori su un’indagine guidata dal pregiudizio e, forse, oggi, almeno nella coscienza di qualche magistrato, dal rimorso.
Ma veniamo al processo e lasciamoci alle spalle il dolore.
Un testimone, nel 2011 Dg della Asl di Oristano e poi sostituito dalla Giunta Cappellacci: «Sono stato l’unico commissario a non essere riconfermato pur avendo ridotto il debito Asl da 40 a 8 milioni. Poi Antonio Succu mi disse che avrebbero potuto riciclarmi se mi fossi iscritto al Pds».
Intanto, e solo per inciso, faccio notare che il cronista non ha riportato esattamente la frase, perché il testimone ha detto che il debito della Asl a suo dire da lui rimediato, era di 80 milioni; si è corretto quando alcuni avvocati dii difesa hanno depositato i Bilanci della Asl, mai acquisiti all’inchiesta, che dimostrano che chi ha risanato la Asl non è stato il testimone, ma il suo successore. Il cronista sta dalla parte del testimone.
Ma la cosa che mi fa più schifo è notare che dinanzi a una fesseria solenne quale quella dichiarata, gli avvocati di Succu abbiano taciuto.
Il testimone è stato sostituito come DG della Asl nel 2011.
Il Partito dei Sardi nel 2011 non esisteva. È una balla spaziale. Il Partito dei Sardi nasce nel 2013 e nasce all’opposizione di Cappellacci, non poteva riciclare, termine che può usare solo chi ha un rapporto conflittuale con l’italiano, nessuno. Ma nessuno, dico nessuno, neanche un cane a gambe storte si è alzato a dire a questo signore che mentiva in modo spudorato. Tralascio le altre clamorose bugie di questa udienza, perché mi fa male rilevarle.
Un’altra perla giornalistica? Un testimone afferma che gli infermieri erano di meno durante la sua gestione della sala operatoria e di più durante quella di Succu.
Per fortuna, rispetto a questa solennissima minchiata, si sono alzati due avvocati e hanno depositato i turni della sala operatoria durante la gestione del testimone e in quella di Succu. Risultato? Uno in meno nella gestione Succu.
Della clamorosa smentita in aula nessuna traccia sui giornali.
Non solo: avantieri una testimone ha detto che ciò che risultava scritto nelle Sommarie Informazioni testimoniali da lei firmate non corrispondevano a ciò che aveva realmente detto. Ha anzi raccontato di un clima, durante la sua audizione dinanzi alla Polizia Giudiziaria, non certo sereno. È il quinto testimone che lo dice. Ma non succede nulla.
Un’altra testimone dice che notò nel febbraio 2014 una prevalenza di infermieri di Macomer. Dagli atti ufficiali della Asl, dei 33 infermieri assunti nel 2014, solo 2 erano di Macomer (e solo per un anno). Taccio delle altre incommensurabili bugie vestite di rancore svelenate avantieri nel Giudizio. Taccio. Mi tengo balle e dolore. I miei lettori mi scusino. Questa vicenda mi fa male perché lo Stato si è prestato a una banalissima storia di invidie tra camici. E mi ha fatto male, nel fisico e nella mente.
Se uno assiste ad un processo e conosce i fatti e anche le carte prodotte dalla p.g. finisce quasi sempre per rimanere interdetto una volta per l’inerzia del p,m. (che è pagato per cercare la verità e non per sostenere l’accusa ad ogni costo, a meno che non proceda per tesi) un’altra volta per quella della difesa e anche del giudice. Insomma in un’aula di giustizia succede di tutto: ad iniziare dai testimoni che raccontano balle per poi giungere alle condanne come quella di Beniamino Zuncheddu all’ergastolo da innocente. Infine ci sono i cronisti che riportano in maniera approssimata, distorta e falsa quanto accade nelle udienze. Dal momento che p.m. e giudici leggono i giornali è possibile credere che non ne siano influenzati? Bene fa quindi Paolo Maninchedda a controbattere ponendo in evidenza le evidenti contraddizioni.
Egregio, mi perdoni se mi permetto una integrazione. Nella terra giudiziaria in cui un povero Cristo si è beccato 33 (diconsi trentatré) anni di carcere da innocente nessuno ha il coraggio di chiedere pubblicamente come sia stato possibile che in sede di Corte d’Assise i togati (i popolari contano zero, mica siamo in USA) non abbiano chiesto al testimone farlocco che costo’ l’ergastolo a Zuncheddu come faceva a riconoscere l’imputato se mascherato.
Sa perché? Perché si davano per accertati tutti i fatti dichiarati in istruttoria (i cd. processi sveltina) e se l’imputato non disponeva di legale serio e preparato era fritto.
Anche qui il bello (o l’orrido) è che alcuni dei protagonisti di quei processi hanno fatto luminose carriere. Ma poiché hanno lasciato eredità a presidio (a buon intenditor poche parole) se non cassetti privati belli pieni, parlarne è pericoloso assai. Ancora saluti.
Egregio, tutto rientra nel solco del tema da Lei affrontato in un post di qualche settimana fa. Chi ha avuto la disgrazia di dover avere a che fare con la magistratura sarda sa bene che il secondo problema è la metastasi che in un amen si estende agli organi di (dis)informazione dove autentici sciacquini (poracci) fanno da portavoce alle procure che se ne servono come utili idioti. Il bello, si fa per dire eh, é che alcuni hanno fatto anche carriere lampo (magari finché non ci sono finiti loro nelle cronache giudiziarie).
Che dire di più? Siamo oltre il confine del killeraggio sotto l’ombrello delle istituzioni. Saluti e piena solidarietà.
Tene passessia, sos pissiatinteris los pagant a paraula e a rias, sos zuighes sun mandrones cando andat bene si nono sunt a sa lakedda e aproendados.
… B’at giornalistas a centimetro quadro (e fossis si pesant a chilos e a grammos) comente bi at ómines chi si misurant a prammos a manu issoro etotu e bae e busca si cun su chi faghent rispondhent prus a una cusséntzia o a ite o a chie.
Ma no solu cussos faghent; e podet fagher male, e cantu!, s’istadu pro su chi est un’istadu.
Ma custu no est unu muru de gomma o una pastàsima, ca caminat cun sas ancas, faghet cun sas manos e faedhat cun sa limba de sas pessones, chi tenent totugantas nùmene e sambenadu.
Benit de dimandhare però si zughent cusséntzia e sentint dignidade de èssere fintzas solu zente, pessones lìbberas e responsàbbiles e no armas de gherra garrigadas a tìrria o carchi torracontu a sighire a fàghere sa zustìssia de ancu los currat sa zustìssia.
Chissaghi si detzidant a èssere zente cun zente, e no fae cun lardu.
Leggendo certi passaggi, non posso fare a meno di dire che sono orgoglioso di aver fatto parte del Partito dei Sardi, soprattutto per i seguenti motivi :
1) perché non credevo più nei valori del PSD’AZ, o almeno non nel modo in cui i valori (non) venivano utilizzati da certa dirigenza del partito
2) perché, soprattutto, ci vedevo all’interno una larga schiera di persone competenti, professionali, e oneste, con le quali mi ci trovavo a meraviglia….
Ero finalmente contento di ritrovarmi in un Ambiente politico nel quale mi sentivo a mio agio, l’unico partito politico e Sardo nel quale mi sono tesserato per la 1a volta della mia vita. Un peccato averlo perso per strada (le solite beghe tra persone), perché nel suo interno circolavano tante belle idee e programmi di alto livello per il buon governo di Comuni e oltre.
Purtroppo l’invidia e le gelosie fanno sempre brutti scherzi…
Una bella esperienza che ripeterei…
P.S. Paolo Maninchedda è stato la vera anima e guida del PdS, senza dubbi….
Per tutto quello che emerge ogni giorno credo che la riforma della giustizia targata Nordio sia veramente pica cosa. Sbaglio o una certa deriva è avvenuta dopo che la pg è stata messa alle dirette dipendenze, o meglio scotto il tallone, del pm?
I “giornalai” dato il loro modo di fare cronaca faziosa, meritano sempre più il calo delle vendite, non si lamentino quando saranno disoccupati.
Sono certo che la giustizia trionferà in questo processo OMISSIS
Non stento a credere. Vi sono cose anche peggiori nell’esperienza di molti. Il sistema è marcio.