Ieri il Presidente del Consiglio comunale di Olbia mi ha attaccato in Consiglio, in modo accorato e complicato, per 4/5 molto dignitoso, con una sola sbavatura: quando ha dato del vile e del traditore a chi mi avrebbe segnalato l’argomento. Sono parole grosse che la dicono lunga del perché il dibattito politico è così inibito a Olbia. Che colpa avrebbe chi racconta di Olbia al resto della Sardegna?
Io, comunque, per la parte a me riservata (“sacerdote del rito di Macomer”, “profeta dell’onestà che lo sappiamo come va a finire” ecc.), lo perdono. Perché in fin dei conti ha fatto come quello che essendo stato picchiato da Tizio se la prende con Caio, perché Tizio è troppo forte.
Questo il nostro articolo che Mura ha contestato.
Come si può leggere, non ho mai fatto il nome né del signor Mura, né di sua figlia, né dell’ente interessato, e chi mi conosce sa il perché: ci sono uomini che per le bassezze altrui, opportunamente valorizzate dagli apparati dello Stato (che invece hanno accuratamente taciuto su ruoli e figli di altri illustri papaveri della politica loggiata) hanno dovuto dare spiegazioni ai propri figli, io per primo.
Tutti i figli di persone note e sane di mente vengono educati a essere invisibili, a non esistere per poter vivere serenamente.
Tutti vengono educati a sapere che non devono dimostrare di avere gli stessi diritti degli altri; devono invece sapere che verranno sempre chiamati a dimostrare di non aver goduto di privilegi.
Dunque, capisco perfettamente lo stato d’animo del signor Mura, ma i fatti raccontano una storia diversa da quella rappresentata ieri.
Cosa è accaduto dopo la pubblicazione del mio articolo?
È accaduto che la vicenda è stata ripresa da La Nuova Sardegna che ha fatto nomi e cognomi.
La Nuova, va ricordato, non parlerebbe di una mia iniziativa manco sotto tortura, a meno che non mi deportino in un carcere di massima sicurezza. Quindi, se ha voluto attribuire a specifiche persone ciò che era stato illustrato in astratto (non al punto da apparire inventato, ma comunque senza nomi di luogo e di persone) lo ha fatto con certezza non per fare un favore a me.
Ciò che colpisce, dunque, è che il signor Mura non si scagli contro il quotidiano sassarese (rinominato in molti ambienti rurali “Binu Malu”): evidentemente non è “igienico” combattere con La Nuova. Oggi La Nuova, poi, fa a sua volta un titolone a prendere in giro: “Mia figlia non va discriminata”. Ma si può? Un giornale democratico avrebbe dovuto scrivere: “Mia figlia non è stata avvantaggiata”. Ma sono quisquiglie, sottilette direbbe Marenco.
Scartata ‘per troppo di vigore’ La Nuova, infine, sono rimasto solo io come bersaglio del sig. Mura.
Sono così costretto a tornare sull’argomento e a sgombrare il campo dagli equivoci: non mi interessavano e non mi interessano i beneficiari.
A me di questa storia interessa lo sfottò del centesimo, la mentalità burocratica che si è potuta permettere la burla. Perché, in fin dei conti, stabilire la soglia a 39.999 è una sorta di beffa, un passare il dito sotto il naso senza mai toccare nessuno. Ancora più goliardico mi pare rilevare che è una costanza degli incarichi legali olbiesi, sempre a 39.999 euro. Quindi non è una beffa dal sen fuggita, è una burla ben pensata. Come si fa a diventare gli avvocati del centesimo? Sarebbe interessante saperlo.
A me comunque interessa questa psicologia del rischio gioioso, questo spirito circense del vivere e del gestire incarichi che è permesso solo ad alcuni e in alcuni ambienti in Sardegna.
Mi interessa perché ciò che per alcuni è Carnevale, per altri è Quaresima, e per cambiare la politica sarda, come vorremo fare e abbiamo sempre cercato di fare, serve capire chi decide che l’uno è per alcuni e l’altra per altri.