Sarà un caso, ma più aumenta il vuoto di idee nella politica sarda, più è curata l’immagine dei suoi protagonisti. Si vedono, in tv, abiti firmati, capelli e barbe ottimamente curate, studiatissime dichiarazioni. Per il resto, un terribile vuoto.
Non si trova nessuno che parli in pubblico, e quanto merita, del tasso di natalità della Sardegna (0,99) e della sua insufficienza a garantire il rinnovo generazionale.
Non si trovano dibattiti pubblici consapevoli di come, nella storia sarda, la residenza sia stata sempre agevolata da due fattori: libertà e possibilità di ricchezza, cioè fisco giusto. Nessuno sta in Sardegna, o viene a starci, se non trova migliori condizioni di libertà e di vantaggio fiscale che in altri luoghi.
Non vedo nessuno che cerchi il consenso sul nesso libertà, felicità, ricchezza e residenza.
E nessuno lo cerca perché è convinto che il consenso politico non sia generato dall’adesione alle grandi idee, per cui tanto vale abbandonarle. Abbiamo politici specializzati in relazioni personali, non in programmi e capacità di governo. La preferenza unica, l’elezione diretta dei sindaci, la riduzione del numero dei consiglieri regionali hanno reso quasi inaccessibile il consiglio regionale alle persone di cultura e di impresa, che non passano il loro tempo a vellicare l’elettorato, ma a studiare e lavorare. Oggi a rappresentare i sardi sono per lo più tipologie politiche che un tempo svolgevano le funzioni di segreteria. È chiaro che le idee latitino; non sono più importanti come prima e sono state sostituite dal microcosmo dello scambio sociale o di categoria. Il consiglio regionale sardo ha stanziato e pagato 93 milioni di euro per pagare le relazioni personali di molti consiglieri regionali e la Sardegna non ha battuto ciglio.
Non si trova nessuno che dimostri di sapere utilizzare politicamente la consapevolezza di come oggi, nel mondo, sia prodotta la ricchezza e di come essa si distribuisca. La ricchezza non produce più lavoro o, spesso, lo produce sottopagato. Si può produrre ricchezza quasi senza aver bisogno di nessuno. A chi interessa in Sardegna? Con chi se ne può parlare?
Non si trova nessuno che investa sulla difesa della persona rispetto alla forza degli apparati. Tante difese di genere, nessuna concezione organica della persona e dei suoi diritti nello Stato e nel mercato. Se c’è una cosa che diminuisce ogni anno, questa è il peso giuridico e politico dei singoli rispetto agli apparati informatici, burocratici, giudiziari e aziendali.
L’autonomismo sardo è morto, travolto dal tatticismo degli autonomisti, dall’uso strumentale della retorica dell’autogoverno per vestire le pratiche del governo della dipendenza.
Oggi la Sardegna ha un bisogno vitale di un pensiero sull’adeguatezza dei poteri di cui dispone rispetto ai suoi bisogni e a quelli che sente suoi diritti.
Invece, la debolezza di pensiero che la attanaglia ha fatto sì che nessuno, dico nessuno, dinanzi alla proposta di autonomia differenziata e alla sua furbata di stabilire il costo standard dei diritti, abbia posto prima il problema della ridefinizione dei diritti costituzionali alla luce di un mondo radicalmente cambiato rispetto al 1948. Solo degli incoscienti possono accettare, come propone Calderoli, che il costo standard derivi da una parametrazione del presente, perché il presente è tragicamente ingiusto, sebbene nessuno lo dichiari tale per ignoranza.
Il tema dell’autogoverno dei sardi e della loro sovranità è tanto decisivo per il futuro dell’Isola quanto negletto, abbandonato. C’è una crisi della memoria e del dovere del ricordo che fa impressione.
O lo si recupera o il declino in atto diviene inarrestabile.
O esiste un potere che dà ordine e prospettiva a una situazione di crisi, che recupera identità e coesione o la crisi aumenta, non diminuisce.
Una coalizione nazionale sarda ha bisogno di cultura più che di scambio e salotto. Ce la faremo?
Ricchezza…lavoro….autonomia…….Però da domani ci è il via del G20 del turismo!! Let’s start!!
Ho sempre più netta la sensazione che Il turismo sua la panacea mammasantissima di tutto il malessere sardo. Una specie di oppiaceo millegusti e millefoglie. Se avessi tempo da perdere andrei ad Arzachena a risentire sparare cazzate su servizi turistici, demanio marittimo, porti turistici, posti barca e posti di lavoro, Come 22 anni fa quando un noto PROfessore trasportista nella sala congressi del lussuoso hotel dove in 300 si era mangiato a sbafo, PROponeva porti turistici come “volano” dell’economia sarda, sventolando PROmozione e markeTTing territoriale e subodorando PROgetti PROdomo sua.
Solo l’ ammiraglio che intervenne riuscì a tacitare panzane su panzane.
I PRO_PRO_PRO_PRO.
I congressi sul turismo. Oh..yes.
Ah.. beh..si ..beh..!
Comunque è da subito dopo Pasqua che si sono dissolte tensioni e attenzioni. I problemi strutturali?…puff!
Si è passati di punto in bianco alla solita dimensione dell’ esaltazione della rendita. La ricchezza è ricchezza stagionale. Buona parte del lavoro pure. Quindi W l’estate anzi W la stagione! che è piu lunga. È lei che ci dà le giuste difese immunitarie (non certo identitarie).
Quindi visto e considerato di che devono parlare questi politici di oggi? Perché dovrebbero? Non c’ è urgenza adesso.
E gli Assessori, poveracci?…L’ economia?…dubito che conoscano la legge di Marshall-Lerner. Ma anche ben più della metà di quello di cui dovrebbero trattare per risolvere.
Dovrebbero studiare parecchio e daccapo per parlarne. Quindi stanno zitti in 4/5. A parlare adesso parla il santo di turno oppure la sagra di turno oppure il GX di qualcosa.
Basterebbe sedersi a compilare un paziente elenco per settori e per priorità; più o meno come quando in 2^ media ci sedevamo e facevamo i compiti da bravi scolari. Bisognerebbe che anche loro ritornasssero a fare i compiti come bravi scolari e la smettessero di puntare tutto solo sull’ empatia estetica come se nin volessero fare altro che crogiolarsi con lo scaldaletto dell’intelligenza emotiva.
“…nessuno, dico nessuno, dinanzi alla proposta di autonomia differenziata e alla sua furbata di stabilire il costo standard dei diritti, abbia posto prima il problema della ridefinizione dei diritti costituzionali alla luce di un mondo radicalmente cambiato rispetto al 1948. Solo degli incoscienti possono accettare, come propone Calderoli, che il costo standard derivi da una parametrazione del presente, perché il presente è tragicamente ingiusto, sebbene nessuno lo dichiari tale per ignoranza.”
Perfetto!
Non si discute e non si programmano le entrate. Si spendono risorse a debito. .
Ma l’aspetto più preoccupante è la mancanza di attenzione dei cittadini sulla scarsa conoscenza della giustizia tributaria. Solo chi è colpito da accertamenti, a volte assurdi, si rende conto che l’art. 53 della costituzione è inaplicato. Solo allora si capisce il detto: fisco debole con i forti e forte con i deboli.
Il cittadino italiano e ancora di più il sardo subisce tutto; spesso lavora in nero così non viene cercato. Ma è l’inizio della fine del vivere civile e della democrazia. Il trionfo dell’intrallazzo
Oggi la Sardegna ha necessita’ di politiche chiare e volte a rinvigorire l’economia, oggi sostenuta solo da incentivi. Promesse di ricchezza attirano speculatori. Pensate alle fonti rinnovabili. Pensate alle terre cedute a chi viene dal continente e deturpa le coste.
Chi potra’ garantire questo? Nessuno dice cosa fara’. Perche’ tutto si decide secondo le opportunita’ degli amici…
Non credo che votero’. Perche’ dovrei?
Ho proprio paura di no.
Spero di essere più ottimista domani, oggi non ci riesco.
… si podet nàrrere chi su ‘cossizu’ regionale est una nue de tilibirche, una invasione de tilibirche, pibitziri, mancu assemizu cun d-una istrutura rapresentativa si no de tilibirches.
No tiat èssere própiu unu male cun s’idea de fàghere farina de babbautzos, bobbois, cerpius… No s’ischit però ite prospetiva o punna tenent nessi sos candhidados “in pectore” de s’annu chi benit, foras cussu de VINCERE e VINCEREMO, totugantos a zisa de “fratelli e fratelle” d’I.
In custa economia de gherra, sempre criminale e criminògena che a totu sas gherras, e ‘civiltade’ dominante in su mundhu (e Sardigna e Sardos za semus in custu mundhu) est totu a cúrrere e a bínchere, a VINCERE E VINCEREMO de fascìstica memória.
Est totu a cúrrere, cúrrere prus de su pessamentu, chentza pessare, guai a pessare (solu cun pessamentos comente mai ndhe at tentu s’Umanidade incarrerada e iscaminada a velocidade sempre prus acelerada cun disastros faghindhe e programmendhe), cun sa sola ‘régula’ de sa gherra: bínchere unu e pèrdere s’àteru fintzas a s’ispèrdere e a nos ispèrdere. E za est abberu chi a mòrrere tocat, ma… paret menzus chentza bi pessare, comente de su restu faghent totu sos animales, si custos sunt su ideale umanu.
E nois in custu mundhu bi semus che foza sicada e sichendhe, bolendhe e disposta a bolare cun totu sos bentos, ant fintzas imbentadu in Sardigna su ‘partito’ de vinti bentos ca no bastant prus cussos de sa “rosa dei venti”. E sos Sardos, iscazados, e fintzas faghindhe a vapore, o maghinados a fine a fine, si unu mínimu comunu ‘denominadore’ tenimus est sa disunione currindhe ifatu de totu sos bentos chentza mancu ischire a ue semus currindhe, solu a si salvi chi può che in totu sos bombardamentos (chi mancari donzi annu ammentamus ma chentza imparare nudha), e faghimus solu “eventi”, ‘manifestazioni’, ‘apparizioni’, ma chentza cambiare cumportamentos si no cussos chi… tirant sos bentos. E chentza callai a ciorbedhu, ma sempre a iscassiadura.
Su chi contat est a cúrrere e a bínchere… mancu tempus de fàghere unu fizu. A s’economia de gherra li serbit ‘sordados’ pronti all’uso, zai a fusile in manu addestrados a isparare, a produrre, consumare e frundhire di tutto e di più. E zai a como sa Sardigna ndhe at ‘esportato’ e sighit a ‘esportare’ pronti all’uso andhendhe a dare fortza a sa ‘economia’ peri su mundhu “sviluppato” all’avanguardia.
Custa ‘economia’ tiat chèrrere una fràbbica de fizos pronti all’uso: tropu noe meses de féminas ràidas solu pro fàghere una criadura chi abberit apena sos ogros! E apustis àteros vinti e prus annos faghindhe addestramentu! No tenimus totu custu tempus!
Bi tiat chèrrere un’allevamentu de zenia… cadhina: féminas (chentza mancu s’ifadu de ómines) postas solu a… fàghere fizos, e sèmene a buon mercato de mascru e de fémina. E za est totu triballu a fàghere animales e a fàghere zente! Una multinatzionale de allevamentu tiat fàghere fintzas afares mannos… Eh, sinono il gioco non vale la candela! Áter’e che “utero in affitto”! Su mercadu de sos fizos/sordados pronti all’uso tiat èssere semplicemente… mercadu, “fiorente”, custu puru tra multinatzionales in gherra a… VINCERE e VINCEREMO.
Sos nazistas iscartaiant solu s’iscartu, ant fatu a tempus solu a comintzare sa “eugenetica”, ma como mancari s’iscartu est àteru e si podet fintzas programmare, prozetare totu, naturalmente segundhu su bisonzu de allevare sa merce chi cheret su Mercadu Imperadore chi cumandhat.
Ispetendhe totu custu “sviluppo” e “progresso” nois Sardos ite faghimus?
Cherimus èssere “avanguardisti” all’avanguardia che marionetas o mascaredhas in manu de sos “prestigiatori” prestigiosi?
O che frundhimus, tantu pro comintzare, sa “merda” liofilizada (siat nadu cun totu su rispetu) de totu sos tricolores e menzus nos leamus su tempus (si no ndhe amus tentu) e proamus a pessare e sighimus a èssere zente bia chirchendhe e faghindhe s’unione e cambiamentu possíbbile e no èssere foza sicada incarrerada a s’animalina in custa civiltade irbariendhe?
Ca sas mascaredhas/marionetas/buratinos za ponent mente a su buratinaju prestigiatore, ma nois puru semus ancora e sempre cun libbertade e responsabbilidade de zente pro su chi faghimus e fintzas pro su chi no faghimus e invetzes podimus fàghere ma mancari no cherimus o no amus imparadu a fàghere ca nollu faghent ispetare o nollu ponent in dainanti zai fatu in aterue, totu prontu a comporare?
Libbertade e responsabbilidade chi tenimus ca no semus animales, e chentza ‘candhidare’ e ne votare ne a “gigantes’ ma mancu a nanos.
Solu a zente.
Grazie Professore per aver riproposto la vera domanda inevasa su quale sia l’orizzonte di vita che vogliamo costruire per la nostra Sardegna: se basato sull’idea di uno Stato-mamma che con l’assistenza, il debito pubblico e grossi profitti privati da lucrose commesse pubbliche narcotizza la società, oppure se ci poniamo il tema di come coniugare crescita, efficienza e giustizia sociale.