Sono certo della sua sofferenza. Dietro quelle sbarre.
Non aveva un fisico “bestiale”. Il collo incavato e la schiena piegata da una gobba evidente. Il corpo minuto che reggeva una grande “testa”. Febbri ricorrenti.
Il destino lo teneva in vita. Scriveva e scriveva. Con quei moncherini di matita regalati dai suoi carcerieri, in ogni tipo di carta, in quaderni poveri. L’avrebbero lasciato a consumarsi così, nella galera umida. A leggere libri dei filosofi e dei cronisti di regime.
Certo era colpevole. Imprigionato, processato, condannato. Aveva commesso il peggiore dei delitti contro lo Stato dopo che la dittatura era stata salutata, insieme alle guerre, come atto più alto di liberazione. Quello di continuare a pensare, in modo critico. Quello di cercare di pensare, in modo profondo.
Se i testi del diritto si fossero salvati dal rogo, lui sarebbe stato innocente. Non avrebbe patito quella insopportabile gabbia. E il suo cervello avrebbe continuato a viaggiare all’aria aperta, tra i profumi intensi della campagna. Sotto il sole. O nella notte scura. Tra le pietre dell’Isola.
Quando si accorsero dell’errore, le vittime si contavano a milioni.
Anni e anni di odio sparso a piene mani da chi aveva deciso di avere “sempre ragione”. I genocidi, la pulizia etnica per selezionare la razza.
La prepotenza iniziò, un giorno perso nella memoria, dal fuoco che aveva incenerito la “carta della civiltà”, cancellato la giustizia, inneggiato al processo sommario e al linciaggio pubblico della libertà. Così anche allora in galera non ci finirono soltanto i delinquenti. Ci finirono in tanti. Anche i giusti e gli innocenti.
AVERE.AVERE.AVERE. Potere illimitato.Ricchezza illimitata.ragione Illimitata. Che a donzi machine e presuntzione.VINCERE.VINCERE.VINCERE.GHERRAGHERRAGHERRA. Invasione. Fura e impoverimentu. Domíniu e distrutzione, e mortos a muntones a PÈRDERE PÈRDERE PÈRDERE in fora e in presone.
SU ÈSSERE EST SA VIDA, SA PAGHE, S’ISTIMA, SA LIBBERTADE, S’UNIONE, ISPERÀNTZIA E FIDE DE UMANIDADE.