Oggi e domani non dobbiamo mollare. Sabato e domenica scorsi la Sardegna ha votato in massa alle Primarias. Ieri giravano foto in rete di persone che votavano nei locali, nei ristoranti, nelle case. Stiamo cantando la nostro rivoluzione. Pensavano che fossimo centinaia. Poi hanno cominciato a concedere le migliaia. Adesso devono guardare le decine di migliaia. Ci siamo.
I partiti italiani non hanno capito ciò che sta succedendo. Sono rimasti a guardare sperando in un flop che si è traformato in una ribellione ai loro candidati imposti, ai candidati dei tavoli e dei vertici, alle lotte intestine di corrente, alla pretese egemoniche esercitate da posizioni culturalmente estinte.
Non si è capito che sulla Nazione Sarda non si tratta: si partecipa o ci si contrappone. Mentre i sardi votano alle Primarias, i dirigenti dei partiti italiani si contrappongono.
Noi, pacificamente, silenziosamente, ma con la buona coscienza di chi senza far del male a nessuno, fa la cosa giusta, noi abbiamo varcato il fiume. Non con proclami e documenti, ma con la marcia sotterranea dei voti in rete, col passa parola di chi vuole profondamente cambiare l’ordine dei poteri, di chi vuole tirare fuori dalle case i rassegnati. Noi siamo come i curdi, gli armeni, i catalani, gli scozzesi. Non c’è alcun negoziato da fare con noi, noi abbiamo costruito la marcia del sale dei Sardi per offrire una proposta elettorale e di governo fondata sulla coscienza nazionale dei fatti. Non sulle cose fatte; non sull’abilità amministrativa; non sulle promesse del cambiamento impercettibile. Noi abbiamo proposto e proporremo una cambiamento di visione, di prospettiva, di storia.
E dunque, oggi e domani, senza una parola di troppo, senza dileggiare o giudicare nessuno, continuiamo a compiere noi stessi, a camminare concentrati sul cuore e sulle idee, a realizzare la storia nei fatti.
Il futuro, dopo le Primarias, è aperto. Non si ripartirà da alcuna egemonia, ma dalla libertà.