di Paolo Maninchedda
Faccio di tutto per ricaricarmi e, tra le altre cose, leggo la riforma del Senato della Repubblica italiana. L’ho letta per intero anche perché ho ricevuto una telefonata di Luciano Uras che si mostrava più sconfortato di me.
In altri tempi mi sarebbe uscito un pezzo colorito, un po’ volgare, insomma un vaffanculo letterario; oggi mi esce questo, fatto di ragione e di rabbia.
Una premessa.
Sto studiando il lessico di una serie di documenti medievali e quindi sono stato costretto a ributtarmi in ciò che mi piace. Il risultato è una conferma: ogni volta che i capi dei sardi hanno deciso di combattere, il popolo è sempre sceso in campo.
Quando gli Arborea, per mille ragioni che non sto qui a dire, hanno deciso di combattere, i sardi ci sono stati e se anche hanno vinto formalmente i catalani, hanno realmente perso anche loro, posto che hanno perso la libertà e sono finiti in bocca agli antichi cugini serpenti castigliani. I sardi hanno fatto della Sardegna il Vietnam di una delle maggiori potenze del Mediterraneo di allora.
Quando i capi dei sardi hanno cacciato i Piemontesi, il popolo è sceso in campo.
Quando i capi dei sardi hanno deciso di combattere sul Carso per salvare la vita dei soldati e non per una patria inesistente fatta di retorica e bufale, il popolo è sceso in campo.
Quando invece i capi tradiscono, il popolo tace. Ieri, in Senato, hanno tradito (al netto di Luciano).
Questo è il testo del novellato art. 2 della riforma del Senato:
«Art. 2. – (Composizione ed elezione del Senato della Repubblica) – 1. L’articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 57. – Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due. La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali nei quali sono stati eletti. Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri regionali e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio.”».
Quanti abitanti ha il Trentino? Un milione e cinquantaseimila, distribuito equamente sulle due province autonome. Quindi, i Trentini hanno certi quattro senatori. La Val d’Aosta ( 130.000 ab) ne ha certamente due.
La Sardegna?
Posto che 42 senatori su 95 sono già assegnati (due per regione, con i Trentini che ne prendono 4), ne restano da assegnare altri 53 sulla base della popolazione.
Non ho fatto i conti bene, ma ragionevolmente la Sardegna ne prenderà solo un altro.
A questo punto c’è da chiedersi perché la specialità dei Trentini valga più della nostra, al punto che proprio per non fare valere quella sarda si esalta la differenza linguistica di un’area di confine e non la differenza linguistica di un’area isolata?
La risposta è semplice: i Trentini sono più bravi di noi. Giocano ancora sull’irridentismo del periodo post-bellico; lavorano uniti in Senato; negoziano ogni anno un aumento dei poteri; non si fidano degli italiani e combattono con loro un giorno dando voti, un altro prendendo risorse e poteri. Fanno pacifica guerriglia istituzionale. Noi no. E non ce l’ho solo con i senatori sardi, ce l’ho anche con noi del governo regionale.
Come diceva Antonio Simon Mossa
“Noi non ne abbiamo colpa, e potrebbe essere
anche la nostra sventura, ma
non siamo italiani e non potremo esserlo mai.”
Era meglio sopprimere il Senato, se ha esaurito la sua funzione esistenziale, e andare al monocameralismo, piuttosto che trasformarlo, con falsi sentimenti di fine mandato, in un’ala dai poteri appesantiti ma dimezzati, non più originari, Camera delle Regioni e Camera dei Comuni, ma solo sulla carta, che sarà solo disfunzionale, o addirittura rivale, rispetto all’attività complessiva del Parlamento. La verità è che dell’apocalisse del Senato non gliene frega niente a nessuno e che il modello politico che consegniamo alla storia è pessimo. Senz’altro il Senato non aiuta la transizione verso l’indipendenza dei poteri sardi, e il male minore è che un partito indipendentista veda recisi i rami ‘non’ pontificanti della Regione verso il Governo. Fatta qualche eccezione, da quanti anno non eleggiamo deputati per lo scopo cui sono destinati? Tutti una volta eletti diventano organici del governo, non si distingue chi faccia servizio civile e chi militare, per entrambi il servizio politico è facoltativo, solo alchimie di partito, barricaderi delle cause sarde a parole ma sostanzialmente incapaci di dissentire e anzi pronti a defilarsi quando si tratta di prendere posizione opposta alle decisioni del governo. Renzi modifica l’assetto rappresentativo del Senato? Allora noi intelligentemente dovremmo riformare lo Statuto Sardo, la nostra Costituzione, cambiare la nostra metodologia tradizionale di governo, la forma stessa di governo sardo, essere più rappresentativi dall’interno, magari eleggere i senatori in modo indipendente. Se non siamo più bravi dei trentini siamo almeno più saggi. Inutile trovare altre contrapposizioni con il Governo, solo trovare delle ragioni di nuova influenza.
Buonasera, e finalmente, condivido con immenso piacere quanto da te scritto, ho sempre sostenuto questa tesi, con i colleghi, con amici e parenti, ma pare che questi discorsi entrano da un’orecchio ed escano dall’altro. Quando dico che nelle regioni del nord che siano governate dalla sinistra o dalla destra o da altra forza politica, l’economia ed il modo di vedere e pensare agli interessi della propria regione non cambia. Perché in Sardegna ci deve “cavare gli occhi tra vicini di casa, e dare il nostro letto ( a costo di dormire in terra) ai cosidetti continentali dalle false promesse?” Se cambi residenza sei sempre ” un’istanzus” se viene il ” continentale” con le false promesse è uno di casa. Chentu concas chentu berritas. Antonio Gramsci scriveva ” la Sardegna è un’isola con tanti piccoli isolotti”. Ciao continua cosi Paolo.
… (tralasciando il fatto che i trentini sono più bravi di NOI) non si fidano degli italiani… e combattono con loro un giorno dando voti, un altro prendendo risorse e poteri. Fanno pacifica guerriglia istituzionale. Noi no. E non ce l’ho solo con i senatori sardi, ce l’ho anche con noi del governo regionale….!”
… ho sempre affermato che, almeno qualche volta nella vita, i Sardi dovrebbero andare in vacanza come viaggiatori (e non come turisti) a Corte, in Corsica d’inverno… e in Trentino in estate … cosi, per capire quanto non si è ancora capito !