Oggi il quotidiano Il Riformista, uno dei quotidiani più seriamente impegnato contro la giustizia ingiusta (fuorché quella sarda, che invece ignora programmaticamente nelle sue cronache) fa un titolo duro e ignobile: “Covid: Solinas va mandato a casa, non in galera“.
Considerato a parte che questo augurio andrebbe fatto anche a chi ha abolito la prescrizione, consentito intercettazioni molecolari, ampliato i poteri dei Pm, silenziato la crisi della Magistratura dopo il caso Palamara, pagato i sostegni alle imprese per l’epidemia con le somme destinate a pagare i crediti vantati da altre imprese verso la Pubblica Amministrazione, riaperto le scuole e le università senza regolare adeguatamente i trasporti pubblici e l’utilizzo degli spazi pubblici, cioè detto a parte che non ci sarebbero meno motivi per augurare a Conte di andare a casa di quanti ve ne sono per Solinas (vi ricordate le mascherine regalate all’inizio della pandemi alla Cina e poi mancanti nei reparti degli ospedali in crisi a primavera?) il problema è che Solinas non può essere liquidato così, come un errore.
Eh no! Solinas non è un accidente della storia sarda, ne è il prodotto regolare. Se deve andare a casa lui, deve andarci tutto il sistema che lo ha generato, diversamente, o subito o fra tre anni, ci troveremmo un suo parente stretto, un suo cugino ufficialmente di sinistra ma con solido Dna a destra, che cambia i geranei ai balconi ma conduce la casa sostanzialmente allo stesso modo.
Il sistema parentale che ha generato il bimbo Solinas deve rivelarsi pienamente.
Esso è fatto di persone incapaci ma furbe, di favori e protezioni, di astuzie amministrative, di pratiche parassitarie.
È il sistema che vive di politica.
Ma da questo sistema nessuno si senta escluso: ci sguazzano dentro anche consiglieri regionali ufficialmente di opposizione, carabinieri, finanzieri, magistrati, professori.
Tutti chiedono chi un posto per un parente, chi una consulenza, chi la gloria, chi la cortesia, chi un’attenzione. E Solinas non sa dire di no, è contro la sua natura, e li accontenta tutti.
E allora il problema non è Solinas. Solinas è un figlio coerente, uno che conosce gli annali di famiglia.
Il problema è la famiglia e questa famiglia è ramificata, ha parenti in tutti i palazzi.
È così dal Seicento e anche i Baroni Rossi, alla fine si imparentano col famiglione perché sono deboli, perché non hanno mestiere, perché difettano di cultura e di durezza verso se stessi.
Quando la famiglia più ricca di Cagliari deve la sua fortuna alla politica e la politica continua ad alimentarla e il famiglione dispensa consigli, sostegni, cooptazioni, finanziamenti, posti, cosa volete che sia Solinas?
Quando le due aziende più potenti di Cagliari hanno a servizio una vasta pletora di consiglieri regionali bipartisan cui affidare qualche responsabilità, a chi un po’ di ombrelloni e a chi un po’ di vacanze, a chi un posto di responsabilità parapubblico e a chi un posticino parentale, ma cosa volete che sia Solinas?
Voglio dire che in Sardegna o succede che nell’area indipendentista, libertaria e socialista, tengono il punto i liberi, non gli estremisti, ma semplicemente i liberi, quelli che non temono i giudici a comando né si fanno lusingare da giarrettiere interessate o dalla ricchezza in tutte le sue forme e che riaprono un luogo di sereno ma fermo incontro tra chi vuole realmente cambiare questa terra, oppure questo degrado che è iniziato con la stagione autonomista del petrolio di Soddu, Giagu, Rovelli, Corrias, continuerà.
O si riesce ad essere riformisti autentici e non mollicci oppure solo retorici, o ci si emancipa dall’esibizione di sardismo per nascondere la natura ormai compromessa del sardismo sardista in centrismo folklorico, oppure sarà difficile riprendersi.
Ora, è vero, Solinas sta impegnando molto la digestione dei sardi.
Ma resto convinto che ancora non sia sufficiente.
Si deve soffrire per capire e un’espulsione troppo rapida generebbe un sollievo irresponsabile.
Puliamoci.
Riflettiamo.
Isoliamo il vasto ceto parassitario. Lavoriamo sull’educazione all’impegno e all’indipendenza.
Rifiutiamo il contatto, anche solo il contatto, con il digestore sardo di destra e di sinistra, e vedrete che la Sardegna ripartirà.
Ma se proprio dobbiamo espellere Solinas, prendiamo una buona dose di sale inglese in modo che scivoli via tutto il sistema di complicità che ci soffoca. Il sollievo sarà maggiore.
A prescindere dai nomi, la maggior parte dei quali nemmeno conosco, ritengo che il vero problema sia ancora più ampio e ancora più in fondo. Non riguarda la sola classe eletta, ma la stessa massa elettrice. Serve avviare una stagione di profonda riqualificazione culturale sarda, e non solo, che ponga la cultura della libertà al centro di un percorso nuovo. Non mi riferisco alla micro-liberta’ che deriva da un posto di lavoro, quella la offrono in tanti. Mi riferisco alla libertà di potersi esprimersi liberamente, di poter proporre se stessi nella società con la forma che realmente abbiamo, di poter essere menti di un sistema che cresce e non strumenti di un circuito che immobile, continua a girare su se stesso. Vi ringrazio comunque per gli approfondimenti, sempre di notevole spessore.