Per coloro che dormono poco o che accendono la tv solo la sera, sperando che li aiuti ad assopirsi, sta diventando un problema fare zapping. La Sardegna è televisivamente rappresentata da due cose: nuraghi, o genericamente manufatti preistorici, e cibo.
Lo stile, e la cultura è stile (non è una cosa, diceva Angelo Guglielmi, è un modo di fare le cose), è nazional-grezzo anche quando tenta di imitare Piero Angela. Perché? Perché per fare programmi di divulgazione culturale bisogna saper fare cinema, bisogna saper amare il cinema. Quindi, bisognerebbe pensare per immagini e dialoghi, per strutture temporali, per dinamiche emotive e estetiche.
Invece, i format di queste trasmissioni sono o i talk show o la pubblicità promozionale dialogata affidata a giornalisti.
I giornalisti stanno a un programma di cultura come gli attori al copione.
Quando poi si selezionano, come conduttori, gli appassionati di storia locale, il risultato è sempre museale, cioè la visita illustrata di un repertorio.
Se, infine, la struttura della trasmissione è a dibattito, dopo tre minuti, purtroppo, si ammoscia ogni interesse, sovrastati come si è dal tono semiconferenziante in cui inevitabilmente i convenuti scivolano.
Vorrei dire che non basta leggere un libro per sapere qualcosa di un argomento (un ex presidente della Regione che si picca di essere colto ha questa pessima abitudine: legge un libro, poi acchiappa un malcapitato e lo interroga sul libro, in modo da apparire lui sommo e il suo interlocutore infimo). Prima di parlare di qualcosa, bisogna pensarci sopra, inserirla in un quadro, capire come rappresentarla, aver chiaro perché se ne parla (molti parlano per dire che esistono e purtroppo si vede).
La trasformazione di Sardegna1 in un’emittente-archivio della musica tradizionale richiederebbe un minimo di elaborazione, un minimo di strategia e non un rullo che va da mattina a sera. Non si dovrebbero giustapporre capolavori assoluti a esecuzioni sgangherate.
Quando inventai e finanziai la rete delle piste ciclabili della Sardegna (iniziativa censurata nella sua origine da una recente pubblicazione della facoltà di ingegneria di Cagliari che io scelsi di incaricare della progettazione e che ora si impanca di meriti autoriali) immaginavo che la promozione del territorio sardo e di questa forma gentile e nobile di mobilità sarebbe avvenuta non secondo le solite categorie dell’esotico, del selvaggio e dell’arcaico, ma secondo quelle dell’armonia, cioè della sintesi peculiare di antico e moderno, di cultura materiale e immateriale, di ricordo e speranza.
Invece sono condannato a stare tra maialetti e torri o a vagare tra festival estivi di scoraggiante mondanità, incipriati di impegno culturale.
Meglio la scelta di Subiaco.
“…Ai Sardi piacciono i prepotenti…”
Buongiorno, questa frase è frutto, di cosa?
Pregiudizio? Un marchio? Un giudizio mancante di approfondimento?
Sono nato a Cagliari, Capitale del nostro Scoglio, figlio di commercianti seuesi, risiedo a Quartu S.E., quindi Sardo di multiformi influenze culturali.
Come tanti Sardi, non amo i prepotenti.
Rispetto, questo sì, chi da Presidente della Giunta, ogniqualvolta transitasse in Gallura, si imbarcava e raggiungeva La Maddalena, visitando la base dei sottomarini nucleari U.S.A., sapendo, perché studiava, che il Presidente del nostro scoglio ha il diritto di farlo.
Simbolicamente, per ricordare agli ospiti, chi era il padrone di casa. Visita oggi, visita domani…
Tralascio la storia, per non annoiare, di come un pezzo della Sardegna, venne donata ad altro Stato, da un presidente del consiglio, senza consultare i rappresentanti locali, figuriamoci i cittadini!
Ho stima per lo stesso Presidente, parlo di Renato Soru, che ogniqualvolta il Comitato Paritetico sulle servitù militari, non riceveva soddisfazione o meglio risposte dagli enti preposti, si presentava per chiedere spiegazioni, nei loro domicili perché anche questo è un dovere di un Rappresentante dei cittadini.
Trovo un atteggiamento “a schiena dritta” e non da questuante, chi fatti i conti, per la prima volta? Sulle entrate e sulle uscite, rileva che viene incassato meno del dovuto, presenta i conti, la Giunta non da solo, per ottenere il dovuto. Quello che un buon Amministratore deve fare, il proprio dovere.
Cose semplici, pratiche, utili.
Per taluni, era solo un prepotente.
Caro Enzo, grazie della bella riflessione.
Io, in realtà, fui subito marginalizzato nella stagione politica che tu ricordi. E lo fui perché avevo compreso che si parlava tanto di partecipazione ma in realtà si attuava un processo autoritario. Ai Sardi piacciono i prepotenti, quelli che garantiscono la vittoria e la fuga o lo sterminio del nemico.
Se potrò, l’anno prossimo farò un salto da voi.
Un abbraccio
Paolo
Sa Sardigna? Nuraghes, repertos preistóricos, mànigos… E mamutones, pro ‘perfetzionare’ s’identidade.
Pecadu chi mamutones sunt fintzas, nadu în limba civile, spaventapasseri.
Est in artziada meda, epuru b’at sempre de isperare, pro amore, pro bisonzu e pro fortza chi resessemus a èssere zente.
Caro Paolo
La tua riflessione del contemporaneo televisivo per me è in parte condivisibile, ma ho abbastanza esperienza ed anni di militanza artistica, per ricordare che l’attuale desertico risultato è generato da antiche pratiche politiche che hanno 20 anni di vita, figlie di governi di allora
Non voglio attriibuire troppe colpe a quella scena politica, ma serenente leggi questa piccola analisi del settore culturale che mi vede coinvolto da 30 anni .
L’attuale immagine di plastica della cultura sarda, è figlia dei primi anni 2000, di allora mi ricordo il mantra con due concetti diventati a me nel tpo poco simpatici ” eccellenze culturali” “distretti culturali”, che in origine erano interessanti visioni, poi diventate deludenti scatole vuote .
Ripercorrendo quel periodo Insieme ad altri musicisti, artisti ed intellettuali della cosiddetta “Nouvelle Vogue Sarda” , pur essendo noi già delle realta internazionali , avevamo dei sogni nel cassetto per la nostra isola, un grande progetto che integrasse la cultura millenaria e quella contemporanea, rispettando la nostra cultura pur essendo contemporanei .
Ma poi nulla accadde, nonostante fossimo in un periodo dove sarebbe stato facile investire senza problemi su eccellenze e distretti, tutti elementi che avrebbero fatto decisamente la differenza , attraverso soggetti culturali, artistici ed associazioni avremo avuto un impulso ed un immagine diversa, rispetto agli attuali maialetti e nuraghi ecc…
Ci furono tanti progetti inascoltati come quello dell’ export office per la.musica che avrebbe fatto conoscere sia la. musica contemporanea della Sardegna , sia quella popolare di qualità.
I distretti culturali tematici
La Progettazione Integrata … la più grande fregatura per il mondo della cultura ed arte degli anni 2000, se ti ricordi lavorammo in tutta la Sardegna per mesi e mesi , spendendo risorse private in certificazioni e consulenze obbligatorie, vennero fuori progetti straordinari, che avrebbero innovato ed internazionalizzato la cultura sarda , furono premiati con punteggi altissimi , ma senza risorse economiche sui vari capitoli, ma siccome erano progetti depositati in Regione , con grande rabbia due anni dopo ,vedemmo le nostre idee spacchettate , rinominate con altri nomi, utilizzate e gestite da amministrazioni comunali , che affidarono a soggetti ed associazioni loro amiche , naturalmente dverse da chi aveva progettato
Abbiamo passato anni a fare capire la politica che i Sardi erano “isolani non isolati” , senza avere mai risposte concrete
Il risultato attuale che tu descrivi . è figlio di quel tempo, la politica regionale aveva a disposizione delle Ferrari che lasciarono ferme ad arrugginire al pit stop senza benzina.
Paolo tu penserai che questa mia opinione non c’entra rispetto quello che scrivi, ma bisogna guardare un po’ più da lontano ed immaginare una Sardegna contemporanea diversa se le cose fossero andate diversamente:
1) se i distretti culturali avessero avuto risorse ed una funzione vera nei territori intervenendo con una forte azione culturale che avrebbe sicuramente contenuto il “nulla ” attuale
2) se la progettazione integrata avesse avuto gambe per le tutte le idee innovative, oggi ci sarebbero realtà imprenditoriali nel mondo multimediale, nella cultura , nella comunicazione, nel turismo dal grande respiro internazionale
3) se l’ export office musica avesse avuto risorse facendo conoscere in tutto il mondo la musica contemporanea della Sardegna , permettendo agli artisti di lavorare e ritornare nell’isola sia carichi di nuovi stimoli , ma anche di risorse economiche guadagnate all’estero.
4) se la regione avesse investitio di più in associazioni e Festival Storici che introdussero (ante litteram) il modello green ed il rischio culturale,( tanto di moda oggi , ma un po’ greenwashing) rendendole di fatto Istituzioni Culturali Strategiche per i loro territori.
5) se si fosse investito su progetti legati alla produzione multimediale al cinema, alla TV, coinvolgendo il mondo artistico, giornalistico, culturale della Sardegna , facendo crescere figure professionali di alto profilo nell’ entertainment culturale televisivo .
Paolo ne potrei citare tante in altri settori, ma mi fermo, ci siamo capiti. Siamo figli di una grande illusione e ci ritroviamo oggi in questo deserto fatto di torri megalitiche, giganti e porcetti, tutti rigorosamente in costume sardo ( che fa figo ).
P.S.
A proposito della citazione di sui festival: il prossimo anno mi piacerebbe che venissi a vedere Musica sulle Bocche, molto green ( dal 2002) non solo jazz , ma molto esperienziale, con la “possible mission” di collegare i luoghi più turistici con i gioielli dei paesi a rischio di spopolamento, le nostre idee ed azioni sono note sin dai primi anni 2000, si è vero siamo poco mondani e molto vicini alle piccole comunità, ma questo è ciò che pensiamo
Credo che non ti annoieresti
Un caro saluto
Enzo Favata
http://www.musicasullebocche.it