Il primo dato da sottolineare è che mediamente ormai va a votare un sardo su due, quando va bene. Il motivo è che la gente non è informata e ritiene che il governo delle amministrazioni pubbliche incida veramente poco sulla qualità della vita. Vero o falso? In buona parte vero, perché i veri poteri, quelli che incidono, sono la pubblica amministrazione e le articolazioni dello Stato italiano, che ormai agiscono in automatico, non hanno granché bisogno di indirizzi politici, sono poteri anonimi e stabili, indifferenti all’elettorato.
Il secondo elemento che emerge chiaramente dalle elezioni appena svolte è che nei piccoli paesi sarà sempre più un problema trovare qualcuno che si occupi della cosa pubblica: la popolazione sta invecchiando e lo scetticismo è più diffuso della speranza.
Il terzo elemento è che la Destra non vince neanche con il potere impunito, faccendista e impudente che lo Stato italiano, occhiutissimo con gli indipendentisti democratici fino a inventare i reati, a lei permette di esercitare per le vie e le stanze della Sardegna.
È una Destra, quella sarda, che dispone di molti soldi (non prodotti dal mercato, dato il Pil sardo) e di poche idee, e che oggi, però, è coesa, resa identificabile dal razzismo della Lega e dal post fascismo di Fratelli d’Italia (è finita l’identità centrista fluida, spruzzata di liberalismo, socialismo e paraculismo italico, di Forza Italia) e tenuta insieme dall’ampio portafoglio di ruoli di potere di cui dispone Solinas, il quale portafoglio è stato adeguato, negli standard richiesti, ai livelli più bassi dell’attuale classe dirigente sarda.
L’area progressista sarda registra, invece, le conseguenze dell’interpretazione grossolana, vuota di idee, di programmi e di visioni, generata e non creata dall’accordo per la candidatura alla presidenza di Massimo Zedda. Quell’accordo appiattì il Pd sulle posizioni piddine del “comando io”, della negazione della Nazione Sarda, dell’identità clonata sugli slogan nazionali italaiani, dell’iscrizione della sinistra sarda al suicida centralismo burocratico di ispirazione Napolitanesca, dei piccoli calcoli egemonici della sola città di Cagliari, della pretesa di trattare con le altre articolazioni del mondo progressista sardo alla luce di logiche di potere nude e crude, del più classico e prepotente “prendere o lasciare”. Il risultato si è visto.
Oggi, il Pd perde a Nuoro e perde a Quartu.
A Nuoro il Pd aveva un candidato migliore di se stesso, nel senso che Prevosto (e lo si è visto dalla dichiarazione successiva al risultato elettorale) è più nobile di ciò che ha rappresentato.
E Soddu è meno di ciò che sembra, nel senso che è un situazionista, un mutaforma, un giorno candidato del Pd alle europee, un altro suo concorrente. Le speranze di cambiamento per Nuoro sono affidate alla logica del meno peggio e certamente Soddu è meno peggio del Centrodestra nuorese, il quale ha un’animella faccendista, gode di protezioni degli apparati dello Stato, si muove ondeggiando i suoi fili e filetti grembiulati (ma l’ombra del compasso si staglia anche nell’area Soddu, che non si fa mancare nulla).
Per cui, nonostante l’olezzo del parassitismo amministrativo, proprio delle classi dirigenti appuddate nei ruoli di governo per urgenza di reddito e di status, promani dalla compagine di Soddu, a naso tappato e con la sicurezza che alle spalle qualcuno attenterà alla propria verginità tergale, l’area progressista nuorese voterà Soddu ai ballottaggi e Soddu vincerà e niente cambierà, ma almeno ci sarà una ragionevole speranza che niente peggiori. Tuttavia, non è dall’equivoco politico che Soddu rappresenta che può ripartire una rinascita culturale della città barbaricina. Serve un duro lavoro culturale di rinnovamento delle categorie e delle visioni, un lavoro che ha bisogno di più tempo dell’incalzare delle competizioni elettorali.
A Quartu è in corso l’esperimento più innovativo. Milia è un laboratorio politico, non è un’ambizione locale. L’alleanza che lo sostiene è tutt’altro che un’alleanza di sola sinistra, è piuttosto un’alleanza molto trasversale che unisce mondo progressista, mondo libertario, mondo indipendentista, mondo socialista. Dentro Milia c’è un mondo ostile al Pd, di cultura liberale che la Sinistra tradizionale metterebbe a Destra, ma che non sta con la Destra perché la Destra sarda e italiana gli fanno schifo, rispettosamente parlando.
L’alleanza di Milia è costruita a partire dalle relazioni personali e culturali di Milia; in Sardegna occorre metterla insieme su un disegno, su una visione e su un patto.
A Porto Torres, Massimo Mulas va al ballottaggio per un soffio su Satta (che è stato un importantissimo laboratorio politico cui anche il Partito dei Sardi ha partecipato, insieme a liberali e progressisti), e adesso qui il rischio è lo stesso che sempre si corre quando il Pd impone le sue scelte.
Adesso il Pd è di fronte alla sua non autosufficienza.
Sarà interessante vedere che cosa farà.
Ma certamente, anche qui, seppure intorno a Massimo (che è una brava persona) olezzi tutto il faccendismo post renziano, votare Mulas sarà sempre meglio che votare il candidato di Solinas, per ciò che rappresenta, ovviamente, non per ciò che è (non lo conosco).
Soddu situazionista, opportunista, OMISSIS.
Prevosto era perdente di suo e non certo un candidato vincente.
Nuoro subisce da 20 anni la pessima amministrazione solo perché la dx non ha candidati decenti da candidare, non certo per merito del centro sinistra. Soddu è nipote di Mannironi e i Prevosto prosperano da sempre sul PCI. PDS. e metamorfosi varie. Le uniche voci nuove vengono fermate come invasori. Che tristezza!