Liberamente tratto dal romanzo il Fasciocomunista di Antonio Pennacchi, sceneggiato da Rulli e Petraglia, è nelle sale Mio fratello è figlio unico, classica commedia realistica all’italiana. Iniziamo col dire che il film non delude, grazie soprattutto all’ottimo cast di attori. Siamo a Latina, anni 60. La vicenda ruota intorno alla figura di due fratelli impegnati in politica su due fronti opposti: il più grande, Manrico (Riccardo Scamarcio), è comunista, il più piccolo, Accio (Vittorio Emanuele Propizio da bambino, Elio Germano da adulto) è fascista. Vengono da una famiglia proletaria: il padre operaio e religioso (Massimo Popolizio), la madre casalinga (Angela Finocchiaro), la sorella musicista (Alba Rohrwacher). All’inizio vediamo il giovane Accio in seminario, vuole diventare prete,. Sarà il fratello a fargli cambiare idea, regalandogli la foto di un’attrice, Marisa Allasio, che gli farà commettere troppi peccati.
Abbandonato il seminario, tornerà a Latina. Qui hanno inizio gli scontri con i genitori, che non hanno accettato la sua decisione, e con il fratello, bello, carismatico e più amato dai genitori.
Per ribellione e grazie alla conoscenza di un commerciante (Luca Zingaretti, fedele al Duce) con cui stringerà un forte legame, si iscrive all’Msi. Questa decisione acuisce ancor di più la conflittualità con Manrico e con i genitori, ma Accio è fatto così: testardo, ribelle con passione e energia da vendere.
Il taglio del film è più antropologico che socio-politico, parla di esseri umani che vivono, soffrono, amano e che fanno scelte politiche.
Daniele Luchetti riesce a dare ritmo al film, con un montaggio rapido e con dialoghi brillanti e divertenti; peccato per il finale drammatico e moralista, che gli toglie un pò di leggerezza. L’unica debolezza di un film che però convince. Da sottolineare la straordinaria bravura di Elio Germano e la bella prova di Riccardo Scamarcio.
Di Daniele Luchetti, con Elio Germano, Riccardo Scamarcio, Angela Finocchiaro, Luca Zingaretti.
di Mario Cadoni