di Paolo Maninchedda
Dentro le università cattoliche sta imperversando un durissimo dibattito sulla legittimità o meno del divorzio. Mi spiego meglio: si discute se Gesù abbia revocato o meno la norma mosaica che consentendo il ripudio di allora, consentirebbe il divorzio di oggi.
La Chiesa cattolica affronta così un tema incidente su una delle strutture sociali su cui ha lavorato per secoli: il matrimonio. Ora non serve ripercorrere le tappe e i perché della sacralizzazione del patto tra gli sposi (ma è stato un fatto prima storico e poi teologico); è utile invece notare che tra i temi più seguiti in questi giorni non ci sono quelli che stanno lacerando le forze politiche – riforma del Senato, rifugiati, crollo dell’economia cinese ecc. – ma per l’appunto questo che incide sulla libertà e sulla felicità dei singoli.
La domanda da cui si parte è: Gesù ha permesso oppure no il divorzio?
A favore del sì si è schierato, oltre che il cardinale Walter Kasper, il biblista e esegeta camaldolese Guido Innocenzo Gargano, del quale si può leggere, per cominciare, questo articolo. Contro l’ammissione del divorzio si è schierato mezzo mondo, per cui solo per iniziare si può leggere questo articolo del cardinale Caffarra.
Il tema si collega a quello dell’ammissione dei divorziati ai sacramenti: a favore si può leggere questo articolo del cardinale Kasper.
Ora, nei secoli passati un dibattito di questa portata avrebbe fatto scorrere sangue e sarebbe costato la vita a qualcuno. Se ciò non avviene oggi è per due motivi: per la fine del potere temporale e per il sano contagio delle idee liberali e democratiche.
Nel frattempo, anche tra cristiani, e tra i cristiani sardi in particolare, riprende forza la desacralizzazione del vincolo, il suo ritorno alla natura pattizia e civile, attraverso convivenze di verifica o permanenti. Realtà e pensiero sono disallineati e accadrà prima o poi che ritorneranno a occupare il centro della scena non le politiche monetarie, non le politiche istituzionali, non il nuovo dogmatismo di Stato, ma il rapporto tra le strutture formali dello Stato e informali della società e la felicità delel persone. La felicità è un tema politico di cui la politica ha paura perché è una domanda inesauribile e connessa con la libertà. Non si può soddisfarla solo politicamente, ma è politicamente ineludibile e dunque è puntualmente rimossa.
Comment on “Matrimoni e divorziati”
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Sempre domande difficili, mi ricorda il film il nome della rosa sulla disquisizione “Gesù possedeva i vestiti che indossava?” tra francescani e inviati papali