L’idea del Mater Olbia è un’idea antica, coltivata da Gian Piero Scanu dai tempi in cui era sindaco, coltivata con don Verzé, e poi, dopo la crisi del San Raffaele, ripresa dal Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone e dalla madre dell’attuale sceicco del Qatar, con l’obiettivo di creare una struttura di eccellenza nel Mediterraneo che divenisse punto di riferimento mondiale per le cure e punto d’incontro delle culture.
Così era nato e così venne presentato anche a chi scrive. La sua vocazione internazionale e la sua apertura al mondo intero non venne mai messa in discussione.
Lentamente, ma inesorabilmente, le cose sono cambiate.
Il Mater Olbia ha perso la volontà di essere un polo internazionale. Ci si è trovati davanti al problema non banale di garantire comunque a Olbia e alla Sardegna un investimento che, sin dal principio, peraltro, ha sempre richiesto di essere tutelato non dal meccanismo della domanda e dell’offerta di salute su scala mondiale, ma dal meccanismo molto più locale della quota di prestazioni sanitarie riconoscibili dalla Regione Sarda. Questa virata tutta interna, determinò non poche obiezioni dal mondo imprenditoriale sardo, perché non pochi obiettarono che anche in Sardegna vi sarebbe stato chi sarebbe riuscito a fare l’investimento fatto dalla Qatar Foundation avendo la certezza di rimborsi per prestazioni sanitarie fino a 50 milioni di euro l’anno. Ma tant’è: la forza degli impegni presi dal governo italiano e la volontà sarda di non perdere un investimento, un po’ camaleontico, ma pur sempre un investimento, portarono comunque a cercare le strade per condurre a termine l’operazione.
Il Consiglio regionale individuò nella riduzione della mobilità passiva sanitaria dei sardi (in linguaggio comune, il numero dei sardi che vanno a curarsi fuori dall’Isola perché qui muoiono) la nuova giustificazione del Mater Olbia.
Fatto è che, scendendo per li rami, ma pur sempre scendendo, poi si è aperta la strada, diversa da quella originaria, di creare una buona clinica privata ma non un polo di eccellenza internazionale.
Rideterminato in questo modo il profilo, sono cominciate le prime chiamate dei vertici dei reparti.
In chirurgia che succede?
Succede che si è preso un chirurgo del Brotzu, stimato e apprezzato a Cagliari nella struttura pubblica, e lo si è reclutato per il Mater Olbia. Per i sardi, cambia solo il luogo dove andare a farsi operare, ma per il sistema sanitario della Sardegna il saldo è a zero.
Per la lotta all’obesità, invece, accade che il Gemelli, nella persona del professor Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina della Cattolica nonché direttore scientifico del Mater, ha scelto per Olbia un suo allievo, il dottor Piero Giustacchini, che sarà sicuramente bravissimo, ma la filosofia del Mater avrebbe dovuto vedere incardinato al suo interno proprio Bellantone, non un suo allievo o comunque un professionista da lui stimato.
Si sta, insomma, costruendo, una clinica privata in Sardegna, che avrà le sue efficienze e i suoi difetti, ma ben altro dal polo di eccellenza mondiale o dal polo di riferimento capace di ridurre significativamente la mobilità passiva.
Perché accade tutto questo? Per difetto di visione culturale, politica e sanitaria, e pure per accomodamento sociale un po’ servile fondato sul silenzio in cambio di lavoro.