Da un po’ mi sto convincendo di non dare più interviste. Ho concesso le ultime a due giornalisti amici, proprio per non far torto a persone che stimo. Però ho sbagliato. Nei giornali non si rileggono più gli articoli e i refusi avvelenano anche le frasi semplici, quelle costituite da soggetto, predicato e complemento. Oggi accade che io avevo detto che con l’Anas e col governo italiano occorre un atteggiamento competitivo e non garbatamente subordinato e mi trovo scritto che occorrerebbe «un atteggiamento competitivo se non garbatamente subordinato». Che dire? Niente. Noi che parliamo con i giornalisti ci troviamo di fronte due tipologie: quelli capaci e umili che ‘servono’ il lettore, che cioè cercano di far capire al lettore con un’intervista che cosa tu pensi e intendi fare. Questi, che sono i migliori, fanno tutto da soli: scrivono, fanno le foto, fanno i titoli, si fanno un mazzo grande come una casa, e chiaramente sono minacciati dai refusi che si sviluppano laddove la stanchezza impera. Gli altri, quelli con cui ho deciso di non parlare mai più, sono i giornalisti che quando intervistano qualcuno devono prima di tutto dimostrare al resto della categoria di non essere ‘sdraiati’ sull’interlocutore, di non mettersi ‘in ginocchio’ (espressioni che ho sentito con le mie orecchie), poi devono essere accattivanti, narratori più che cronisti, e infine devono mostrare la loro tesi sull’argomento trattato attraverso le domande. Io con questi ho smesso di parlare. Non voglio essere un personaggio dei loro romanzi.
Oggi leggo sui giornali le giustificazioni dell’Anas sullo stato di abbandono dei cantieri sardi. Quando mi sono dimesso, ho raccomandato di non lasciare il portafoglio sardo (2 miliardi) nelle mani dell’Anas. L’assessore attuale ai Lavori Pubblici sta facendo un lavoro egregio, puntuale, forte, che mette sempre più la Regione nelle condizioni di competere con ragioni (perché per alzare la voce bisogna fare bene i compiti a casa). Ma per vincere con l’Anas si devono porre questioni politiche col Ministero e col Presidente dell’Anas che non sono interpretabili da un assessore. Prendiamo il caso dello scandalo di Monte Pinu. Chi deve portare il ministro Delrio non solo a fare inaugurazioni facili-facili ma anche sopralluoghi sulle palesi inadempienze di un Anas che prima aveva un compartimento regionale efficiente oggi ridotto a uno sportello passacarte? Le istituzioni italiane sono presenti e presentabili solo ai rinfreschi o si fanno carico di cambiare un amministratore dell’Anas che fallisce su tutti i fronti: Monte Pinu, la Olbia-Arzachena-San Giovanni (200 milioni fermi), il 2 lotto della Sassari-Olbia, i lotti della SS 125 (aperti e abbandonati), la vergogna a cielo aperto della SS 195? E un amministratore dell’Anas che fa queste cose può essere ricevuto o incontrare i vertici della Regione ai festini inaugurali o merita di non essere ammesso al cospetto delle istituzioni sarde che invece devono dialogare con i Ministeri e con i Ministri italiani?
Facciamo le elezioni per il Parlamento italiano con un seggio elettorale a Monte Pinu, uno al Passo di Quirra e uno sulla SS 195 e vediamo come va a finire (potremmo farne anche alcuni dentro gli ospedali sardi, dove non sta funzionando nulla e vedere anche lì come va a finire).
Noi Sardi dobbiamo costituire l’Anas sarda, ficchiamocelo in testa. Deve finire questa subordinazione indegna a una società inefficiente e proterva nei rapporti istituzionali. Noi Sardi dobbiamo dimostrare che la politica sa scegliere nei tempi giusti per le scelte.
Tutto il dolore che queste cose mi suscitano mi passa quando ho occasioni per fare in pubblico il mio lavoro di professore. Ieri a Tortolì abbiamo avuto un incontro sulla nostra proposta di Costituzione di altissimo livello, bello nella forma e nei contenuti, civile, profondo, entusiasmante.
Oggi a Fordongianus parliamo di storia e ci riprendiamo un pezzo d’anima, ma anche qui combatteremo coi refusi che mi fanno ‘Manichedda’, in compagnia di Duillio. Ma io resto certo che Tenebrae non prevalebunt. (CONTINUA)