Il tribunale del riesame di Cagliari ha depositato la sua ordinanza sulla presunta associazione mafiosa che portò in carcere l’ex assessore all’agricoltura Murgia, il dott. Cocco e tutti coloro che, secondo i Ros e la Procura Antimafia avevano collaborato alla latitanza di Graziano Mesina.
Secondo il collegio, non si è trattato di associazione mafiosa. Come ha fatto a dirlo? Si è rifatta alla sentenza della Corte di Cassazione su Mafia e Ostia Capitale che elenca sei caratteri distintivi di mafiosità. Secondo il collegio di Cagliari, l’associazione a delinquere pro Mesina (per semplificare) non aveva alcuno dei sei elementi distintivi indicati dalla Cassazione. Viceversa la Dia e il Gip, se non ricordo male, ne avevano individuato 3 su 6. In realtà, il Tribunale del riesame di Cagliari non manca di ricordare e, in qualche modo, di considerare fondati, i tre caratteri indicati dall’accusa, ma li derubrica a fattori di tipo sociologico e non criminale. Qui sta la parte dell’ordinanza che farà discutere, perché mentre la Dia e il Gip si sono limitati a applicare la giurisprudenza della Cassazione per perimetrare il reato, il Tribunale di Cagliari ha innovato il profilo generale di mafiosità, distinguendo i tratti sociologici – evidentemente non perseguibili, secondo il collegio – dai tratti criminali. L’iniziativa del Riesame non è da poco. Tutti coloro che hanno studiato la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra, sanno che sono proprio i fattori sociologici a caratterizzare l’identità mafiosa. Staremo a vedere.
Fin qui siamo nel bellissimo perimetro della naturale dinamica dell’evoluzione della giurisdizione. Ma nell’ordinanza ci si imbatte anche in altro, molto meno gradevole. L’Unione Sarda riporta virgolettata la seguente frase: “Dagli atti d’indagine emergono altresì gravi indizi di colpevolezza di partecipazione al sodalizio criminoso a carico di altri soggetti, che al momento non risultano indagati, ossia Gavino Mariotti e Giovanni Satta”.
Gavino Mariotti e Giovanni Satta non sono proprio degli sconosciuti quidam de populo per cui la presenza o assenza dei loro nomi nell’ordinanza possa essere ritenuto un fatto poco più che esemplificativo. Uno è Rettore dell’Università di Sassari e l’altro è consigliere regionale.
Io non sono sodale di alcuno dei due, tutt’altro, però quando vedo cose del genere, mi scatta la molla della difesa più che d’ufficio.
Da quando in qua un tribunale (passi che lo faccia un Pm, che può lasciare in un’inchiesta nomi e cognomi per offrire un quadro), annuncia in un suo atto che Tizio e Caio sono sospettati? Cosa si vorrebbe dire? Che potere di difesa hanno avuto Tizio e Caio? Li si addita alla pubblica opinione come walking dead? È giustizia sociologica preventiva? A oggi, da quel che si legge, Mariotti e Satta non hanno ricevuto alcun avviso di garanzia, si capisce dagli atti che evidentemente sono indagati, ma nel frattempo li si appende nella gabbia fuori dalle mura della città. Inconcepibile e incivile.
L’articolo mi porta ad altre considerazioni. I metodi mafiosi sono usati da persone di rango, apparentemente in gamba, buone, oneste. Il fine è favorire amici e amici degli amici. Se qualcuno avanza dubbi, chiede perché di una nomina, di un provvedimento, vi è un’immediata ritorsione. Raramente si rischia la vita, ma di certo la qualità di essa peggiora. L’arroganza è tale che il modo mafioso è celebrato come valore. Tale è la nostra malata società.
Per poter dire quanto senso ha ciò che avrebbe dichiarato nelle motivazioni della sentenza il tribunale del riesame , occorre sapere quale è il compito di questo organò giudicante . Il suo UNICO compito è quello di decidere se la misura cautelare sia applicabile o meno e se la stessa sia giusta o eccessiva . NON HA AlTRI COMPITI !!! Le stesse dichiarazioni sulla insussistenza della associazione di tipo mafioso, non hanno alcun effetto sul processo , il PM in sede di udienza preliminare ribadirà le sue accuse e chiederà il rinvio a giudizio degli imputati Murgia e Cocco anche per Il reato di cui all’articolo. 416 bis . A maggior Ragione , stento a credere quanto riportato oggi dall’Unione sarda riguardo al sottoscritto e a Gavino Mariotti . Il tribunale del riesame non ha alcun titolo ad entrare nel merito nemmeno per quanto attiene gli indagati che gli si appellano , figuriamoci su tutto il procedimento . Perciò mi auguro che quanto riportato dal quotidiano sia “ errato” perché sarebbe gravissimo è incostituzionale . P.S. Come accade spesso , condivido ciò che scrive oggi il professor Paolo Maninchedda , però non mi è piaciuto l’uso della parola “ sodali “ , che osato in ambito giudiziario ha una rilevanza diversa da altri contesti . Io non posso essere suo “ sodale “ non perché lo dice lui ma perché non ho commesso alcun reato e nonostante i mille problemi passati , fino ad ora sono stato sempre assolto . Confido tuttavia nella sua buona fede anche perché persona integerrima e sopratutto garantista .
L’aver derubricato gli “indici” indicati nell’ordinanza del GIP a dati sociologici risponde unicamente a quel tanto di benevolenza che non si nega, tra magistrati, a colleghi con cui non ci sono rapporti di inimicizia, perché è in fatto che non c’era proprio niente a dimostrare la possibile “associazione mafiosa”. Senza scomodare la sentenza “Mafia Capitale”, bastava una rapidissima scorsa al massimario della Cassazione per rendersene conto.
Sulla frase da lei stigmatizzata, professore, effettivamente lascia quanto meno perplessi. Il riesame è una procedura di impugnazione atipica, che non preclude ai giudici di prendere in considerazione elementi diversi da quelli valorizzati dalle parti, ma che si attiene alla regola della c.d. “corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato”. E se secondo la Procura non vi erano gli estremi per indagare i suddetti due personaggi, non potevano esserci neanche per il Tribunale del Riesame, che non è il GIP, neppure a livello di ipotesi.
Mi auguro che la prossima introduzione delle “pagelle dei magistrati” ponga fine a un certo andazzo, ma c’è poco da confidarci. Il pubblico ministero del “caso Manuella” ha concluso la carriera come presidente di sezione della Cassazione, e penso che abbiamo detto proprio tutto!