C’è molta agitazione nell’ambiente del turismo in Sardegna. Perché il turismo piace e se ne discute vivacemente anche se, a volte, in modo confuso. Eppure ci dev’essere un modo per ragionare seriamente. Proviamoci, almeno.
Il modello di sviluppo. Siamo partiti dalla questione “DMO sì – DMO no” per denunciare lo smantellamento della legge regionale 16/2017 sul turismo e oggi ascoltiamo proposte con scarso valore sistemico per un comparto che ha necessità di una visione internazionale, cioè che non si limiti ad andare oltre la Pro Loco del paese vicino ma oltre i confini del nostro Paese.
Sto seriamente pensando che andrebbe rivisto il ruolo dell’assessorato regionale competente in materia di turismo, prevedendo una riorganizzazione che tenga conto di una necessità evidente a tutti: fuori la politica dal turismo.
Perché sono anni che l’assessore di turno inventa, fa, disfa, si agita, fa lo stratega senza strategia. E i risultati sono davanti a tutti, con evidente spreco di soldi pubblici.
Se a questo aggiungiamo che gli uffici hanno organici ridotti al minimo e con scarse competenze rispetto alle esigenze del mercato digitale del turismo, si capisce la oggettiva difficoltà a costruire risultati utili. E sì, lo ribadisco: il turismo è in mano agli operatori e questo la Regione spesso lo dimentica, avviando azioni che sono palesemente invasioni di campo che rimangono sterili e dispersive.
Il turismo è completamente sfuggito di mano alla Regione Sardegna, ammesso che qualche volta lo sia stato. L’impossibilità di comprenderne i meccanismi del mercato, accompagnati dalla smodata voglia di occuparsi del settore con continue invasioni di campo dove devono giocare gli operatori, ci ha portato sino ad oggi a subire più che ad attaccare, vittime del male endemico dei sardi e della Sardegna che preferisce battaglie di retroguardia anche in questo comparto dal respiro internazionale.
E poi ci dobbiamo chiedere: si può studiare un fenomeno così complesso come il turismo senza i riscontri puntuali forniti dai dati reali? La risposta è chiaramente no. Non si può.
La raccolta dei dati è quindi la prima questione importante da affrontare per svolgere ragionamenti approfonditi e creare conoscenza con consapevolezza e definire un quadro economico-sociologico sul turismo.
Eppure, come scrive Vito Biolchini nel suo articolo “Turismo in Sardegna, i dati più interessanti ce li fornisce la Regione… Puglia!”, anche la nostra isola è intrisa di un “turismo che non appare” e che, a parte gli aspetti fiscali, non può rimanere sconosciuto e fuori dalla programmazione.
La Regione Puglia ha studiato il fenomeno e senza ipocrisia ha accettato che c’è una parte di questo comparto, quello che riguarda i turisti, che in buona parte è sconosciuto e quindi senza governo da parte dell’amministrazione pubblica.
Per questo motivo mi sono chiesto: in Sardegna quanto vale il turismo che non appare?
Lo studio, non facile per la mancanza di alcuni dati, mi ha consegnato comunque un risultato interessante e verosimile. Partendo dalle basi dati di Enac, Ufficio statistico regionale e compagnie navali, mi è stato possibile ricavare un dato importante collegato alle presenze turistiche straniere nel 2017 che ci dice che abbiamo avuto 11,5 milioni di presenze contro i poco più di 7 milioni rilevate dall’Ufficio statistico regionale tramite il Sired.
Praticamente una differenza del 62 per cento che non viene rilevata ma che esiste e crea un’impronta antropica e economica molto importante.
Amici, appassionati e operatori del turismo: non possiamo continuare a far finta di niente e perdere tempo con il vociare libero che non vuole vedere che cosa sta accadendo in Sardegna, e intanto i sindaci, lasciati soli dalla politica regionale, continuano a chiudere e contingentare le spiagge per tutelare l’unico vero bene che ci è rimasto: quello ambientale.
Il turismo in Sardegna è semplicemente e sostanzialmente BOICOTTATO! E’ boicottato, in primis, dallo stato italiano e chiunque può pacificamente constatarlo. Basta vedere le politiche dei trasporti da e per l’Isola dal secondo dopoguerra ad oggi (e non s’intravvede alcun cambio per il futuro!). In seconda battuta viene la Regione Sardegna, che succube e senza “idee” – non parlo di approccio “competente” e/o “promozionale” all’industria turistica sarda in generale! – finge periodicamente di occuparsene … solo per disperdere (o distribuire!) risorse, senza mai affrontare i problemi reali del turismo in Sardegna. Al terzo posto per energia del boicottaggio c’è proprio il settore degli “imprenditori” turistici. Questi infatti NON vogliono fare sistema, non “sono interessati”, temono di non “ottenere” poi quegli “incentivi” che mamma RAS eroga loro a piene mani. (Non citerò nè come, nè quanto, nè “perché” … gli “addetti” sanno benissimo che cosa intendo e chi intendo. Gli addetti non sono quelli che nel settore turistico fanno i prestatori d’opera, quasi a tutti i livelli!) Boicotta il turismo in Sardegna anche una buona parte degli imprenditori sardi e persino alcune organizzazioni sindacali dei lavoratori del turismo e/o dei trasporti, ma i lavoratori non se ne rendono conto appieno. E boicotta il turismo sardo anche il sistema educativo e formativo vigente in Sardegna, compreso proprio quello specialistico (scuole superiori e alberghiere). Si “offenderanno”, ma lo dico ugualmente. Boicottano il turismo in Sardegna anche le amministrazioni locali, i Comuni, le Camere di commercio, e certi enti pubblici in qualche modo coinvolti nel settore turistico. E tutto questo “nonostante” l’EU provi a spingere ripetutamente, ogni sette anni, destinando robusti finanziamenti (e a fondo perduto fino al 75%) che vengono sistematicamente perduti e/o dirottati da Stato e Regione Sardegna. Si vedano i dati degli ultimi quindici anni. Mi fermo qui. Saluti.