I pampini galluresi son verdi, in questi giorni, ebbri di vermentino venturo.
Si va nei campi con animo mistico, ci si nutre di odori e fatiche, si osserva, si ascolta.
In questo clima di estasi e attesa, può capitare che passi per i campi un’auto con altoparlante che annuncia la vendita di varechina o l’affilatura dei coltelli o il ritiro delle ultime superstiti reti in metallo messe a mo’ di recinzione o di cimeli del tempo antico.
Oppure può capitare un vicino, un confinante, un lacanarzo, un condomino dell’agro, che improvvidamente rompa l’incanto.
Oppure può capitare e capita una disgrazia: avere come vicino un fascista, per di più incaricato di alto ruolo regionale, fasciato di vesti e d’onore, ripieno d’orgoglio e di sé.
Non un fascista fosco e torvo, solitario e intimamente vendicativo, ma socialmente innocuo.
No, il guaio è che questo è un fascista che vuol riempire di sé la terra, il mare e il cielo. Vuole che si sappia sempre nell’orbe terracqueo quando lui o qualche suo congiunto si trovano in campagna. E dunque che cosa fa?
Ogni volta che va in vigna, accende ad altissimo volume un radione e diffonde Faccetta nera (qui si può scaricare l’audio) e così tutto deturpa, tutto dipinge di rosso sangue.
Questo signore vuole forse esibire la propria impudenza perché la ritiene protetta dal potere? Sarebbe un atteggiamento tipicamente fascista, un protervo esibizionismo sociale, lo stesso che i caustici sassaresi rappresentano con l’espressione lu porcu in giubba, cioè la sguaiata impudenza tenuta insieme a fatica dalla presentabilità dell’abito.
Questo esibizionista ingiubbato non sa che ci sono state persone schiaffeggiate in pubblico, in Gallura – non a Roma o a Milano, in Gallura – perché sorprese senza camicia nera o per non aver vestito da balilla il proprio figlio.
Ci sono state persone che sono state ridotte in miseria, perché antifasciste.
Ci sono state persone, in Gallura, che hanno visto morire le mogli di stenti e di malattie lontane da casa perché costrette a lasciare il paese d’origine dalle camicie nere, coraggiose sempre con la polizia e i carabinieri al fianco o con i tedeschi dietro le spalle, e invece vigliaccamente paurose se sorprese da sole.
Questo incrocio di pavonismo mongolfierato che ammorba le campagne tra Logudoro e Gallura, non sa che ci sono stati bambini educati dai parenti a non dimenticare, ai quali ancora oggi, che sono uomini fatti, solo sentire Faccetta Nera fa bollire il sangue di ricordi mai sopiti, del pianto dei nonni che ricordavano la miseria, la fame e le umiliazioni pubbliche.
Questi insaccati in cravatta non hanno letto niente della strage degli ebrei, non sanno nulla della persecuzione dei professori cacciati dalle cattedre perché di razza ebraica, non sanno delle famiglie estinte nei campi di sterminio nazisti, non hanno mai visitato i musei e i luoghi della Shoah. Questi deietti ingiuntati non diffonderebbero nell’aere Faccetta Nera se avessero come vicini gli agenti del Mossad.
Questi varechinari della peggiore esperienza politica della storia italiana, questi impuniti devastatori della memoria che ogni volta che vanno a muovere due passi in campagna, ammorbano la Natura e la cultura di marcette invereconde, provocando l’ira dei vicini e un vasto e diffuso movimento degli ospiti scrotali anche dei più pacifici vignaioli del luogo, queste architetture deformi della storia devono sapere che prima o poi andrà in campagna, da loro, anche un ragazzaccio cresciuto che conosce a memoria le vicende dei suoi parenti, e sarà la volta del calcio in culo che mai hanno preso, perché diversamente non sarebbero così stupidi e ignobili.
Triste. Molti che si erano confusi nella massa dopo la guerra ora sollevano il capo.
La memoria li terrà sotto controllo.
Rispondere a faccetta nera con È arrivata la buferaaa?
glifosate
Ma chi aguantet sa “giubba”, custu cristianu, si cristianu si pessat, e tenzat prus pagu it’e cundivídere cun ‘ratzas’ porchinas de “menefrego” e “vinceremo”!