Sardegna Quando ero assessore (2014-2017), favorii l’incontro tra Gilles Simeoni, presidente della Regione Corsa e il mio presidente di allora, Francesco Pigliaru. Gilles venne in Sardegna e firmò con Pigliaru la storica Dichiarazione di intenti che finalmente diede una cornice istituzionale ai rapporti tra le due isole.
Seguirono tanti eventi importanti: l’incontro tra i presidenti della Sardegna, della Corsica e delle Baleari, il coordinamento delle isole del Mediterraneo in sede europea e, infine, il 7 giugno 2022, la risoluzione del Parlamento europeo sull’insularità (non applicata da diversi uffici dell’UE). Ma soprattutto, seguì la positiva contaminazione di larghi settori della politica sarda con i valori e le idee (che sono cose diverse, i primi ispirano la struttura delle seconde, chi non possiede i primi, ha le seconde confuse o feroci e confonde il realismo col cinismo) di quello che io chiamai allora l’indipendentismo democratico, cioè la posizione politica di chi va oltre l’autonomismo, perché dichiara che la questione sarda è una questione di poteri, non una questione di ritardi da gestire localmente, ma lo fa affermando di voler stare dentro il perimetro delle leggi dello Stato, senza ambizioni né pratiche eversive (questo i membri dei Servizi che ci seguivano non lo capivano), accettando e difendendo le regole democratiche. Tutta la Giunta Pigliaru (in particolare Raffaele Paci, che trattò sulle Entrate, e Massimo Deiana che combatté sulla continuità territoriale) finì il suo mandato con una maggiore consapevolezza della radice politica della questione sarda. Il prestigio acquisito da queste posizioni impensierì il Pd; non a caso le elezioni del 2019 videro il centrosinistra capeggiato da una rivolta contro i nostri temi: Massimo Zedda si candidò con alle spalle il più bieco documento del Pd sull’inesistenza della Nazione Sarda, con una regressione dell’autonomismo a prima di Pietrino Soddu (che è tutto dire!). Ne è seguita la legislatura buia del centrosinistra negoziante con Solinas, la legislatura dei favorini milionari e della perdita dei valori, culminata nella resa ai Cinquestelle. Senza valori, solo calcoli.
Corsica Gilles Simeoni è un uomo politico importante, ma è anche un progetto politico. Quando lo conobbi, mi sentii un po’ respinto, forse frainteso con un rompiscatole ideologico. E, francamente, non me ne importò nulla. Il mio obiettivo era che lui legasse con Pigliaru, non con me. Non sapevo di vivere ciò che lui aveva già vissuto. Erano i mesi nei quali mi sentivo osservato ingiustamente da Servizi segreti e da Guardia di Finanza (per non parlare del carabiniere che fingeva di venire in assessorato per far visita a un amico), vivevo assediato, ero scostante, stavo male, come stanno tutti quelli che sentono la macchina dello Stato stringerglisi addosso. Gilles Simeoni sa perfettamente a livelli ben più alti cosa è l’ostilità dello Stato. È un avvocato e come tale ha difeso colui che fu accusato dell’omicidio politico, avvenuto nel 1998, del prefetto Érignac. Quella ferita sanguina ancora nei rapporti tra la Francia e la Corsica. È figlio di Edmond Simeoni, padre dell’autonomismo corso, non violento, ma capace di occupare manu militari una cantina di un imprenditore che stava truffando i Corsi. Chirac fece assaltare la cantina dall’esercito. I Simeoni conoscono e temono lo Stato francese, sanno come negoziarvi. I Simeoni, e Gilles in particolare, sanno che la tessera mancante nel puzzle corso è l’unità politica della Corsica.
Nel 2015 Gilles si candidò alle regionali con la sua lista e arrivò secondo al primo turno. Per il secondo turno si alleò con il rivale politico Guidu Talamoni e insieme, al secondo turno, vinsero le elezioni. L’uno ha fatto il presidente della Giunta e l’altro del Consiglio. Da quel momento in poi, l’alleanza corsa ha sempre vinto, vuoi al primo, vuoi al secondo turno, contro gli schieramenti politici nazionali francesi. Questo è il modello.
Il nostro orizzonte Noi in Sardegna non abbiamo il doppio turno, ma questa volta siamo riusciti con Soru a accreditare definitivamente presso l’elettorato sardo che la scelta non è tra due, ma tra tre, con Todde e Truzzu indiziati di essere candidati imposti a tavolino, non per merito, ma per calcolo. Come le forze corse si unirono solo dopo il primo turno del 2015, così pressoché tutte le esperienze del post-autonomismo e dell’indipendentismo sardo si sono unite nell’alleanza di Soru, dopo la rottura della sinistra sarda, la quale, a ben rifletterci, è maturata su un tema tipico dell’autogoverno: chi decide per noi? La sinistra democratica ha rotto con la sinistra politica (cioè di potere) sul tema delle modalità della scelta del candidato presidente, un tema tipicamente post-autonomista. Il profilo sicuramente non localistico di Soru (è, ad oggi, il sardo più internazionalizzato che ci sia) ha poi fatto sì che la proposta della coalizione sarda perdesse i connotati del folclorismo ribellista provinciale e assumesse quelli della proposta di governo. Qui si è verificato l’incontro anche con i partiti nazionali italiani che, nella loro articolazione sarda, hanno intravisto nella proposta più spazi di libertà e di giustizia sociale di quelli rappresentati dai due poli canonici della politica italiana. Ciò che irrita molti è che la coalizione sia nata su basi programmatiche e non ideologiche, cioè che abbia lasciato sullo sfondo le identità dei partiti e la pretesa di universalizzarle, e abbia invece prodotto un accordo sulle cose da fare piuttosto che sui presupposti per farle. Questo ha consentito a persone e soggetti diversi di unirsi. Stessa strada seguita dai Corsi.
Mi si contesta il lungo periodo di scontri con Soru e l’armonia attuale.
Che giri fanno due vite, dice una sdolcinata canzone, ma è così: si esplora il mondo e poi si scopre che c’è più di una cosa da fare insieme. È successo molte volte nella storia ed ha sempre dato risultati positivi.
Il nostro orizzonte è lo stesso dei Corsi: creare e far vincere l’unità politica dei sardi in forma distinta e concorrente con quella dei poli italiani. Se si vincerà in Sardegna, la questione meridionale italiana diventerà nuovamente questione politica e il federalismo solidale, l’Europa dei popoli e non degli Stati, torneranno ad essere contenuti attuali. Navighiamo con certezza di rotta.
@ Jerome Quando si scrivono cose così gravi e non si vuole sembrare o essere dei vigliacchi da tastiera, si dovrebbe firmare col proprio nome e cognome e indicare con nome e cognome chi sarebbero gli ignobili. Che brutta cosa il rancore!
Qualche giorno fa ero entusiasta…
Oggi 23 gennaio ho visto le liste…
Avete imbarcato alcune persone ignobili. Con una semplice ricerca Google avreste potuto evitare.
… Pazienza
Tra le tante definizioni di scienza, la mia preferita è quella che la definisce come “l’arte di porsi le domande giuste prima che quella di trovare risposte”. Nella vostra comunicazione che accompagna questo progetto trovo tanta di questa arte. Tante domande giuste, poche soluzioni e semplificazioni, tanta riflessione. Un modo di comunicare che ci rispetta come individui pensanti. Non ci considera tifosi urlanti, già schierati per principio.
Nel panorama asfittico della politica isolana è tanta aria fresca, aria buona.
Leggendo alcuni commenti, condivido il timore per i numeri – un solo voto in più o in meno è e sarà determinante – ma ho fiducia che il candidato Renato Soru riuscirà ad aprire occhi e scaldare cuori. Gli altri avranno bisogno dei soliti gregari nazionali che dovranno tirare la volata, come fece Salvini nella precedente campagna. È una sfida importante. E per vincere in queste sfide, innanzitutto non bisogna aver paura di perdere.
Ora che la Destra si presenta unita, come temuto ma risaputo dalla sua storia, vincere sarà un vero miracolo, come per la promozione del Cagliari l’anno scorso.
In ogni caso, comunque vada, io voto Soru, non certo la Todde. Tanto se vincerà Truzzu, cosa potrà fare di peggio rispetto a Solinas? Sopravviveremo anche a lui, ma spero che sarà l’occasione per liberarci della pseudo sinistra inconcludente che pensa di dare lezioni a tutti.
La gente non vuole sentirsi fare la lezione. A quel punto uno vota certi Truzzu anche con rabbia, in disprezzo a chi è addirittura peggio di questa destra
Prof., questo mi rincuora. A sostegno di questi dati, Capellacci l’altro giorno ha detto che la sfida sarà tra Truzzu e Soru (non capivo se lo avesse detto seriamente, ma il suo post lo conferma). .A questo punto la differenza la faranno i prossimi 30 gg di campagna elettorale. Inoltre se così fosse la mossa dei progressisti diventa sbagliata tatticamente e anche nella sostanza.
Aspetto di vedere lunedì le liste.
Grazie ancora
Giuseppe
@ Giuseppe Io, per non sbagliare, il sondaggio me lo sono fatto fare e me lo sono pagato. I dati sono assolutamente diversi da quelli che smerciano Truzzu e Todde che sono simmetrici: quelli della Todde la danno al 40%. La realtà è che Truzzu e Soru sono appaiati all’interno dell’intervallo di confidenza con valori mediani tra il 30 e il 40%; la Todde è dietro. C’è una percentuale di voto disgiunto su Soru che i sondaggisti stentano a stimare. Si registra un sensibile arretramento di Pd, Cinquestelle, Lega e Psd’az. Fratelli d’Italia è sotto il 20%. Le liste di Soru, ad ora, senza i candidati in campo sono tra il 25 e il 28, con Progetto Sardegna a valori veramente notevoli. Tra le liste di Soru e il voto al Presidente c’è un divario notevole, proprio per il voto disgiunto.
Percorso corretto e di sostanza. Concordo pienamente su un punto dei precedenti post, ossia il negoziato, Soru è senza dubbio il miglior negoziatore che la Sardegna possa avere, perché lo sa fare e perché non ha interessi personali e non è influenzabile rispetto alla propria carriera, cosa che non vale assolutamente per gli altri due candidati. Mi permetta di scriverlo, il secondo miglior negoziatore è senza dubbio Lei (per cui immagino l’assessorato ai trasporti, dove le trattative fanno la differenza più di ogni altro assessorato per complessità della materia e gli attori in gioco, so che a lei non interessa ma è una mia visone). Il punto adesso è come si può vincere? Operazione quasi impossibile, mi corregga se sbaglio dai sondaggi che ho visto Truzzu è dato tra il 40 e 45%, Todde tra il 25-30%, Soru 20-25%. Unica carta per fare il miracolo sono le liste. Sappiamo tutti che sarà il Presidente a tirare le liste, ma le liste (con persone autorevoli sul territorio) possono convincere chi non vuole votare a farlo. L’ esempio di Nuoro in questo senso è perfetto con Soddu e gli altri candidati la lista di Soru arriverà prima, coinvolgendo gente che altrimenti non avrebbe votato. Mi dicono che le liste di Soru sono buone, ma serve uno sforzo doppio per recuperare e tutti devono metterci la faccia.
Ps solo curiosità, Lei sarà candidato? Magari a Oristano dove la lista (dopo Olbia) mi sembra la più debole.
Mi scusi per il lungo post ma non voglio arrendermi a una sconfitta quasi certa.
Giuseppe
Bravo Professore
Sono queste le cose che vogliamo leggere nel suo blog
Finzas a binci, sempri
Bene meda
” Navighiamo con certezza di rotta”.
Questo è quello che conta, il porto arriverà.
Custu oe est FORTZA PARIS!
S’àteru est divisionismu irbentiadu, iscioloriau, de o pro afariedhos de segamigasu a dipèndhere, pistamentu de abba, abbitùdine a insìstere corpendhe sa conca a su muru sos chi l’ant sempre corpada cun dannu. Genti iscallada e iscallamentu.
Fortza paris cun sa Coalitzione Sarda!