di Paolo Maninchedda
Ieri, nel corso della riunione della Giunta regionale, ho sollecitato il Presidente Pigliaru a chiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, qualora intenda procedere alla dichiarazione di pubblica utilità finalizzata all’esproprio dei terreni del signor Giovanni Cualbu in agro di Decimoputzu, per la realizzazione di un impianto proposto dalla società Flumini Mannu Ltd, di partecipare al Consiglio dei Ministri convocato per questo scopo, ai sensi del 2 comma dell’art.47 dello Statuto della Sardegna, in modo da rappresentare l’assoluta contrarietà della Giunta regionale al progetto, come puntualmente rilevato in tutte le fasi dell’istruttoria di competenza regionale.
Il comma dello Statuto cui ho fatto riferimento recita:
«Egli [il Presidente della Regione] interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione».
Ciò che deve essere chiaro, infatti, è che la vicenda del signor Cualbu non è una vicenda privata, ma per i sardi è una questione nazionale che riguarda uno dei diritti fondamentali: il diritto alla proprietà individuale. Ma c’è di più.
C’è lo scontro tra la Sardegna e l’Italia.
Il modello di confronto tra la Regione e lo Stato italiano è stato gestito dal Governo italiano in questa circostanza secondo una logica pericolosissima per i Sardi.
In buona sostanza lo schema seguito è questo. Il signor Tizio presenta un progetto per un campo di pannelli solari di dimensione tale per cui il processo autorizzatorio è in capo totalmente alla Regione. La Regione dice no. Che fa il signor Tizio? Il signor Tizio aumenta le dimensioni dell’intervento in modo da incardinare il processo autorizzatorio sulle strutture centrali dello Stato italiano, i Ministeri e la struttura del VIA Nazionale. Il progetto del signor Tizio supera la valutazione di impatto ambientale. Non basta. Il Consiglio dei Ministri può dichiarare di rilevanza strategica nazionale il progetto del signor Tizio e quindi lo Stato procederebbe a espropriare i terreni su cui dovrebbe sorgere il campo di pannelli solari del signor Tizio.
Se il modello venisse generalizzato, nessuna proprietà privata in Sardegna sarebbe al sicuro dai progetti di espansione di grandi e piccole imprese di qualsivoglia settore produttivo, purché strategico per l’Italia. Non si tratta di fare un ponte, una strada, una fogna, una diga, per cui gli espropri hanno un’evidente motivazione di interesse pubblico, qui si ha lo Stato Italiano che rende pubblico un banale interesse privato e lo fa prevalere sul diritto alla proprietà.
Per di più l’interesse nazionale per l’impianto dell’azienda proponente è solo un interesse italiano, perché i sardi sono già in surplus di produzione da rinnovabili, hanno modificato il proprio Piano energetico e viaggiano verso le isole energetiche.
Questo è un caso di scuola da rivolta istituzionale, da rivolta che genera uno Stato.
Ma il primo atto è contrapporre nella sede del Consiglio dei Ministri l’interesse dei Sardi alle strategie di una parte del Governo che sin dal 2014 ha un interesse smodato e volgare per il solare in Sardegna.
Il presidente Pigliaru ha dato mandato al Direttore generale della presdienza di verificare l’istruttoria per inoltrare la richiesta al Capo del Governo Matteo Renzi.
Comments on “L’Italia minaccia la proprietà privata dei sardi”
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In risposta al Prof. Vacca, ma non è stato pubblicato sul sito.
“Salve Prof. Vacca, non pensavo che una mia semplice considerazione potesse portare a un suo intervento, ma sono ben disposto a risponderle. Le considerazioni del Prof. Mura si basano su presupposti che non sono qui per confutare, ma da libero professionista che opera sul territorio della Sardegna da molti anni, posso dire che un impianto con gli attuali incentivi per le rinnovabili, non trova finanziatori se non ha una resa economica. Gli incentivi vengono erogati sull’energia prodotta e non su quella producibile, quindi se non si produce abbastanza energia, non si riceve abbastanza denaro da poter mantenere l’investimento. L’impianto avrà del personale che lo deve gestire, viste le dimensioni ci saranno almeno 40-50 tecnici che ci lavoreranno, oltre alle ditte di manutenzione che dovranno tenere attivo l’impianto. Tuti questi andranno pagati!
Le banche verificheranno con propri consulenti il business plan della società e decideranno se l’investimento è reddittizio oppure no. Se le affermazioni di Prof. Mura sono fondate, saranno le banche a negare il finanziamento e nonostante l’autorizzazione, l’impianto non si potrà realizzare. Non entro nel merito sulle cosiderazioni del precedente Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, se non per dire che un ragionamento simile andrebbe fatto a posteriori, se ci sono gli elementi sarà la procura ad indagare, oppure è in corso una indagine su questa società? Per quanto riguarda il mio nome, preferisco l’anonimato per non essere trascinato nel vostro tritacarne, non posso permettermelo non essendo dipendente pubblico come lei. Cordialmente, un ingegnere sardo.”
Aggiungo sul discorso di “fare gli impianti dove servono ai cittadini”, che le energie rinnovabili stanno rivoluzionando il modo in cui produciamo energia e stanno aprendo la strada ad un futuro senza fonti fossili. Nell’attuale sistema di distribuzione di energia elettrica, l’energia che noi consumiamo proviene non solo dalla Sardegna, ma anche dal continente. La nostra si porta dietro un pesante fardello di emissioni di CO2 oltre che di polveri sottili ed altri inquinanti. Serve ai cittadini produrre con le centrali a Carbone e Olio combustibile? E’ questo il patrimonio che vogliamo lasciare ai nostri figli?
Egregio Ing.Rinnovabili,
anche se Lei usa l’anonimato, una risposta alle sue osservazioni può trovarla qui:
http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/11522.
Egregio “Ing. Rinnovabili” – a proposito quale è il suo nome? – cerco di rispondere in modo articolato ai suoi quesiti sul Redazionale comparso il 4 settembre su Sardegna Soprattutto, concernente le energie rinnovabili di cui si è trattato sabato 3 settembre a Gonnosfanadiga in un’affollatissima assemblea.
Come tutti i presenti ho sentito l’intervento del Prof. Paolo Giuseppe Mura, già Ordinario di Fisica Tecnica all’Università di Cagliari. Le è sfuggito l’aspetto fondamentale di quell’intervento in cui si affermava che il miglior rendimento degli impianti proposti dalle Società si ha quando sono localizzati sulla geodetica terrestre o in prossimità di essa. Per cui l’ubicazione ai paralleli di Gonnosfanadiga e di Decimoputzu consente rendimenti decisamente inferiori, calcolati nell’ordine del 10%. Questo è quanto deriva dagli studi del prof. Mura, peraltro trattati in riviste internazionali.
La sua affermazione inoltre sul ruolo delle banche quali garanti della validità scientifica e tecnologica dei progetti richiede qualche riflessione.Cominciamo dalla validità scientifica del progetto. Come specialista e tecnico, ho in prima persona approfondito tali relazioni e confutato, con una serie di documenti inviati ai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali e all’Amministrazione Regionale della Sardegna, le tesi sostenute dai tecnici che hanno redatto le diverse sezioni del progetto riguardo alla marginalità (concetto economico) delle Terre sulle quali si pretende di localizzare gli impianti. Considerandoli, con l’uso di termini inappropriati e spesso incongruenti con l’argomento, “di bassa qualità e inadatti alle coltivazioni”.
Non solo, nelle diverse relazioni si parla di “processi degradativi in atto” senza specificare di quali processi si tratti, ovvero senza specificarne origine, grado, intensità. Questo, per voler esprimere in poche battute l’inconsistenza scientifica e tecnica delle specifiche relazioni del Progetto. Se vorrà approfondire, ancorché sinteticamente, l’argomento, potrà trovare su Sardegna Soprattutto una serie di miei interventi.
Nelle Relazioni del Progetto vengono magnificate, viceversa, le virtù taumaturgiche degli impianti, capaci – a loro dire – di “realizzare percorsi di resilienza” rispetto a condizioni edafiche squilibrate. Egregio Ing. Rinnovabili, il valore delle Relazioni riguardanti l’aspetto fondamentale del contesto ambientale, il suolo – che non varrebbe nulla – mutatis mutandis, è il valore delle altre Relazioni.
Riguardo al rapporto con il mondo bancario, le sono probabilmente sfuggite le affermazioni pubbliche, riportate dagli organi di stampa e da tutti i media locali, del precedente Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari. Nel corso di riunioni pubbliche e di convegni – tra cui le segnalo quelli organizzati dal FAI Sardegna – il Procuratore Capo ha riferito delle infiltrazioni della criminalità organizzata, sostenuta finanziariamente da istituti di credito offshore, le Offshore Banks, nel campo delle energie rinnovabili in Sardegna.
Per cui, il sillogismo nelle sue affermazioni “le banche finanziano un progetto solo se l’impianto è posto in una località tale da poter produrre abbastanza energia da rientrare dell’investimento in tempi accettabili”, e anche, “se Prof. Mura ha ragione, saranno le banche a non finanziare il progetto” non regge. Banche offshore hanno già finanziato anche in Sardegna impianti di rinnovabili!
Una chiosa. Nell’Unione Sarda di martedì 6 settembre, pag. 8, “Così ho salvato i miei terreni”. Marras: “li avevo venduti ai signori del sole, poi li ho ripresi”. Intervista all’imprenditore agricolo Tore Marras; l’imprenditore “Società poco seria, avevo firmato nel 2012, mai visto un euro”. Inoltre, in un inserto: Agris e Laore non condividono il progetto. “Nessuna condivisione del progetto per la concentrazione solare nelle campagne di Decimoputzu e Gonnosfanadiga da parte delle agenzie Agris e Laore. Con una comunicazione inviata all’architetto Luciano Virdis, amministratore della Fluminimannu Ltd, lo precisano i direttori delle due agenzie, invitando Virdis a non utilizzare il nome delle stesse agenzie per la promozione dell’iniziativa”.
Credo che questo, come altri comportamenti sgangherati del rappresentante delle Società Fluminimannu e Gonnosfanadiga, renda ancor meno credibile il sillogismo proposto dall’”Ing. Rinnovabili”.
A proposito quale è il suo nome?
SERGIO VACCA
Geologo. Già Docente di Pedologia Università di Sassari. Componente del “Gruppo dei Saggi del FAI Sardegna” per le problematiche relative al suolo.
Confermo che un problema ben più grosso è la variazione proposta su alcuni articoli della COSTITUZIONE. In uno in particolare, è chiarito che verranno tolti alcuni poteri alle regioni per essere esercitati in maniera del tutto diretta dallo Stato, senza meglio specificare i passaggi tecnici, come a dire “a fantasia del momento”. Tali poteri riguardano gli aspetti del trasporto, distribuzione, produzione di energia.
Quindi, per farla breve, dopo aver chiuso le province, si cerca di depotenziare le autonomie regionali, soprattutto in termini di gestione del territorio. Si tappa definitivamente la bocca al senato e la Camera di eletti con tanto di bonus di maggioranza, potrà fare in qualunque regione d’Italia, quello che gli passerà per la testa, senza ostacoli giuridico legali di sorta. L’esproprio per “futili motivi” delle terre dei privati, una sorta di legge delle chiudende energetiche, che si vuole sperimentare in Sardegna, fa tornare alla mente passaggi di Orwelliana memoria.
Vorrei consolare “Ing. Rinnovabili” qui non si tratta di demonizzare le rinnovabili, ma di far fare i progetti dove servono ai cittadini. Non c’è nulla di necessario negli impianti citati che non si possa fare nelle aree industriali dismesse e/o inquinate e in Sardegna ne abbiamo parecchie e ciò per ospitare anche impianti di dimensioni triple rispetto a quelli proposti. Fate tutto quello che volete, ma fatelo dove serve e prendete gli incentivi da chi produce bruciando non rinnovabili.
Detto ciò, esiste una terza via: incentivare con nuovi modelli l’isolamento degli edifici, prima vera fonte di finanziamento ai progetti speculativi. Si facciano norme più efficaci, si incentivino massicciamente a livello regionale, ove possibile, i cappotti isolanti e gli interventi di riqualificazione energetica, soprattutto nei comuni, laddove la spesa in energia elettrica è IMBARAZZANTE.
Si classifichi subito con auditing tecnico l’intero patrimonio di regione, province e comuni e poi si valuti il da farsi per interrompere questo spreco che di rimando è anche fonte di inquinamento. Se rendiamo i cittadini energeticamente indipendenti, abbassando la necessità d’uso per riscaldamento e raffrescamento, l’incidenza dei fondi alle rinnovabili, per singola bolletta, sarà molto più bassa e automaticamente comporterà un ripensamento in capo a chi, ancora oggi, pretende di imporre ad altri un modello d’affari che già in varie circostanze ha portato a sequestro di impianti perché non conformi alle dichiarazioni iniziali.
Non entro nel merito delle sue valutazioni politiche, visto che non mi occupo di politica, ma sono stanco di veder demonizzare le energie rinnovabili con affermazioni tecnicamente scorrette. La Sardegna ha complessivamente un surplus energetico, che non le impedisce però in alcune ore della giornata di attingere attraverso al SAPEI alla produzione energetica continentale. Attribuire il surplus di energia alle fonti rinnovabili non ha alcun riscontro tecnico oggettivo. Riportando i dati del PEARS (Fig. 8.23
.Distribuzione per fonte energetica della produzione di energia elettrica in Sardegna nel 2011,2012 e 2013.Fonti:
Elaborazioni RAS su base dati Terna, GSE, Rapporti Ambientali,Gestori Impianti): 36% CARBONE, 35% PETROLIO E DERIVATI, 13% EOLICO, 6% FOTOVOLTAICO, 6% BIOMASSE, 4% IDROELETTRICO. In tutto Eolico e Fotovoltaico rappresentano il 19% della produzione. Se abbiamo un surplus energetico andrebbe ripartito su chi produce inquinando: Carbone e Petrolio. Le isole energetiche si basano sul METANO, fonte non rinnovabile, che emette durante la sua combustione gas serra.
È proprio per superare questo tipo di problematiche che lo Stato italiano si appresta ad introdurre il cavallo di troia della clausola di “supremazia nazionale” attraverso la riforma del Titolo V, che sarà sottoposta nel prossimo referendum. Ma, cosa aspetta la politica regionale a spiegare ai cittadini la pericolosità di questo provvedimento? Con questa modifica i casi come quelli del Sig. Cualbu si moltiplicheranno, senza che le istituzioni intermedie si possano opporre ad uno stato centralista e prevaricatore.
http://www.federalismi.it/document/31052016134537.pdf
Vorrei fare un piccolo ragionamento su ipotesi:
Supponiamo che il piano di questo gruppo imprenditoriale vada avanti.Quindi grazie allo Stato si espropriano i terreni e si fa l’impianto. E’ stato chiesto all’imprenditore quale sia la ricaduta occupazionale nella zona: (intendo ragazzi assunti stabilmente con contratto a tempo indeterminato e CCNl).
Chiedo questo solo per ricordare che abbiamo già molti casi di aiuti di Stato (a volte mascherati da pubbliche utilità o rilevanze strategiche energetiche) dati a pseudo imprenditori.
Questi alcune mirabili volte hanno restituito cassa integrazione, disoccupazione, devastazione di siti industriali, ricatti alla popolazione più o meno velati e così via…
Ora la questione della rilevanza strategica nazionale potrebbe essere usata anche per dichiarare siti industriali fermi da anni per logiche di mercato e quindi sempre per rilevanza strategica si dovrebbe obbligare gli imprenditori al riavvio degli impianti o alla loro cessione ad altri gruppi intenzionati (Vedi Alcoa, Euroallumina, Ottana Polimeri… ecc.).
Iniziamo ad usare l’interesse nazionale sempre… cioè quando veramente interessa alla nazione o parte della sua popolazione non il singolo.
Saluti!
I Governi della Sardegna avrebbero dovuto fare la voce grossa già da quando fu data l’AIA a Sarlux, Fluorsid, Syndial. Peraltro ora sarà tutto più semplice per gli italiani… anche portare e stoccare definitivamente le scorie nucleari in Sardegna. (Modifica al TITOLO V della Costituzione italiana: Sono riportate in capo allo Stato alcune competenze come energia, infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto. Su proposta del governo, la Camera potrà approvare leggi nei campi di competenza delle Regioni, “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”).
Anche le dittature hanno una fine, zio Vico ci ha spiegato la sua teoria.
Buon lavoro