di Paolo Maninchedda
Ieri ero invitato (io pensavo per un saluto, loro avevano scritto per una tavola rotonda, ma ha vinto mia moglie, quindi un saluto) al convegno della Cna sulle infrastrutture.
Adesso vi descrivo come funziona il tritacarne dell’informazione in questi casi.
Il convegno era alle ore 10. Le televisioni vanno in onda alle 12. Ne consegue che le interviste si devono fare prima del convegno, e così è stato. Io ho rifiutato di farmi intervistare perché mi infastidisce trovarmi un microfono sotto il naso e dover parlare sulle opinioni altrui (in questo caso la Cna) prima di averle ascoltate. Lo schema che mi innervosisce è proprio quello di fare il dichiarante: frase a effetto, ben costruita, rapida, viso sorridente anche se sei giustamente preoccupato, sguardo solare che comunichi che sei un cittadino della comunità del Mulino Bianco. Per la proprietà transitiva, essendo il Mulino Bianco una balla gigantesca, sono balle anche tutte le dichiarazioni di rassicurante felicità che si danno in nome e per conto dell’estetica del Mulino Bianco. Viceversa, la dichiarazione di opposizione si fa con faccia funerea, prossima all’indignazione, annunciando l’imminente arrivo di un’onda alta 50 metri la cui colpa è sempre di qualcuno ma non propria. Il titolo andrà all’onda, mitigata dalla dichiarazione del Mulino Bianco: gli psichiatri ringraziano.
Tutto ciò premesso, ho atteso nell’anticamera, lontano dal Mulino Bianco e dallo Tsunami, l’inizio del Convegno, mentre il mondo faceva dichiarazioni di fuoco ognuno per conto proprio, senza confronto, senza verifica, tutti presi dall’ossessione di entrare nella scatola magica che a me, invece, sta potentemente sulla punta del naso. Lo dico perché soprattutto i giovani devono avere chiaro il processo di distorsiva semplificazione cui le nostre tv sottopongono la realtà: la tv non è ossessionata dalla verità, ma dal tempo e dall’impatto emotivo.
I migliori registi di un tg sono gli aiuto-registi dei film horror.
Comunque, inizia il convegno: una sola televisione presente e, per quel che ho visto io, il giornalista dell’Unione. Risultato: oggi i giornali raccontano il rapporto della Cna come se il convegno non ci sia stato, come se non ci siano stati gli interventi di Paci, di Deiana, di Scanu e il mio.
Guarda un po’, io ho fatto alcune precisazioni sul merito e sul metodo del Rapporto, cioè ne ho discusso, non me lo sono bevuto come vangelo. Uno studio non è la verità, ma una verità. Ogni studio ha dietro un’ideologia (e quella di questo studio Cna è vagamente leghista, fondata com’è sull’idea che a giustificare un’infrastruttura debbano intervenire il Pil e il gettito fiscale prodotto in una determinata area). Sul merito ho fatto rilevare che il Rapporto si occupa del quindicennio che si conclude nel 2014, quindi riguarda marginalmente il lavoro di questa Giunta. Inoltre fa un gran pasticcio confondendo il costo delle infrastrutture con l’investimento per infrastrutture. Non è assolutamente vero che le infrastrutture in Sardegna costano di più. È vero che, in rapporto alla popolazione, in Sardegna si è investito più che altrove e avrei voluto vedere che accadesse il contrario, posto che lo stesso Rapporto scrive che la Sardegna ha un’infrastrutturazione pari alla metà della media nazionale italiana.
Il Rapporto si beve con esca, lenza e canna, l’elenco del ministero delle infrastrutture sulle incompiute, ampiamente noto, ma non dice che la gran parte delle opere sono dei Comuni, bloccati come nessun altro dal Patto di stabilità; come pure dal Patto e dai minori trasferimenti è stato bloccato l’Enas, l’ente regionale presente nell’elenco.
Il Rapporto non lega il valore degli stanziamenti con la natura delle opere (dighe, strade ecc.); non considera l’orografia; cita la densità di popolazione ma non la declina nella ponderazione dei valori. È un Rapporto che utilizza i dati dell’Istituto Tagliacarne, dà qualche indicazione utile, ma da qui a farne la bibbia delle politiche infrastrutturali ce ne passa. Non sa quasi nulla della competizione per le risorse nel biennio 2014-2015, cui invece è stato dedicato spazio nel dibattito scaturito dal mio intervento (poi sono andato via, per la prevalenza della moglie); non dedica specifiche attenzioni alle politiche messe in campo da questa Giunta ed è quindi un Rapporto sul passato; non riesce a legare la valutazione sui ritardi nella realizzazione delle opere con l’articolazione dei poteri che intervengono come stazioni appaltanti (mentre dedica un cenno ai contenziosi legali).
Ne è venuto fuori un bel quadretto: l’intervento del Presidente della CNA tutto ben giocato in chiave meridionalista e solidarista, largamente condivisibile, e il Rapporto tutto strutturato in chiave leghista-romano-centrica, funzionale a dire e scrivere che la Sardegna spende male e prende troppo, perché in fin dei conti dovrebbe prendere proporzionalmente a quanto produce, diversamente da quanto è accaduto in tutto il mondo quando si è intervenuti a colmare gap infrastrutturali. A chi giova? Ovviamente a quelli con cui mi prendo a testate a Roma, che vogliono centralizzare le decisioni e le risorse. Rimango dell’idea che ho ripetuto ieri a chiare lettere: dobbiamo fare da soli noi sardi; nessuno provvederà mai a noi come noi siamo capaci di provvedere a noi stessi. Smettiamola di chiedere soldi; pretendiamo libertà e mani libere (cioè poteri) e poi vediamo se riusciamo o non riusciamo a fare bene le nostre infrastrutture.
Di questo scontro, garbato ma sostanziale, sui giornali c’è poco, nelle televisioni nulla. Perché? Perché in questa Italia sfasciata non si discute, si proclama; il problema non è dire la verità, ma da un lato rassicurare (laddove non c’è da stare tranquilli manco per nulla) e dall’altra accendere gli animi (laddove non serve a nulla fare gli arruffapopolo senza amare il popolo ma con il solo scopo di usarlo). Prosit!
Comment on “L’informazione ai nostri tempi”
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Devo ammettere che provo qualche disagio a dover replicare con questa forma e modalità alla “rappresentazione” che l’assessore Maninchedda offre del convegno organizzato dalla Cna, sabato 12 u.s., e dello studio che abbiamo proposto come tema di confronto con autorevoli esponenti della giunta regionale, tra cui l’Assessore ai lavori pubblichi che ci ha onorato con la sua presenza e di cui apprezziamo capacità e competenza.
Vorrei rassicurare tutti.
All’assessore Maninchedda non è stato teso un agguato.
La formula e il programma dei lavori sono state rappresentate ai relatori prima di ottenerne l’assenso alla partecipazione. Agli stessi è stato inviato anticipatamente e per tempo, come è nostra consuetudine, lo studio e la relazione introduttiva ai lavori.
Non entro nel merito sulle considerazioni riguardanti “lo stato dell’informazione ai nostri tempi”, a cui aggiungerei come elementi di criticità, l’abitudine smodata e alquanto inflazionata di affidare temi complessi, quali quelli proposti sabato, a giudizi sommari, postati su blog, pur rispettabili.
Sabato abbiamo proposto una ricerca di 190 pagine sullo stato delle infrastrutture in Sardegna: la dotazione fisica, gli investimenti, la composizione della spesa pubblica, il costo dell’infrastrutturazione, gli indici di accessibilità territoriale, le opere incompiute, lo stato di attuazione e i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, con riferimento all’ultimo quindicennio.
Le indicazioni che offre lo studio non le abbiamo spacciate come Verità Assolute, nonostante siano il frutto di serie ed accurate metodologie di calcolo e di analisi, che men che mai si prestano ad accuse contro la giunta attuale, com’è evidente (il periodo temporale è precedente): ma come stimolo al confronto e alla riflessione sui processi di spesa e sulle possibili insufficienze nella scelta e nella realizzazione delle opere pubbliche regionali (non solo costi, ma incompiute, tempi di realizzazione, opere inutili, ma non solo).
Quanto alla contestazione sui metodi di ricerca utilizzati, si consideri che il monumentale rapporto prodotto della Banca d’Italia “Le infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione, realizzazione” – ottobre 2010 – 776 pag., sfata anch’esso la vulgata corrente e asserisce che la spesa in infrastrutture nel nostro paese, diversamente da quanto si crede, non è stata mediamente inferiore a quella degli altri paesi europei e, nello specifico, quella del Mezzogiorno non inferiore a quella del Centro nord.
Si noti che tra i parametri utilizzati ricorrono gli indicatori utilizzati dal Cresme e contestati dall’assessore Maninchedda: Pil, demografia, territorio.
Quando Cna commissiona una ricerca non chiede di determinane gli esiti, considerato che non ha cause precostituite da servire.
Guarda alla serietà e all’affidabilità dell’istituto di ricerca; sempre che l’assessore Maninchedda non ritenga che il Cresme, il maggior istituto di ricerca del nostro paese nel settore delle costruzioni, che produce report e documenti su cui discutono la Camera e il Senato della Repubblica, non sia attendibile nell’analisi compiuta in collaborazione con Cna per proporre in Sardegna un confronto con il governo regionale e/o l’assessore ai lavori pubblici.
Nessuna ricerca in chiave leghista dunque e nessuna vicinanza o alleanza con quelle tesi… che non tutti, come noi, possono considerare lontane oggi, come nel recente passato.
La ricerca, tra le altre cose, attesta che su un campione di 200 opere aggiudicate in Sardegna tra il 2000 e il 2015, che rappresentano il 35% del valore di tutte le opere realizzate in regione, è di 4,2 anni il tempo medio per la realizzazione di un’opera pubblica.
Il ritardo medio è di circa 1,2 anni nell’esecuzione dei lavori rispetto ai tempi previsti.
Il Ministero delle infrastrutture, nel rapporto UVER 2014, è più severo.
Su un monitoraggio di 1.700 opere pubbliche realizzate in Sardegna, attesta che si impiegano circa 5,1 anni per completare un’infrastruttura, meno soltanto di quanto stimato in Sicilia, Basilicata, Trentino, Veneto.
Lo studio evidenzia inoltre come negli ultimi 15 anni, la spesa per infrastrutture non è stata inferiore a quella di altre regioni italiane, dato in linea con quanto contenuto nel rapporto della Banca d’Italia richiamato sopra per quanto riguarda meridione e centro Nord.
Fin qui la ricerca.
Il giudizio politico poi, Cna lo ha così sintetizzato e offerto al confronto: “Spesa in linea con il centro nord solo grazie ai fondi europei che hanno sostituito ma non integrato le risorse ordinarie che non esistono più: così il gap è destinato a crescere”.
Abbiamo posto al centro del confronto la necessità di guardare dentro, indentificare e rimuovere le cause e le inefficienze presenti nel processo di realizzazione delle opere pubbliche in Sardegna.
Ma soprattutto, rilanciare un tema tutto politico e sul quale occorre agire (…lo si stà facendo?): il gap infrastrutturale da un lato (che significa metano – energia – ferrovie – trasporti), e dall’altro la grande questione dell’Insularità che debitamente istruita deve essere portata al tavolo dell’Europa per definire modalità, forma e natura dei possibili interventi a correzione di un handicap che non consente a noi sardi l’applicazione di un diritto costituzionale: far viaggiare persone e merci alle medesime condizioni degli altri sistemi territoriali del nostro paese.
Si è sviluppato un confronto interessante a cui l’assessore Maninchedda, per propri impegni personali, non ha potuto partecipare.
Sono rimaste inevase alcune domande che CNA ha posto.
Non la spesa in infrastrutture, ma quella in investimenti e in conto capitale tutta, negli ultimi 15 anni, è stata pesantemente ridotta nel mezzogiorno e in Sardegna. Questo governo ha fin qui assunto indirizzi di politica economica – li abbiamo richiamati – pesantemente lesivi per le economie meridionali e per la Sardegna, senza che si levi alcuna voce di dissenso. Un silenzio assordante! Perché?
È stato presentato dalla Giunta nei mesi scorsi al governo un Dossier sul tema dell’insularità; perché non viene reso pubblico e viene offerta alla pubblica opinione la possibilità di valutare andamento ed esito di partite così straordinariamente importanti?
Nel Documento Pluriennale di Pianificazione che il governo sta discutendo con le regioni e che conterrà la lista e i programmi delle opere strategiche che si realizzeranno nei prossimi anni nel nostro paese, alla Sardegna sarà riservata la beffa di aver ricompresa la sola Sassari-Olbia già finanziata nel 2009 con i nostri soldi (fondi FAS)?
Temi importanti.
Non è una questione di lesa maestà sollevarli e affidarli ad un civile confronto.
Francesco Porcu – segretario regionale CNA