Era il febbraio 2019.
Il signor Carlo Maramarco aveva accettato la candidatura col Partito dei Sardi.
Mal gliene incolse.
Pochi giorni dopo la presentazione delle liste, il presidente della Commissione antimafia dava fiato alle trombe e pubblicava l’elenco degli ‘impresentabili’, cioè di tutti coloro che risultavano candidati pur avendo un procedimento penale pendente. Tra questi, Maramarco.
Il presidente della commissione non elaborò e pubblicò l’elenco per un suo vezzo personale, ma per un obbligo di legge, ed è su questo che bisogna in primo luogo riflettere. L’Italia in materia di giustizia è un Paese che ha molta strada da fare, perché esercita le maggiori tutele a favore dei magistrati piuttosto che dei cittadini. In nome di che? Della necessità di combattere i delinquenti, come se non fosse possibile farlo, come lo si fa in altri Paesi, senza privilegi corporativi, irresponsabilità impunite e, soprattutto, gogne sociali pubbliche. Fatto è che quando si cattura un importante latitante, come è accaduto in questi giorni, l’occasione è ghiotta per dire che il sistema, con i suoi abusi, con le sue crudeltà, con le sue deficienze, va bene così com’è visto che consente la cattura del cattivo.
Ma la realtà è ricca di smentite, e l’altro ieri è arrivata l’assoluzione per Carlo Maramarco, perché il fatto non sussiste. L’impresentabile è stato assolto, la gogna è in mutande e i gognisti tacciono.
Di che cosa era accusato Carlo Maramarco? Ma ovviamente di corruzione, e che diamine!, il reato più bello per sputtanare un uomo impegnato socialmente e politicamente. Ma il bello è tutta nell’assurdità dell’indagine, condotta dal Corpo forestale della Regione (sulla cui formazione in campo investigativo si possono pensare e dire molte cose). Maramarco viene accusato di aver accettato da parte di un imprenditore la somma di euro 250 per la squadra di calcio del suo Comune, prestandosi in cambio, da dipendente comunale a condizionare un altro dipendente comunale nell’elaborazione della delibera dello schema di raccolta degli indumenti usati.
Lasciamo perdere l’entità delle somme che, come è giusto, non contano, e andiamo al dunque: Maramarco non è mai stato un dipendente comunale e dunque non aveva nessuna possibilità di incidere nella procedura, né lo ha fatto da esterno. Punto. La giustizia italiana ha impiegato sette anni per accorgersi che Maramarco non era ciò che il Corpo forestale sosteneva che fosse.
Nel frattempo è stato promosso a Impresentabile.
L’ufficiale di PG che ha sbagliato, ha pagato? Assolutamente no.
Il magistrato che non ha controllato, ha pagato? Assolutamente no.
La Giustizia italiana è sommamente ingiusta e praticata da una casta di privilegiati impuniti? Assolutamente sì.
Indagine condotta dal Corpo Forestale della Regione? Ci sono cascato dentro per l’alluvione di Capoterra del 2008: imputato di omicidio colposo plurimo per un ponte abusivo che abusivo non era (semplicemente gli ufficiali di PG (?) hanno richiesto i documenti (progetti, calcoli, collaudi, ecc.) al Genio Civile che, nel mare magnum dei suoi archivi, non li ha trovati ma non sono stati richiesti né al Comune né al committente l’opera). Risultato? Otto anni di processo (con tutte le conseguenze del caso), clamorosa smentita da parte del CTU nominato dal Tribunale e assoluzione perché il fatto non sussiste!
Chi ha pagato? Nessuno, naturalmente … e gli agenti del CFVA continuano a fare gli ufficiali di PG (!!!) in materie che non sono si loro competenza.
Eh, balla, za capitat a totugantos de irballare; ma candho s’irballu est un’abbusu e segat sas ancas e disonorat e infamiat s’àteru, est comportamentu de irresponsabbilidade grave, de responsàbbiles irresponsàbbiles!
E comente, ant infamadu a Maramarco, isprubbichèndhelu in giornale e faghíndheli dannu, ma proite depet èssere cuadu su númene de sos irresponsàbbiles chi ant fatu su dannu? A issos lis abbarrat sa carriera “onorata” e a s’àteru li depet abbarrare fintzas su marcu niedhu pro cantu campat?
Io sono convintissimo che il Partito dei Sardi debba continuare a vivere, per fare si che queste persone abbiano una giusta rivalsa nei confronti di una grande ingiustizia, perché in poco tempo è diventato un grande partito, perché Paolo è un vero grande Leader.
io, da ex dipendente comunale che negli anni passati ha raccolto o contribuito a raccogliere migliaia di euro di sponsor per una società di calcio giovanile, che non capisce come si possa influire su un atto amministrati:vo che prima di essere approvato e reso esecutivo deve passare “in culo a sette aghi” – secondo detto popolare tradotto dal sardo -, mi metto nei panni di Maramarco per andare idealmente a chiedere alle figure istituzionali che hanno indagato: magistrato, ma perche?, e sentirmi rispondere: bo! vada dal Forestale che ha indagato, e andare dal Forestale e chiedergli: ma perchè?, e sentirmi rispondere: ma dai! abbiamo scherzato, si faccia una risata!
ecco, Signor Maramarco, posto che ne abbia voglia, dopo sette anni di gogna, si faccia una risata
l’abbraccio da dirigente sportivo
Caro Paolo Maninchedda
Il periodo durante il quale il Partito dei Sardi si preparava alle elezioni regionali fu per un nutrito numero di persone caratterizzato da fermento, impegno, entusiasmo.
Persone con interessi estremamente diversi si incontravano, si confrontavano e da ciò ebbero modo di nascere anche amicizia e stima.
Conobbi Carlo Maramarco in quel periodo ed ebbi modo di stimarlo. La mia percezione riguardo Carlo non cambiò per niente all’indomani dello sputtanamento sull’unione sarda.
L’episodio era semplice da inquadrare. La persona che conoscevo pur da poco tempo era troppo distante dai comportamenti descritti. Il fatto non era inoltre ipotizzabile come reato. Era semplice da comprendere e assolutamente troppo amplificato. Forse perché coinvolgeva un’istituzione importante poteva essere clamoroso ma i comportamenti imputati a Carlo Maramarco erano troppo distanti dal poter essere considerati reati penali.
Eppure si è colpita la dignità di una persona.
E ciò dovrebbe sempre farci riflettere.
Così oggi, dopo circa 5 anni, apprendo della felice conclusione del calvario di Carlo Maramarco.
Cinque anni che parrebbero pochi per una vicenda complessa ma sono tantissimi per il chiarimento di un malinteso.
Perché di un malinteso si trattava.
Sono tutti sistemi di potere. A leggere quello che si sa, per tardive confessioni di magistrati implicati, il sistema della giustizia è simile a quello rinvenibile in tante altre riverite istituzioni. Ciò ingenera sfiducia ed anche disgusto nei più. Siamo in attesa che vi sia un’autorigenerazione di questi sistemi. Pare impossibile fra abusi compiuti collettivamente, connivenze, e nessuno in grado di andare oltre il non detto, l’ammiccamento, le conventicole in cui le si spara grosse.