di Paolo Maninchedda
Siccome dormo poco, la ‘mattina’ (si fa per dire) vedo le repliche dei telegioranli quando i fatti già accaduti sono stati smentiti o corretti, quando è già possibile farsene un’idea diversa da quella iniziale, quando i giornali in genere non se ne occupano più perché la notizia, stabilizzata e verificata, non è più una notizia, perché non più meritoria di un annuncio inedito o originale. Ho visto tanti linciati dal moralismo o dalla maldicenza o dal sospetto o dall’ignoranza o dall’interesse, essere riabilitati in pochi secondi di notiziario ma rimanere inevitabilmente linciati per sempre. La sensazione che se ne ricava è divertente, da un lato, e deludente dall’altro. Se viene smentita la sicurezza tragica di Nietzsche, che sosteneva l’inesistenza della verità perché il linguaggio è ontologicamente un sistema ordinato di bugie convenzionalmente assunte come vere, viene confermato il suo punto di partenza: la verità non è giudicata utile dall’uomo. L’uomo non cerca conoscenza, ma tendenzialmente cerca conforto al senso di incompletezza che prova. La verità non placa questo bisogno, anzi lo aumenta! Un bel racconto, invece, in cui se non torna tutto, tutto comunque sembra tornare, può essere la perfetta risposta all’attesa. Questo è ben noto ai retori e agli imbonitori, ai registi e ai musicisti, ai romanzieri e alle mamme di ogni tempo, ai tanti di noi che si placano con increbilmente falsi discorsi interiori. Umberto Eco, da giovane, ha scritto una frase che mi è rimasta impressa: «Il pubblico di una società di massa ha la memoria labile e il desiderio facile».
Però bisognerebbe educare di nuovo i ragazzi a capire che il punto di vista da cui si osserva la realtà non è un fatto trascurabile ed è una funzione manipolabile. Guardate l’immagine. Un uomo inseguito da un avversario armato di un coltello in una mano e con l’altra libera, si trasforma, segmentando l’immagine come perimetrato dal cerchio, da aggredito in aggressore. È giusto che questa è la natura dei media? Sì, ma non solo dei media. È parte della natura umana, quella parte di cui bisogna diffidare.
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Se nelle scuole fosse obbligatoria la lettura de “L’anello di Re Salomone” molte persone comprenderebbero con maggiore facilità che il comportamento umano è sempre codificato e prevedibile.