Guardo raramente Lilli Gruber.
Però avantieri l’ho guardata per capire Elly Schlein, che se l’è cavata più che bene dinanzi a una giornalista, non curiosa ma ostile, con una coscienza di sé ontologicamente infondata.
Infatti, a un certo punto il ‘pregiudizio ostile’ è venuto fuori, quando, chiedendo conto alla segretaria del Pd dell’accusa mossa a Giorgia Meloni di ‘esternalizzazione del governo’ le ha detto: “Ma chi la capisce se parla così?”.
Come parla Elly Schlein?
Secondo me come deve parlare una persona di governo: con concetti comprensibili e parole appropriate. Invece, secondo la Gruber, dovrebbe parlare con parole comuni: più comuni sono, più verrà capita.
La Gruber va contro il mio lavoro: io cerco di educare a dare il nome giusto alle cose, ai sentimenti, alle azioni, ai pensieri. E quando non esiste il nome giusto, insegno a costruire neologismi, come faceva Dante.
Insegno la precisione come igiene del pensiero non per un vezzo professionale, ma perché non si conosce la realtà se non la si nomina. Se si pretende di definire il mondo con le sole dieci parole che magari si conoscono, si conoscono dieci parole ma non il mondo. Se si va in un bosco con un botanico che dà un nome a tutti gli alberi e magari li racconta, si passa una bella giornata. Se ci si va con uno che non li conosce, la visita è silenziosa e senza concetti, senza sapere, senza conoscenza, una giornata con grande amplificazione del senso di vuoto che ogni uomo percepisce dentro di sé.
Non si tratta di rifiutare di essere semplici.
Andrea Barbato era un giornalista televisivo che si faceva capire benissimo, di una semplicità esemplare, ma non rinunciava a usare un italiano raffinato, pulito, esatto.
Il problema è stato, come al solito, ben inquadrato dal compianto Luca Serianni che registrò come, dopo Tangentopoli, gli uomini politici (e, in peius, i giornalisti) abbandonarono lo stile della comunicazione distinta, seria, ben costruita, esatta, per rispecchiare, invece, quello della media dei propri elettori (e lettori-ascoltatori), semplice, sempre più semplice, ancora più semplice, fino alla banalità. Si considera il discorso della discesa in campo di Berlusconi il primo esempio di discorso politico costruito sulle tecniche dei messaggi commerciali. Sarebbe partito da qui il virus che ha portato i presidi a parlare come gli addetti di segreteria e i professori a parlare come gli alunni. Tutti uguali, todos caballeros, poderoso caballero es don Dinero.
Conoscere molte parole è una forma di resistenza, come leggere i bugiardini dei farmaci e le etichette dei generi alimentari.
È una forma di resistenza a chi afferma che ciò che è alla moda è giusto, che ciò che ha successo è giusto, che tutto è mercato, tutto si compra e si vende, che essere unici è un difetto perché sopravvive solo la mandria, il gregge. La nobiltà d’animo sarebbe una malattia, specie se la si persegue come sforzo dell’esistenza, se si cerca di diventare sempre più nobili.
La Gruber forse vorrebbe che non si dicesse ‘esternalizzazione’ ma che si parlasse, che so io, ‘ di affidamento del governo all’esterno del governo’. Più chiaro? Non mi sembra. Il problema è che è il concetto ad essere complesso. Si può ancora parlare della complessità del potere o ormai è troppo difficile da spiegare e da capire?
Forse si preferisce il lessico di chi usa ‘cosa’ o ‘coso’ per ogni oggetto, per ogni azione, per ogni sentimento: “La Meloni cede il controllo di troppe cose all’esterno”. Ecco, così è tutto chiaro. Ma le ‘cose’ non sono ‘il governo’.
Per essere capiti con certezza, si potrebbe tornare anche solo agli ideogrammi.
Sono semplicissimi.
Tutti capiscono in aeroporto dov’è la toilette.
Oppure possiamo regredire ai versi di apprezzamento e di censura.
Torniamo a Kubrik e alla sua Odissea nello spazio.
Torniamo semplici e primitivi, rinunciamo alle volute della corteccia cerebrale, torniamo a vivere per mangiare, riprodurci e morire. Torniamo semplici, uguali nell’abbruttimento, rinunciamo a distinguerci, rinunciamo a essere persone, irriducibilmente persone diverse, magari colte, libere, nobili, eroiche.
Mi permetto di osservare – rispetto ai suoi post sempre molto ficcanti e profondi nell’analisi politica e politologica – che la schisi fra l’essere capiti e il non essere capiti, non corrisponde tanto al potenziale linguistico, lessicale o sintattico in possesso del referente partitico o politico, quanto invece alla capacità comunicativo che un soggetto possiede ed esterna. Due ambiti, questi, totalmente differenti. E lei, Professor Maninchedda, lo sa bene. La Shlein non soltanto non ha l’estro della comunicatrice ma si smarrisce, sovente, in circonlocuzioni che non le permettono di esplicitare i concetti che la caratterizzano, spesso deboli o confusi nella loro raffigurazione semantica. Inutile dire che né sul piano della prossemica, né sul piano della restituzione del concetto/contenuto risulta essere del tutto fallimentare. Se è vero che la politica è polis, beh, dovrebbe ammetterlo, questa giovane segretaria – al di là della sua postura acerba – è ben distante dalle persone, dal senso della comunità e dal sentire collettivo (e non si tratta di assumere la posa dello show). Il problema sì, sono le politiche, ma è anche il modo con cui si raggiungono i propri elettori. Diversamente, come in Sardegna, ritorniamo alle stagioni degli accademici (Pigliaru e Paci su tutti) dove il Palazzo del Potere era solo e unicamente una Torre d’Avorio. L’auspicio, allora, è che su questo inciampo non cadano anche altri esponenti, soprattutto chi, oggi in Sardegna, si presenta come un futuro candidato alla Presidenza della Regione, in un cerchiobottismo fra sinistra, destra e centro. Soggetti che, come lei sa bene, sono il Paleolitico della politica regionale e che continuano ad essere non soltanto incomprensibili sul piano del parlato (politichese allo stato democristiano), bensì anche negli intenti (fatto ancora più grave), anche se poi si divertono a farci credere che scrivono libri. E in questo caso, mi creda, l’incomprensibile della Shlein , sarebbe il male minore.
A proposito di “su tadinanta po tadinantai”:
https://www.la7.it/propagandalive/video/parla-come-parli-il-monologo-di-valerio-aprea-a-propaganda-live-22-09-2023-504487
Egregio Professore
Condivido il suo giudizio ed anche quello di Archelao. Come non essere d’accordo sulle capacità linguistiche ed espressive della Segretario Schlein, ma è altrettanto evidente — come ci fa notare Archelao — il vuoto delle sue parole, dei concetti che esprime.
Quante volte l’abbiamo sentita articolare su temi importanti, senza dare risposte a quesiti che meriterebbero un “si” o un “no”. Quante volte l’abbiamo sentita coprire con la sua forbita dialettica l’incapacità , per le diverse correnti di interessi dentro il PD, di fare sintesi su proposte da contrapporre a questa destra al governo.
Ecco, forse la Gruber avrebbe dovuto impersonare Moretti: “Schlein… dì qualcosa di sinistra “
Non ha alcuna credibilità come giornalista. Ha persino sdoganato come editorialista un cialtrone nullafacente, che da 30 anni vive alle spalle della peggior politica regionale ed ora farnetica di vizi della borghesia dall’alto del suo vezzoso doppio cognome
Egregio Professore
Quanto scritto oggi è condivisibile, almeno al 99%.
In tempi per COVID, quando ancora si poteva assistere alle discussioni delle tesi, mi toccò essere oggetto di lapidazione per aver condiviso con la Commissione d’esame un 99 assegnato ad uno studente.
A detta dei miei carnefici ciò appariva inaccettabile nonostante nessuno di essi riuscisse a spiegare il motivo.
Gente contemporanea, ben in linea con le più attuali tendenze: immagine, denaro, eccessivo senso del possesso.
Condivisi quella valutazione per il lessico dello studente: povero.
Da colui il quale esponeva la Tesi mi aspettavo di più.
Dopo l’assegnazione del voto le mie opinioni furono rafforzate quando il neo dottore si esibí in una perfetta interpretazione della teoria dell’alibi, puntando il dito contro mille e uno agenti esterni complici di questo quasi cento. Pensai all’adrenalina del momento.
Durante l’esposizione avevo contato quante volte fosse stata pronunciata la parola “cioè”.
Non fu un’esposizione da 100.
A suffragio delle mie idee, spiegai vanamente ai lapidatori che anche l’arricchimento lessicale, la ricerca della bellezza nell’esposizione verbale potevano costituire autentico patrimonio dell’individuo.
Finì che a momenti mi cacciarono dal buffet.
La lettura di oggi non è scontata né banale. Ha stimolato due citazioni – Gramsci e don Milani – che valgono oro.
Grazie.
Spero mi sia consentito un appunto: se dovessi esprimere un voto sulla lettura di oggi, direi 99/100.
2001 Odissea nello spazio è di
Arthur C. Clarke.
Molti saluti
Ignazio s’Antigu
Archelao, a me non sta antipatica. Cerco di combattere queste ignominie dell’animo. Non mi piace la sua aggressività, il suo ripetere continuamente io io io io io io io
Anch’io ho visto la trasmissione e, da persona filosoficamente di sinistra, ho provato un pochino di frustrazione. La premessa è che avevo accolto con piacere l’elezione di Schlein a segretaria del PD. Davanti a Gruber mi è sembrata come quelle bambine che si provano gli abiti e i trucchi della mamma: l’avvertimento del contrario ti porta a ridere, poi il sentimento del contrario ingenera tristezza.
Il disappunto di Gruber, affiancata da Giannini, nasceva dal fatto che Schlein sfuggiva dal dare risposte precise a domande precise: pareva avesse paura di schierarsi di fronte a temi scomodi che sono come cartine al tornasole. E le persone di cultura, quelle che conoscono davvero la lingua italiana, sanno essere e devono essere elegantemente chiare (Serianni docebat, appunto, ma anche don Milani), più delle altre. Compiacersi delle belle parole è onanismo.
Purtroppo, con Schlein “tentenna” la sinistra andrà a sbattere, per l’ennesima volta: e non perché ora si va troppo a sinistra (magari!), ma perché non si ha il coraggio di farsi bandiera di quei temi (a cominciare da sanità, scuola e sostegno ai redditi bassi) che la sinistra dovrebbe abbracciare senza ambiguità, a testa alta, a gran voce. I voti arriverebbero in modo naturale. La questione è che Schlein non ha né la preparazione né il coraggio, punto.
Quanto a Gruber: ce ne fossero come lei… Una che ha avuto il fegato di fare l’inviata di guerra dove fischiavano le bombe, che ha condotto trasmissioni sulla TV tedesca in un tedesco impeccabile, che ha saputo rinunciare alla pensione di parlamentare europea. Soprattutto, una giornalista preparata e con la schiena dritta. Poi, potrà anche stare antipatica, ma la sua linea e il suo pensiero sono chiari.
Noi che di destra non siamo, pensavamo che, vista la cannibalizzazione delle tre reti RAI da parte della Meloni, potessimo approdare serenamente a la Sette per sentire un tg e un approfondimento serio e meno fazioso. Ma, viste ke prime puntate diOtto e mezzo della Gruber, non abbiamo dovuto perdere molto tempo a ricrederci.
Anch’io, come lei professore, ero curioso di sentire questa ‘ alieno’ di Schlein, nome per me impronunciabile, e pur capendo poco di politica, sono rimasto positivamente impressionato..
Il tentativo della gruber di mettere in imbarazzo la segretaria del PD, è stato tanto evidente da interpretarlo come un atteggiamento ostile, più che sui contenuti politici delle risposte, sul lessico, poco comprensibile, secondo la crucca, da non arrivare anche alla casalinga di Voghera. E a mio parere, chi fosse la più imbarazzante era la Gruber.
Due sono le ‘cose’: una che la gruber abbia una ostinata e preconcetta antipatia di natura tutta femminile per la Schlein . La seconda che , il suo editore Cairo, le abbia ‘ imposto una sterzata, lasciando campo libero a Bocchino di dire cose che fanno a pugni con la realta’ economica attuale, compreso quella perla sull’inflazione, che secondo il direttore del Secolo d’italia, lasciata da draghi all’ 11% e recuperata dalla meloni, oggi al 5%..
Dobbiamo sperare nei TG di mediaset e sugli approfondimenti di Giordano su rete 4 ? Siamo al psicodramma.
Giustissimo, Paolo. Concordo al cento per cento, e anche con Romano.
Con Maria Erminia no. Lo stesso termine “tecnicismo”è un tecnicismo, e Maria Erminia lo usa.
Questo non vuol dire che non lo possa poi adeguatamente spiegare.
Chiosa finale: ogni parola in più che imparate è un calcio in c…o in meno che prenderete nella vita ( don Milani ai suoi ragazzi di Barbiana).
Il tema della qualità del linguaggio e della comunicazione è da sempre uno dei temi su cui si riflette in ambito politico e sindacale. Non è sempre facile riuscire a comunicare concetti complessi . Vorrei però ricordare un passo conosciutissimo di Antonio Gramsci “ “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza”.
Il tema di fondo è un Paese che non investe abbastanza nell’istruzione dei suoi cittadini, per anni il governo berlusconiano dichiarava che “ con la Cultura non si mangia”…. E questo governo meloniano non e’ da meno! Perciò facciamo tutto il necessario per restituire il Pese in mani democratiche e consapevoli dell’importanza dell’istruzione… perché il tema è innalzare la qualità culturale delle nostre Comunità, non abbassare il livello della comunicazione.
D’accordo @mariaerminiasanna
Cumplimentos meda! Una “cosa” bene nada e in manera filnzas fazile, mancari su “mere” siat pessone chi ischit faeddhare “in diffìzile”.. Nerzat Vusté, e cantu hamos a déppere isettare ancora pro biere unu manzànu un’iscrittura fatta in MACUMERÈSU sìncheru e prezìsu? O ischit faeddare solu “in taulàdu”.?
Die ‘ona.
Lughiànu ‘olotenèsu.
Perfettamente d’accordo. La complessità dei problemi fa paura per un limite culturale. E allora si pensa di risolvere con la semplificazione anche del linguaggio.: più sei banale e meglio è. Ma il mondo di è complesso e come tale va affrontato.
Lilli Gruber è in grado di fare questo? Penso di no.
Ma la cosa più grave dell’altra sera è stata un’altra:l’arroganza che non significa, come diceva il presidente Ciampi, avere la schiena dritta. I giornalisti dovrebbero innanzitutto non avere il pregiudizio dell’antipatia-simpatia nei confronti dell’intervistata/o.
Se dici alla segretaria del Pd Eddy Schlein ” pensa che qualcuno la capisca se parla così ” dimostri di avere la schiena dritta o semplicemente che ti sta sulle palle? La seconda. E lo ha dimostrato per tutto il tempo dell’intervista, con una morbosa curiosità sulle preferenze sessuali della Schlein.
Perché le stesse domande la Gruber non le fa a qualche suo ospite che frequenta assiduamente il suo studio, pur non avendo nulla da dire?
.Tutto vero il discorso sulle parole e sulla necessità di un lessico il più possibile ampio e vario per definire (e quindi capire) il mondo. Ma sulla frase: “esternalizzazione del governo”, mi dispiace, ha ragione Lilli Gruber. Perché il governo è sì, un concetto molto complesso ed è difficile coglierne tutta la portanza, ma è quello che regge la vivibilità del nostro paese, sempre più in declino, e se non mi spieghi, tu, politico, che sei vicino e addentro alle secrete cose, bene, bene, molto bene, con molte più parole e magari esempi questo tecnicismo della politica io, francamente, non lo capisco.
Ogni mestiere ha i suoi tecnicismi, conoscerli tutti è impossibile. Ma il mestiere di politico ha una natura diversa: tutti devono capire, o cercare di capire, quello che dice un politico, perché le conseguenze del suo dire (per non parlare del suo fare) ricadono immediatamente sulla nostra pelle.