Atlantide Giovanni Ugas ha pubblicato nel 2022 C’era una volta Atlantide. L’identità geografica e storica dell’isola di Platone, Cagliari, Della Torre, 28 euro.
È un libro che nel titolo evoca tanti prodotti culturali (Once upon a time….), e quindi può sembrare a prima vita un libro pop; in realtà è la seria risposta accademica al libro tanto di successo, quanto privo di alcun metodo scientifico e storico di Sergio Frau, Le Colonne d’Ercole: un’inchiesta, come, quando e perché la frontiera di Herakles/Milqart, dio dell’Occidente slittò per sempre a Gibilterra che, purtroppo, viene spesso utilizzato, soprattutto nelle scuole medie, come serio libro di storia.
Il libro di Ugas si avvale di una preziosa introduzione di Raimondo Zucca, che è una sorta di bibliografia ragionata non solo sul mito di Atlantide, ma anche sulle ultime ricerche sui traffici mediterranei alla fine dell’età del bronzo e la prima età del ferro. In questa fitta rete di rapporti tra Occidente e Oriente si inserisce il mito platonico di Atlantide (che va proprio letto come elaborazione simbolico-politica della natura di questi rapporti), ma, sul piano più strettamente archeologico, si inseriscono anche gli intensi rapporti tra la Sardegna, l’Occidente e l’Oriente, che stanno trovando sempre nuove conferme nel rinvenimento di lingotti plumbei sardi in Israele, a Cipro e in Egitto. Leggere C’era una volta Atlantide, significa leggere un pezzo di storia del mediterraneo antico, più complesso dei miti che ne hanno tramandato più la rappresentazione simbolica.
Dante La stampa locale ha dato notizia di una retrodatazione di un manoscritto miscellaneo posseduto nel fondo antico della Biblioteca Comunale Rafael Sari di Alghero. I professori dell’Università di Sassari Maria Teresa Laneri e Andrea Lai hanno ritenuto, e non vi è motivo di dubitarne data la loro competenza, di retrodatare un manoscritto dal XV secolo inoltrato alla metà del XIV. La questione non è di lana caprina; uno dei testi tràditi dal manoscritto è una copia dell’Epistola VII di Dante Alighieri all’imperatore Enrico VII di Lussemburgo, forse l’epistola latina dantesca più volgarizzata nel corso dei secoli. Infatti, questo testo attualmente risulta tràdito solo da altri tre manoscritti: il Palatino 1729, della Biblioteca Apostolica Vaticana, datato al 1394; Il San Pantaleo 8, della Biblioteca Nazionale di Roma, databile anch’esso alla fine del XIV secolo; il Marciano Latino XIV 115, della Biblioteca Marciana di Venezia, databile al XV secolo. Se la datazione del manoscritto algherese fosse confermata, sarebbe la più antica attestazione del testo. Non poco.
Casa Museo Manno Tempo fa la Regione Sarda ha largamente finanziato (2,5 milioni di euro) il completamento della casa Museo Manno di Alghero. Adesso il comune sbeffeggia la Fondazione Siotto, che a quel completamento avrebbe dovuto cedere beni di notevole contenuto storico-culturale, cioè il contenuto storico dell’edificio edificando, e la Fondazione Siotto si ritira dal progetto; il completamento della Casa Museo Manno si svuota. Il Comune sembra combattuto tra il dovere di realizzare il completamento e la tentazione di usare i soldi per far altro. Nel frattempo, Manno va in soffitta; quando si dice che non c’è alcuna buona cultura senza buoni uomini di cultura!
Borsellino In questi giorni la terribile vicenda dell’omicidio di Paolo Borsellino e della sua scorta, avvenuto il 19 luglio 1992 è ritornata di angosciante attualità. Con una fatica immane, la famiglia sta riuscendo a rimettere insieme le tessere del puzzle che una sapiente regia di Stato aveva disperso in mille rivoli e in mille faldoni. Il quadro si sta chiarendo. Io me ne occupo per ragioni di lavoro. Mi ha colpito un fatto filologico: la differenza tra la forma reale di una frase pronunciata da Borsellino e riferita dai testimoni e la forma che essa ha assunto nelle cronache dei giornali per ben trent’anni.
Questa la frase di Borsellino, riferita dalla moglie Agnese ai giudici di Caltanisetta: “Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno i miei colleghi e altri”.
Questa la frase vulgata per trent’anni: “”Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri“.
Non credo servano commenti. È tutto chiaro.
… Ma comentesisiat (e cantu prus si torrat issegus e meda prus s’istória est bùora, néula, nébida) sas “Colonne d’Ercole” nois mi paret chi las zughimus in conca e si semus “impantanati” in su presente, chi est su solu tempus de sa libbertade e responsabbilidade personale e colletiva nostra, nos at a profetare de prus a èssere “impantanati” in su passadu? Pessamus chi nos at a dare prus fortza e seguresa pro èssere zente in e de su tempus nostru?
O meda de su fàghere (“studiare”!) nostru est «fuga dalla libertà» (e goi “automaticamente” dalla responsabilità), pro lu nàrrere cun sas peràulas de Erich Fromm pro àteru argumentu ma matessi sustàntzia?
Nos semus ritirados, ritirendhe, fuindhe de su presente?
O semus zente iscazada e fata a vapore acqueo bolendhe ifatu de sas nues, si no bagamundhendhe peri su mundhu?
Epuru za mi paret chi sos Sardos no siemus própriu zente istropiada, managa, ne tonta ne cancarada e ne manimutza! Fossis semus solu disanimados, mortos de birgonza (abbirgonzados, aurtidos e… mancu fizos faghimus!) ma nos pessamus balentes solu si tenimus carchi podere istranzu a nos cumandhare che berbeghes bonas a… mùrghere e a masellu, o pro meravizare turistas a lis mustrare sos “Sardi ballando” e mamutones e issogadores e merdules!
Ma che bravi, ma che belli questi sardi! (nàdelu in ingresu ca “rende di più” puru) Própriu dignos de una vetrina de museo. Sinono chie nos bidet?!
Su nàrrere chi b’at nessi tres “eserciti” chi improdhant de “politica” e tio nàrrere chi no mancant mancu sos sordados “mercenari” e melius abundare quam deficere… ca a èssere deficientes za paret ancora cosa mala.
Sig. Chessa, Ugas non localizza Atlantide nel Nord Africa. Dice che Atlantide è un’invenzione di Platone. È diverso.
Ho acquistato e letto ” C’era una volta Atlantide ” di Giovanni Ugas come i suoi precedenti e bellissimi libri: L’alba dei nuraghi e Shardana Sardegna.
Sinceramente devo dire che non mi ha convinto l’identificazione del Magreb come localizzazione dell’Isola di Atlantide nonostante l’introduzione di prof.Paulis.
Se questa secondo prof.Paolo Maninchedda è ” la seria risposta accademica al libro tanto di successo quanto privo di alcun metodo scientifico e storico di Sergio Frau “Le Colonne d’Ercole, un’inchiesta ” secondo la mia modesta opinione non siamo messi bene; mi aspettavo di più da un grande come prof.Giovanni Ugas.
Sergio Frau è un giornalista e secondo me riesce nel suo intento di spostare “Le Colonne d’Ercole “da Gibilterra al centro del Mediterraneo ( personalmente non sono d’accordo nel localizzarle a Malta).
Prof.Ugas è un grandissimo archeologo ,ma non riesce a convincermi nel localizzare l’isola di Atlantide nel Nord Africa ( Tunisia, Algeria, Marocco).
Naturalmente consiglio di acquistare il libro di prof. Ugas per tutte le notizie storiche riportate .
Inoltre è sufficiente l’introduzione del bravissimo prof. Raimondo Zucca per spingere alla lettura del libro.
Naturalmente la mia è solo una personalissima opinione da amante sia della storia antica che della mitologia.
Caro prof. Paolo Maninchedda, ti ringrazio per l’informazione del libro di prof. Ugas su Atlantide, credo proprio che lo andrò a comprare, avendo letto il libro del giornalista Sergio Frau non posso non leggere quello di Ugas, voce scientifica sull’argomento, sono certo che lo leggerò con molta attenzione.
Grazie anche per il particolare sul caso del giudice Borsellino, una ferita al cuore che mi porto dentro da 31 anni, ero in terra di Sicilia quando avvenne il tragico evento, per un nuovo progetto petrolifero nella raffineria di Milazzo, ne ho un ricordo indelebile, alla notizia tutte le maestranze si fermarono per 2 ore e tutti ci recammo sul lungomare di Milazzo, tutti in silenzio, un assordante silenzio…
non ho vergogna a dire che piansi come un bambino.
Buona Domenica