Egregio dottore,
ho pensato molto se scriverLe oppure no.
Purtroppo, però, sono tra coloro che danno alla parola un valore morale, cioè il valore di documentare storicamente l’esercizio della libertà, cosa tipicamente umana che la materia non sa e non può produrre.
Le scrivo perché diversamente mi darei del vigliacco.
Sono consapevole che non ci capiremo, perché dopo aver letto tanti suoi atti sono convinto che siamo su sponde diverse.
Le scrivo, per confermarmi dall’altra parte del fiume, tra quelli che mai si inchineranno al suo cospetto e che non sono impressionati dal suo potere.
Il fiume Immagino che tra i titoli che hanno concorso alla sua nomina a Procuratore della Repubblica di Sassari ci siano state anche le inchieste, più d’una, nelle quali io sono nominato ogni due per tre.
Le sue inchieste hanno un’impronta, uno stile.
Rivelano una passione per l’accusa piuttosto che l’interesse dubbioso per la verità, e si strutturano intorno a un circolo ermeneutico vizioso, per cui la prova conferma l’ipotesi e l’ipotesi cerca quella prova e non altre.
Personalmente, invece, penso che un magistrato debba cercare la verità e debba sempre nutrirsi del dubbio di non averla trovata.
Capisce quanto è ampio il fiume che ci separa?
Tra un magistrato e un poliziotto dovrebbe esserci una notevole differenza. Il secondo ha l’istinto del cacciatore, il primo dovrebbe avere quello del sacerdote, del mediatore tra l’assoluto e il particolare, tra la norma e l’azione, tra il contesto e l’esercizio della volontà.
Capisce perché nel nostro fiume non c’è neanche un ponte?
L’associazione a delinquere Ho una data chiara in mente, quasi di esordio nei nostri felicemente mai esistiti rapporti diretti, il 6 febbraio 2017.
Lei mi iscrisse al registro degli indagati con l’accusa di associazione a delinquere, un’accusa grave e che ho avvertito come infamante. Ne venni a conoscenza solo anni dopo, quando quell’indagine giunse alla richiesta di rinvio a giudizio (che non mi riguardò) e, in mezzo alle tante carte depositate, vi fu anche quella dalla quale potei apprendere di essere stato indagato. Le voglio ricordare l’esordio dell’atto:
“Questo ufficio ha proceduto all’iscrizione a carico di TIZIO, Maninchedda e CAIO del delitto ex art. 416 c.p., atteso che TIZIO appare essere il vertice di uno stabile e consolidato sistema di controllo degli appalti e dei concorsi banditi dalla Regione e dagli enti locali, che vede Maninchedda ricoprire un ruolo (subordinato) strettamente connesso al potere politico detenuto, che consente la canalizzazione degli appalti allo studio di TIZIO”.
Ella aveva tra le mani uno straccio di prova che dimostrasse che un solo appalto, dico uno, da me bandito o dalla struttura che governavo, fosse stato vinto dallo studio di TIZIO?
No.
Non l’aveva prima e non la ebbe dopo, semplicemente perché non solo non vi erano appalti truccati, ma non vi era la mentalità, lo spirito per realizzarli.
La cosa più forzata di quella sua richiesta consisteva nel volermi profilare come ‘subordinato’ a TIZIO, perché questi era stato individuato, dalla sua ipotesi, come il capobanda. Ipotesi e prova.
Capisce cosa dico quando affermo che Ella è, forse, il campione dell’Accusa ma non della Verità? Ella giunse perfino a valorizzare una telefonata scherzosa fra me e TIZIO pur di rappresentarmi come un bambinetto subordinato a un preteso genio del male, con un oltranzismo ermeneutico che lascia di stucco per l’audacia interpretativa.
Due domande non fanno una verità Fa poi specie che da un lato Lei mi dipingesse come il soggetto subordinato di un’associazione a delinquere senza oggetto (perché, ripeto, Lei non ha trovato un solo incarico da me affidato a TIZIO, ma averlo solo presupposto le ha consentito di indagarmi per un reato ai miei occhi bruciante), dall’altro, in un’altra indagine ai cui atti si è potuto accedere dopo anni, lei mi tratteggia come un collocatore di persone in difficoltà attraverso il lavoro interinale, grazie a un rapporto, questa volta alla pari, con l’impresa che gestiva un project financing.
Le ricordo un passaggio dell’interrogatorio cui Le sottopose il DG della Asl in questione:
DOMANDA: “Come mai Maninchedda, in un determinato periodo, non è più intervenuto in maniera negativa circa il “Project financing” della ASL OMISSIS.
RISPOSTA: Non saprei rispondere a questa domanda. Io mi sono totalmente tirato fuori dalle ricadute politiche del Project. Non ho mai parlato di Project con Maninchedda. (…). Io, in relazione al Project, ho solo avuto contatti tecnici e mai con Maninchedda” (…).
DOMANDA: È a conoscenza se Macomer e Bosa sono state contropartite per il mutamento di comportamento politico di Maninchedda in relazione al Project?
RISPOSTA: Non sono a conoscenza.
Le faccio notare la struttura della sequenza appena trascritta. Ella pone una domanda e ne riceve una risposta negativa. Che fa? Pone la successiva come se il testimone avesse confermato l’assunto della nuova domanda, come se, cioè, colui che stava interrogando non avesse smentito i rapporti ipotizzati tra me e il project, ma anzi fosse stato potenzialmente a conoscenza di uno scambio in ragione di un cambiamento di rotta. Ottima tecnica, per l’Accusa, pessima per la Verità.
La gogna Veniamo all’inchiesta Ippocrate. C’è un dato storico e politico che mi pare Le sia sfuggito in tanti anni di cure che ha voluto cortesemente dedicarmi: la natura dei miei avversari politici di allora, che sono gli stessi di oggi, cioè il combinato disposto di ambienti massonici deviati, collegati alla Destra politica (fortemente innervati nelle strutture ospedaliere) e di una certa Sinistra settaria, abituata a uccidere moralmente i concorrenti con le parole gettate lì, in un clima salottiero.
Per la Sinistra prepotente, gli avversari sono tutti o fascisti o delinquenti. Per me hanno valorizzato la seconda categoria, ma lasciandola cadere lì, tra un té e l’altro, con sussiegosa signorilità.
Mi sono sempre chiesto come mai la Procura si sia interessata, in ragione delle solite immancabili segnalazioni sullo svolgimento dei concorsi (che si registrano dappertutto), alle vicende della Asl quando questa era efficiente, e non se ne sia occupata quando è precipitata nel disordine in cui si trova ora.
L’efficienza è direttamente connessa con la gestione.
L’inefficienza è oggi considerata colposa a prescindere, l’efficienza di allora, che fece arrivare la Asl di Oristano ai vertici della classifica delle ASL italiane, venne considerata dolosa a prescindere. La cosa paradossale è che oggi la ASL, che allora chiudeva i bilanci in attivo o in pareggio, è costituita come parte civile contro gli imputati, cioè contro coloro che l’hanno resa efficiente.
Ella ha agito come se in campo ci fosse stata una sola forza politica e non un durissimo scontro politico tra vecchio e nuovo e, credo senza avvedersene, ha deciso di indagare il nuovo senza capire il vecchio. Le è mancato un pezzo, Procuratore.
Lei è stato bravissimo nel costruire e mantenere il profilo negativo del Partito dei Sardi e a consolidare l’idea che il Partito abbia gestito direttamente la Asl.
Invece no, la ASL è stata governata da dirigenti che hanno dimostrato di essere capaci e che non hanno mai preso ordini da nessuno perché liberi e perché nessuno si è mai sognato di dir loro che cosa fare. Lei ha sequestrato decine di computer e telefonini. Ha mai trovato una sola traccia di un mio intervento di indirizzo gestionale? Mai.
Il Partito dei Sardi non ha mai gestito la Asl. Questa è l’accusa che divulgavano gli avversari, gli esponenti del vecchio potere, per nascondere uno scontro che era invece di procedure, di efficienza, di rotture di consuetudini di comodo e di vantaggio.
Per mesi, anche recentemente, si è sentito ripetere che i primari nominati non avevano i titoli per esserlo.
Chi lo ha affermato?
I primari che c’erano prima, quelli andati in pensione o ridimensionati nel loro potere (che era tale da far sì che ve ne fosse uno così carico di incarichi da guadagnare più del Direttore generale).
Un altro ha dichiarato che il suo successore non aveva i titoli per essere nominato.
Chi ha verificato queste affermazioni?
Nessuno.
Se lo si fosse fatto o lo si facesse, si scoprirebbe che colui che accusa era stato nominato a suo tempo con minori titoli del suo successore.
Ma a che serve oggi la precisione quando la forza delle dicerie ha creato il clima del “tutti imbroglioni”?
Un altro testimone ha dichiarato che TIZIO avrebbe legato i concorsi alle elezioni.
Peccato che in quegli anni non ci fossero elezioni.
Ma chi lo ha verificato?
Nessuno.
Un concorrente bocciato al concorso ha lamentato l’ingiustizia politica della bocciatura. Poi si è andati a vedere come lo stesso era stato valutato in altri concorsi e si è visto che anche in questi era stato bocciato. Persecuzione locale o conferma generale di qualche mancanza?
Potrei continuare, ma non voglio fare il lavoro degli avvocati (se lo facessero!).
Mi preme porre una domanda: ha o non ha un valore ai suoi occhi che si possano contare almeno cinque testimoni di accusa che durante il giudizio hanno ritrattato le accuse?
Ha o non ha un valore, ai suoi occhi, che l’impalcatura teorica per la quale si è sostenuto che i lavoratori interinali dovessero essere assunti con le regole dei concorsi pubblici è crollata dinanzi all’evidenza delle leggi e ad una sentenza della Corte di Cassazione?
Ha o non ha un valore ai suoi occhi il fatto che il principale testimone d’accusa verso uno degli imputati arrestati ha ritrattato tutto?
Ha o non ha un valore ai suoi occhi il fatto che i dati forniti durante le indagini da ex dirigenti si sono rivelati mendaci, fino al punto paradossale per il quale è stato dimostrato che il teste d’accusa che aveva affermato di aver assistito all’invasione degli interinali dal Marghine è andato in pensione prima che venisse assunto il primo interinale?
Ha o non ha un valore ai suoi occhi il peso eccessivo attribuito a alcune testimonianze, valorizzate al punto da riportare in atti la tremenda e impunita bugia secondo la quale la moglie di uno degli imputati era titolare di un’azienda di lavoro interinale?
Ha o non ha un valore ai suoi occhi che la teste che detto di non essere stata assunta per ragioni politiche si è poi scoperto che, invece, non era stata assunta perché non aveva fatto il corso per la sicurezza?
Spero che in cuor suo tutti questi eventi abbiano aperto un pertugio al dubbio.
Per tutti questi motivi ho pensato di indirizzarLe questa lettera, perché resti memoria di una tristissima vicenda che di giusto non ha nulla e perché io possa ancora dirmi di non avere paura dei poteri enormi come il suo.
Con voluta distanza
Paolo Maninchedda
Juanne, no t’irmentiches chi mi c’ana bocadu dae su Psd’az, no mi ‘nde soe bessidu deo a sa sola.
Salute Paulu, mi est aberu dispiaghitu cando vis cumbintu chi ti odiaia, dispiaghitu meta e non pacu..
Credemi chi su dispiaghere, “s’anneu” prus mannu est istatu, pro me, cando as lassatu su Partitu Sardu.
Chissai chi ti torres a incarnare!
Salute sa chi cheres e Fortza paris
invidio il tuo coraggio e ringrazio che ci siano ancora persone di tale schiena
chi dice “male non fare paura non avere” dice una solenne corbelleria e tante notissime vicende giudiziarie sono lì a testimoniare che la “verità processuale” spesso scaturisce da teoremi colpevolisti e non rispecchia la verità dei fatti
vite rovinate? e cosa gliene sbatte al magistrato?
e gli avvocati? se la cause finiscono con un salomonico “volemose bene” tanto meglio,
tutti colpevoli nessun colpevole,
tanto poi l’importante è che le parcelle vengano comunque pagate (profumatamente)
Ciao professore. è fonte di grande riflessione la sua lettera aperta, vicenda triste vergognosa e assurda, grazie per averla condivisa con noi lettori,mi piacerebbe quando tutto sarà finito (sicuramente bene),che avesse voglia e tempo di riassumerla in romanzo,un po’ come le storie raccontate da Carofiglio.saluti e buona fortuna.
Egregio Professore, a leggere la sua vicenda (forse non dissimile e neppure peggiore di tante altre, rimaste tutte senza responsabili) mi viene istintivamente da pensare a un noto detto: “misèru chie rughet in brazzos de zustissia”. E’ un detto antico ma, a quanto pare, ancora tremendamente attuale.
Cerchi di farsene una ragione: allo stato attuale, i responsabili di queste OMISSIS – al contrario di tutti gli altri comuni mortali che, quando sbagliano, sono chiamati a risponderne in sede civile e/o penale – non hanno mai pagato per i loro errori né (temo) mai pagheranno. Palamara (con tutto il verminaio che ha scoperchiato) è già finito nell’abisso della damnatio memoriae, ed è tutto dire. E ogni volta che qualcuno si ribella a questa intollerabile strage del diritto, parte il ritornello della chiamata a difesa dell’indipendenza e della difesa dall’attacco ai valori ecc. ecc.
Muffa e Fuffa. Non se ne esce.
Saluti
Complimenti Prof
La sua lettera è chiara e dettagliata
Non si scaglia in maniera confusa contro la Magistratura ma parla di un suo preciso ‘incontro ‘ con un singolo e ben identificato magistrato
Non c’è alcuna traccia chiamata alle armi di tipo mafioso ma un suo profondo e intenso desiderio di giustizia
Tutta la solidarietà possibile per questa Sua vicenda che ha degli aspetti per cui la ns sincera stima per i Giudici può tristemente vacillare.Ma sono convinto che,invece,nella sua onestà intellettuale tale fiducia sia ben salda e come per noi tutto qualche discutibile atteggiamento non può e non deve incidere sulla ns fiducia per tanti bravi Giudici donne e uomini che si sono anche sacrificati in nome della Buona Giustizia di cui non possiamo fare a meno.Buone cose e grazie per i suoi interventi.
Grande Paolo!!! Devi essere veramente (e a ragione) molto incazzato per scrivere una così affettuosa lettera di auguri.
Questa si chiama chiarezza, vedremo una risposta? Sempre con Lei Professore.
Egregio, non finirò mai di manifestatLe la mia più sincera solidarietà per la vicenda da Lei vissuta.
Purtroppo la riforma Vassalli, che scimiottava il processo americano, non ha tenuto conto che in Italia avrebbe fallito. La contiguita’ tra requirenti e giudicanti, la padronanza delle indagini in capo ai PM con la PG subordinata, una parità tra accusa e difesa da barzelletta financo alla obbligatorieta’ dell’azione penale ignorata sin dal precedente codice Rocco, hanno portato al mostro giudiziario dei nostri anni (non giorni). E su questo sfascio da repubblica delle banane che l’attuale governo cerca di intervenire come può trovando forte opposizione sia dalla casta dei magistrati che dalle forze politiche che grazie alla loro parzialita’ trovano linfa elettorale. Che Dio ce la mandi buona. Saluti.
Concordo e lo esprimo non aprioristicamente con i contenuti della presente lettera.
È una questione di respiro libertario che viene fuori quando attraverso la lettura si pensa; e certamente la “libertà” non è un concetto ma un sentire insieme a una sperimentazione di se stessi al cospetto di un pericolo , di ciò che è nefasto.
Si da Libertà solo ed esclusivamente tra uomini liberi perché al di fuori di essa vi si trova servitù e .., inconsistenti testimonianze.
Buona giornata Professore
Buongiorno,
grazie Paolo di questa Tua multipla analisi sulla grande verità che emerge limpida dalle acque di un pozzo scuro, Mai avuto dubbi, per quanto poco da me conosciuto, suoi Tuoi principi morali di onestà…Ho vissuto 4-5 anni nel Partito dei Sardi (sino al suo scioglimento) con una passione mai provata prima, in vita mia, per la politica, perché ci ho trovato un ambiente fatto di persone, serie, oneste e molte di queste piene di competenze e capacità con una grande Visione dei problemi della società Sarda.
Peccato che si sia chiusa una bella stagione che poteva portare a veri cambiamenti in Sardegna, così non è stato per la solita ragione, invidie gelosie etc.etc., dopo quella stagione il buio dal punto di vista indipendentismo o alto autonomismo…i risultati sono davanti agli occhi di Tutti…
Bona Die
Lampu, si cussa est zustìssia! …
Resone in Sardigna (prus comunale de su buzinu in custu puru) a nàrrere “Sa zustìssia los pregonet! Sa zustìssia los currat! Sa zustìssia los brùsiet! Sa zustìssia los iscazet!”
batindhe sa zente fintzas a su puntu de “fàghere di ogni erba un fascio” (e bazi e fidàdebbos!).
Sa veridade est chi sas cosas no si faghent a solas, e chie las faghet tenet fintzas nùmene e sambenadu (OMISSIS) fintzas si inoghe est unu OMISSIS “Innominato”, ma libbertade responsabbilidade sunt sempre fatu personale e faghet pagu e nudha onore a totu cudhos chi no faghent sas cosas cun velenu.
…strano … di queste tue analisi, evidenze , conferme e prove provate non c’è traccia sulla stampa locale ne su quella nazionale…. e tantomeno in TV ( ne locali ne nazionali ). Chissà come mai … Forse i media non seguono i processi ….
Grazie Pa’, per aver illuminato questa giornata prima ancora che il sole salga alto
🤗