Egregio dott. Zuncheddu, caro Sergio,
ho letto e riletto il tuo editoriale sull’Unione Sarda del 15 giugno scorso, dedicato alla figura dello scomparso Silvio Berlusconi. Mi ha colpito una frase: “Era un sognatore, e voleva cambiare il mondo in meglio, plasmandolo secondo la visione di autentico liberale, possessore della virtù della perseveranza nel perseguire gli obiettivi anche audaci”.
È un’affermazione che va verificata, soprattutto perché tu sostieni che dovrebbe essere dovere di ogni imprenditore a un certo punto della propria vita, impegnarsi in politica. Vorrei iniziare proprio da questo asserito dovere per aprire un ragionamento con te e con i lettori.
Nell’antichità classica il termine onesto si contrapponeva non a disonesto e simili, ma a utilitarista.
L’onesto era l’uomo che agiva non per interesse personale e giacché Cicerone e Seneca avevano insegnato che l’amicizia e l’amore più puri erano quelli disinteressati, egli era contrapposto a colui che dalle circostanze cercava di trarre vantaggio per sé, per il proprio utile.
Locke insegnò che alla società servono entrambi e che entrambi cedono allo Stato quote di libertà individuale per guadagnare civiltà comune, quella garantita dalla sovranità della legge e dalla forza dello Stato, l’unico deputato a impedire che un uomo nuoccia a un altro uomo.
Toqueville capì e spiegò come era possibile passare da una società aristocratica, fondata sulla disuguaglianza delle persone di fronte alla legge, a una società democratica, fondata non sull’uguaglianza delle condizioni di partenza dei cittadini, ma sulla loro uguaglianza giuridica di fronte al potere e alle leggi.
Smith insegnò che l’economia non è comprensibile secondo categorie morali tradizionali e che dunque chi agisce economicamente in modo vantaggioso per la sua impresa, agisce in modo etico rispetto al suo scopo, anche se questo è di suo esclusivo vantaggio.
Tuttavia, questo lunghissimo percorso culturale che ho brutalizzato in poche righe non ha mai confuso l’interesse pubblico e l’interesse privato. Anche i più estremisti padri della Rivoluzione americana distinguevano nettamente l’interesse di tutti da quello proprio o genericamente privato.
La valutazione di adesione di una persona agli ideali liberali si misura dunque in primo luogo nel rispetto dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, nel non pretendere di essere privilegiato né nel cercare di esserlo.
Possiamo a cuor leggero dichiarare che Berlusconi non sia stato privilegiato dall’azione di Craxi per divenire il leader della comunicazione televisiva privata in Italia?
Possiamo dire a cuor leggero che Berlusconi è divenuto proprietario della Mondadori senza privilegi da parte della magistratura?
Quali conseguenze dovremmo trarre dalle sue ripetute dichiarazioni nelle quali ha affermato di essere sceso in campo per difendere le sue aziende dai Comunisti, se non che ha voluto democraticamente impadronirsi dello Stato per tutelare la sua posizione, cioè per schierare a difesa di sé il potere più alto? Quale più alto privilegio giuridico?
Da capo del governo quale era, Berlusconi non ha forse violato uno dei principi fondanti del liberalismo, e cioè la difesa della libertà di pensiero e di parola, quando volle il licenziamento di Enzo Biagi dalla Rai? Non ha abusato in questo del potere dello Stato per regolare un conto personale?
Tu contrapponi Berlusconi allo “stucchevole teatrino offerto dai partiti”.
I partiti in Italia hanno le loro luci e le loro ombre, esattamente, però, come le imprese. Con una differenza: quelle dei partiti sono sempre sotto gli occhi di tutti, quelle delle imprese solo sotto quelle delle banche, che sono le vere macchine del sistema Italia. Cosa diresti se le banche parlassero delle commediole delle imprese, con repliche frequenti e sempre uguali e frequentemente a debito? Cosa diresti se la situazione debitoria delle imprese fosse costantemente monitorata dall’opinione pubblica, accendesse tifoserie e dissensi? Non sarebbe un teatrino meno stucchevole di quello dei partiti ma forse farebbe apparire meno eroici e meno libertari il ruolo dei capitani d’industria. La contrapposizione tra imprese e partiti, con il bene da una parte e il male dall’altra, è una semplificazione che nasconde un’ideologia, quella di chi oppone la velocità delle decisioni assunte da soli alle mediazioni necessarie per decidere tutti insieme. Ci sono àmbiti dove le scelte è bene che le faccia uno, ma quelle che riguardano tutti, quando sono state affidate a uomini soli al comando, hanno sempre lasciato sul terreno uno stuolo di vittime.
Oggi, dopo Trump e dopo Berlusconi, il liberalismo misura la sua forza di pensiero sul terreno del contrasto al conflitto di interessi tra imprese sempre più forti e Stati sempre più deboli. Questo è il punto ed è un punto terribile perché le forze dell’impresa hanno realmente la possibilità, attraverso i meccanismi del consenso e la globalizzazione dei mercati finanziari, di impadronirsi degli Stati o comunque di pezzi del potere pubblico a proprio vantaggio e a discapito di tutti gli altri.
Lo Stato deve garantire tutti, non alcuni più degli altri e dovrebbe impedire che chi ha interessi forti anche solo potenzialmente in contrasto col suo potere di regolazione, possa impadronirsi delle sue strutture. .
Per questo non ho mai votato Berlusconi, perché lui ha sempre piegato lo Stato a un disegno personale e a una galassia di interessi personali.
Io invece lavoro per uno Stato che sia espressione e garanzia di tutti e per tutti.
Con viva cordialità
Paolo Maninchedda
Ecco che arriva un’altro che si propone in ossequio all’idea che, prima o poi, un imprenditore che si rispetti deve scendere in campo per risolvere quello che lo stucchevole teatrino della politica non è certamente in grado di fare. Penso di sapere perchè questo stia succedendo, perchè ancora una volta il potente di turno, guarda a caso nello stesso settore del neo Padre della Patria, lo pensi necessario. E ho qualche difficoltà a prendere una posizione forte e contraria.
Se dovessimo pensare le luci e le ombre di cui leggo nel post, in questo caso (ultimi anni) usciamo dall’oscurità totale. Pensiamoci un pò, pensiamo ai disastri che hanno combinato questi signori. Ovvio che gli imprenditori ne abbiano avuto un danno. Come tutti i sardi, intendo. Non penso che oggi abbiano voglia di far finta che i politici teoricamente amici, nel senso di più disposti ad assecondarne i voleri, abbiano fatto bene. Voli inesistenti, continuità territoriale delle merci non pervenuta, investimenti in infrastrutture fermi, promessa di revisione del Piano Paesaggistico non mantenuta (per fortuna, dico io. Ma loro no), viabilità interna non migliorata, Consiglio regionale praticamente fermo, regalie ad alcuni amici (io penso che qualcuno degli imprenditori avrebbe ben gradito ricevere centinaia di migliaia di euro come è stato fatto solo per pochi amici) etc…. Quello che pensa l’imprenditore in questione, penso sia il pensiero di tutti gli imprenditori sardi, esclusi forse quelli che hanno beneficiato direttamente di qualche vantaggio. Immagino che abbiano un pessimo concetto dell’esperto di turismo senza mai esserlo stato (la mancata regata con i neozelandesi, ad esempio, avrà fatto qualcuno scontento? A giudicare dal giro di affari mancato penso proprio di si), di operai portuali che diventano assessori, di pediatri che si inventano politiche infrastrutturali nel settore sanitario (ma lo immaginate, uno che un giorno visita bambini e il giorno dopo arringa le folle sulla necessità di ridisegnare la sanità sarda? Roba che neanche in Zimbabwe); di assessore che passano dal banco di una parafarmacia a discutere di locuste nel Marghine; di assessore che avrebbero dovuto disporre sulla politica energetica senza aver la più pallida idea di cosa sia.
Insomma, lo spettacolo, diciamolo pure, è stato indecoroso. Non stucchevole. E’ stato una pena, un pianto greco. Un livello talmente basso che per misuralo bisognerebbe ricorrere ai numeri relativi.
E cosa pensa quindi l’imprenditore Zuncheddu (come avranno fatto molti altri)? Che questi politici hanno veramente rotto le cosiddette. E che non ci possiamo permettere altri 5 anni di inettitudine. Certo, commette l’errore di considerare tutti i politici uguali. Ma tant’è.
Che l’imprenditore faccia la sua proposta, quindi (tanto nessuno glielo può impedire). Saranno gli elettori a giudicare. Ma soprattutto, che l’offerta politica dei contendenti (tutti) per la prossima legislatura sia di qualità, allontanando il ricordo di quello che sarà ricordato per uno dei più grandi disastri mai visti nell’Isola.
Buongiorno, il mondo di Berlusconi?
Durante una tribuna politica tra Berlusconi e Prodi in televisione, ricordo un concetto, una idea, espressa da Berlusconi. Non posso usare le virgolette, perché vado a memoria. Con fastidio esprimeva il suo stupore o disappunto riguardo alla valutazione paritaria, tra i figli degli operai, più o meno, e i figli della borghesia, credo. Questo durante un dibattito, seguito da milioni di cittadini. Nessuno, sui giornali, che ancora si leggevano, o tra i commentatori riportò un commento. Confesso che ancor oggi, faccio fatica a capire.
Colpa nostra, quindi anche mia, se questa idea di società, avanza.
Oggi ad esempio, con mia moglie, ho trascorso una giornata al mare, località Castiadas. Quasi impossibile arrivare in una spiaggia libera. Nei luoghi dove da ragazzo piazzavo le tende, scusate il romanticismo, adesso non posso accedere se non dopo lunghe camminate, con ombrellone, zaino in spalla, asciugamani e seggioline al seguito, perché è vietato parcheggiare ai lati della strada nei paraggi della spiaggia, pena multa a cura della polizia locale. Forse l’albergo, di fascia alta, non gradisce la vicinanza ai propri clienti.
Il sindaco del citato comune, ha avuto qualche problema con la giustizia. Successivamente ricandidato, è stato rieletto.
Domando, tra qualche anno potremmo ancora piazzare il nostro ombrellone in spiaggia, o dovremmo pagare per fare un tuffo al mare?
Aggiungere potere al potere è quanto di più deleterio possa esserci per una democrazia evoluta. E se al potere economico vi si aggiunge anche quello politico, ancora peggio. Non potrò mai perdonare il centrosinistra per essersi reso complice dello strapotere berlusconiano non facendo la legge sul conflitto di interesse.
Tutto questo sarebbe giusto, non fosse che viviamo in una società che privilegia ingiustamente e con arroganza alcuni a scapito di altri.
Come può lo Stato da questa generato, i partiti, le aziende, ecc. essere diverse, se è il privilegio che governa tutto?
Le parole usate per B., che, ancora una volta, hanno esaltato non lui, ma l’ideale che ha contraddetto in ogni momento della sua vita, vengono usate con disinvoltura per nascondere la cinica, opportunistica gestione del potere in ogni campo, proprio in ogni campo del vivere sociale.
Dall’albero caduto ognuno fa legna come può, qualcuno strappa rametti e cespuglietti, in questo caso una sola foglia di fico, molto piccola però.
Prof. , il suo Sergio è contiguo a Silvio….villa certosa e l’abi d’oro sono a un tiro di schioppo. Quanti ricordi? Quante festicciola in famiglia ? Quante cene eleganti? Più liberi..li di così!
… e sempre de prus Istados e ‘guvernos’ – cun pagu e nudha diferéntzia de ‘colore’ e a preferu ‘demogratzias’ ditaturas – sunt “Comitati d’affari” de una economia sempre de gherra e sempre prus in gherra pro si apropriare sa fita prus manna de su mundhu e produindhe sempre prus armamentos e isperdindhe zente, benes e logu.
Sos irbariados de unu manincómiu e delincuentes in galera tiant fàghere meda prus pagos machines e prus pagos disastros.
Ma ite cretinada est custa?!