Ieri l’Assessorato all’agricoltura della Sardegna ha diffuso un comunicato in cui parla di refresh e in realtà si occupa d’altro. Per quanto sempre di agricoltura si tratti, bisogna costantemente tenere distinte le pere dalle mele, specie se la confusione genera danni ingenti per le imprese sarde.
Cominciamo col dire che a nostro avviso il Governo sardo non ha risolto proprio nulla sul refresh e che esiste e persiste un danno finanziario molto grave a carico dei pastori della Sardegna.
Ma per dimostrarlo occorre avere pazienza e intelligenza, perché è una di quelle situazioni nelle quali le parole purtroppo imbrogliano.
Un po’ di storia.
La questione del refresh inizia nel maggio del 2014 e noi la segnalammo subito come un’operazione rischiosissima e grave ai danni della Sardegna. Questo il nostro intervento.
Spiegavamo che, per un errore politico gravissimo fatto nel 2007 e poi confermato nel 2009, la Regione aveva affidato ad Agea, agenzia governativa italiana oggi sotto inchiesta, la funzione dei controlli locali in agricoltura.
In virtù di questo incarico ricevuto, Agea provvide nel 2014 a riclassificare i terreni della Sardegna, decidendo di fare una cosa molto grave: ridurre l’estensione delle superfici dichiarate pascolabili e quindi ammissibili al finanziamento da parte dei nostri pastori.
In sostanza, circa 274 mila ettari sardi vennero dichiarati non utili ai fini dell’esercizio di pratiche agricole e quindi esclusi dalla possibilità di essere finanziati. Il danno finanziario è stato enorme.
Il meccanismo perpetrato nel silenzio delle stanze ministeriali dall’agenzia del governo italiano fu questo.
Prima si poteva classificare un terreno col codice 654 ( bosco al 50%) e quindi vedersi riconosciuta come finanziabile il 50% della superficie boscata; dopo il refresh questo non è più possibile perché i codici 654 (bosco al 50%) sono tutti diventati codici 650 (bosco) non pascolabile, con perdita netta della superficie boscata. Allo stesso modo, i codici che riguardavano di solito i pascoli con macchia mediterranee e/ cespugli (653) sono diventati nella migliore ipotesi 654 (bosco 50%), nella peggione 650 (bosco e quindi escluso dalla finanziabilità) o addirittura Tare (770) escluse ovviamente dalla finanziabilità.
Ovviamente, il nostro allarme non venne ascoltato e si disse che erano tutte balle. Nel frattempo gli agricoltori continuarono a presentare le loro domande di finanziamento in genere presso i Centri di Assistenza per l’Agricoltura (i CAA) come se il refresh non fosse intervenuto. Inevitabilmente migliaia di domande finirono in anomalia e le pratiche di finanziamento si bloccarono.
Il Partito dei Sardi presentò la mozione n.91, primo firmatario Pier Mario Manca, ovviamente mai discussa dal Parlamento sardo, perché la Giunta e la maggioranza ritenevano allora come oggi che noi del Partito dei Sardi siamo troppo esigenti e dobbiamo essere lasciati cantare.
Fatto è che non più tardi un mese dopo, a giugno 2014, cominciarono i dolori, e che dolori!
I pastori cominciarono a ricevere le lettere da Agea che comunicavano che la loro domanda di finanziamento era risultata anomala e che in ragione della ridefinizione delle superfici ammissibili, il loro finanziamento, atteso secondo il vecchio computo delle superfici della loro proprietà, era decurtato di migliaia di euro. Questo l’articolo che denunciava l’arrivo delle lettere.
Toccata la tasca, scoppiato il problema. I pastori giustamente si adirano e allora, e solo allora, la Regione si muove. Che cosa si inventa? Un pannicello caldo, anzi tiepido.
La Regione fa un’operazione di grande impatto emotivo e di bassissimo impatto pratico: comunica al Sipa (Sistema di identificazione delle particelle agricole) che 108.000 mappali della Sardegna sono interessate da pratiche tradizionali (D.M. del 18/11/2014 di applicazione del reg.UE n.1307/2013, della cui essitenza fu proprio il Partito dei Sardi ad avvertire l’opinone pubblica).
Ma cosa c’entrano le pratiche tradizionali con il refresh? Un beneamato nulla.
Mi spiego. Poniamo che io sia proprietario di 100 ettari. Il refresh me ne ha tagliato 10 su cui io in precedenza prendevo premi mettiamo per 5.000 euro. Mi rimangono 90 ettari, che sono classificati in pascolo, seminativo, bosco e tare, su cui prima del decreto per le pratiche tradizionali prendevo premi per 10.000 euro, perché la la superficie ammissibile era 60 ettari. Se questi miei 90 ettari vengono individuati come sede di pratiche tradizionali, la mia quota di bosco ammissibile a finanziamento per esempio viene incrementata del 20%. Questo comporta che io abbia un incremento del premio maggiorato del 20% rispetto alla superficie boscata. Se la quota di bosco prima ammessa a finanziamento mi rendeva 1000 euro di premi sul totale di 10000, adesso mi renderà 1200 euro. Si capisce chiaramente che l’incremento massimo delle superfici ammissibili al finanziamento non avviene sulla superficie totale precedente il refresfh, ma solo su parti particolari della superficie residua che matematicamente non possono compensare la totalità delle somme perse.
E bisogna dire con chiarezza che il decreto sulle pratiche tradizionali non ha valore retroattivo, non sana proprio un bel nulla delle superfici e dei soldi persi col refresh.
Il problema del refresh si risolve chiedendo ad Agea un sopralluogo sul campo e accettando che se il sopralluogo conferma il taglio del refresh il proprietario paga la prestazione del tecnico; viceversa se invece risulta che ha ragione il proprietario, Agea deve rendere le somme con gli interessi. A oggi le domande presentate per la revisione del refresh non superano il 10% dei proprietari interessati.
Adesso credo si capisca perché siamo lontani mille miglia dai toni rassicuranti dell’Assessorato dell’Agricoltura.
Nelle campagne della Sardegna manca una sola cosa: il denaro. E manca perché l’agricoltura sarda ha una malattia di sistema: è soffocata da ignoranza, burocrazia e parassitismo burocratico. Non è più dignitoso che per ogni finanziamento incagliato si faccia una manifestazione e poi, una volta sbloccato, ci si faccia la fotografia col ministro di turno. Serve una protesta di sistema, una protesta di Stato che cambi lo stato delle cose. Per queste ragioni i pastori hanno ragione. Speriamo che sappiano intepretare la fondatezza delal loro posizione e non la sviliscano in una semplice e fugace ribellione.