Avevo dieci anni quando, quasi a bordo campo, come accadeva all’Amsicora, lo vidi giocare: Cagliari-Inter.
Lo vidi da vicino. Per me, inarrivabile.
L’ho rivisto ieri, nei video del suo ingresso nel Teatro Massimo di Cagliari per la presentazione del film su di lui e su ciò che ha significato per tanti di noi.
Bellissimo, poetico e fondatissimo il titolo: Nel nostro cielo un rombo di tuono, un endecasillabo dell’anima con cesura in quinta posizione, che lo fa leggere con la pausa giusta: un brevissimo silenzio, dopo l’eroica dichiarazione di possesso del cielo, a preparare lo stupore e la grandezza del giungere inatteso del tuono.
A chiunque abbia pensato e scritto il titolo va il mio inutile grazie per avermi offerto finalmente un verso epico.
Riva è stato per la Sardegna ciò che Maradona è stato per Napoli.
Ma ieri, con quella sua commozione stupita del bene di cui è circondato, Lui ha fatto l’ennesimo dei miracoli che riescono solo alle anime innocenti: unire grandezza e purezza, fragilità e forza, dignità e fortissima, inesauribile e dolcissima compassione umana. L’ho rivisto segnare, grazie a quelle lacrime trattenute: questa volta dentro di me. E mi sono alzato in piedi a salutarlo, come feci da bambino.
Sono fiorentino di nascita e 64 anni di età. Nonostante la mia fede Viola, Gigi Riva è stato ed è il mio idolo calcistico di sempre e di riferimento nella vita. Grande Gigi !!!!
Buongiorno. ho qualcosa da dire anche io in relazione su quanto scritto da Angelo e sulla modestia dell’uomo che è “Gigiiriva”.
Nel 1990, durante i mondiali di calcio, la nazionale risiedeva presso il Marino. l’Italia qualche giorno dopo avrebbe disputato la semifinale a Napoli con l’Argentina.Volevo andare a vedere l’Italia in finale qualora si fosse gudagnato il suo diritto.
Telefonai al Marino chiedendo di Riva e mi dissero che non c’era ma l’avrei potuto richiamare di pomeriggio cosa che feci. Mi passarono Riva, gli spiegai che ero un Signor nessuno ma grande tifoso del Cagliari, amavo il calcio e speravo in qualche modo che potesse procurarmi i biglietti per la finale che in quel momento stavano prendendo la direzione di prezzi allucinanti che non potevo permettermi. Mi disse di richiamare tra qualche giorno. Riva mi aveva procurato i biglietti che io non sfruttai perchè di li a poco l’Italia fu eliminata. Lo telefonai rinunciando ai biglietti e ringraziandolo per la sua attenzione e cortesia verso un perfetto sconosciuto.
Ancora oggi si mettono a ridere quando racconto il fatto, compresa la buonanima di mio fratello, che però un giorno mi disse – dopo tanti anni, lo racconti sempre e ora ci credo.
Grazie ancora Gigiiiriva, solo per aver conosciuto il tuo esempio di uomo, posso affermare di essere solamente un pochino migliore di prima
Volevo dire che hai fatto un errore nella tua bellissima lettera. Non c’è paragone fra quello che Gigi è per noi con quello che Maradona e per i napoletani. Per un semplice motivo: Maradona è andato a Napoli quando già era qualcuno e poi se n’è andato. Riva è venuto da noi ragazzino ed è con noi ancora adesso che ha 78 anni. Capito la differenza?
Ho visto la commozione di Gigi quando è entrato in sala x vedere il film a lui dedicato…mi sono commossa anche io…non l’ho mai incontrato… penso che questo desiderio resterà un sogno nel cassetto…grande Riva tutta la Sardegna e non solo ti ama
Ho visto il film, sono riemersi i ricordi, il rientro a scuola in 5° elementare dopo il fresco scudetto, salutato dai cori di tutte le classi, non il severo Maestro, non il temuto Direttore, nenche un genitore, nessun bidello o altro, che avesse da ridire, solo gioia generale.
Debbo dire che la sede sociale e la foresteria del Cagliari, era in Via Aosta 4, tutto il primo piano, stesso condominio dove abitavo. I giocatori erano I nostri vicini di casa.
I miei genitori gestivano una delle piccole botteghe
della via, quindi erano anche nostri clienti.
Tempi da bibite Puddu e Siete Fuentes, delle confezioni di latte fresco, molto apprezzato da Boninsegna che lo beveva crudo, di gazzosa, spuma, aranciata. Altri tempi.
Ricordo lo spavento della prima volta che vidi Gallardo, la mia fuga e il suo sorriso, bianchissimo! Le risate di mio fratello maggiore.
I calciatori del Cagliari, li ricordo come persone semplici, ricordo l’ora del rientro serale in gruppo, verso la foresteria, ricordo anche l’invidia per le belle ragazze, appostate nelle vicinanze della sede. Se non ricordo male, il solo Albertosi era sposato e viveva con la famiglia.
Il calciatore più presente era Nene’, chiamava Maria mia mamma, perché non sapeva pronunciare il suo nome.
Aveva un rapporto allegro con tutti, specie con i bambini e i ragazzi.
Quando necessitava di ghiaccio per qualche botta ricevuta sul campo, si presentava in bottega, diceva: “Maria vengo nella tua bottega, perché non capisci nulla di calcio”, per cercare di sdebitarsi regalava i biglietti per l’ingresso all’Amsicora. Non venivano ritirati, oltre al lavoro in bottega e a casa, i miei non avevano tempo per andare alla partita, ai tempi si lavorava anche la domenica.
Con i miei fratelli si entrava allo stadio per altre vie.
Ricordo i miei cugini che ore prima della partita, prendevano posizione nella “tribuna alberata”, i rami dei pini posti intorno allo stadio.
Ricordo il Viale Diaz pedonalizzato, chiuso all’altezza dell’ingresso della Fiera, gli arrivi da tutta la Sardegna, anche sopra i carri a trazione equina, le zucche usate come borracce, gli spuntini nei parcheggi, i cuscini rossoblu’, le bandiere, i tavoloni sorretti dai tubi Innocenti delle gradinate, calpestati ritmicamente dai piedi del tifosi e il conseguente frastuono.
Concordo con la scritta sui muri del cimitero di Napoli, dopo la vittoria del loro scudetto: cosa vi siete persi!
Un grazie a Riva e a tutti I giocatori.
Un hombre vertical
Ho visto il film semplicemente stupendo grazie Gigi per tutto ciò che hai fatto per noi
Sono curioso di vedere il film anche se mi dicono che siano tre ore di “Sardegna canta” con uno sguardo speciale verso i giganti di Monteprama
Era il primo giorno di febbraio del 1976. Avevo 8 anni.
Al Campo si giocava Cagliari Milan.
Le partite del Cagliari, nel nuovo stadio Sant’Elia, erano veramente un rito popolare.
Rito domenicale anche per comitive familiari.
I tifosi giungevano da tutta l’isola. La mia domenica al Campo, come lo chiamavano, si avviava preso per mano da mamma e papà con il viaggio in autobus. Per attraversare il canale di Mammarranca ci si accalcava sul ponte militare con pedane in legno e sentivi un coro intonare Israel, Israel, Israel. Era la sigla dell’omonimo sceneggiato che veniva trasmesso in TV in quel periodo.
Noi, classe operaia, assistevamo alla partita dalla curva nord.
Le tifoserie Ultrà sarebbero arrivate anni dopo.
Le curve erano un miscuglio di fenomeni popolari cittadini e rurali. Per me bambino un divertimento senza eguali.
Il 50′ minuto è quello che non dimenticherò mai.
L’infortunio di Gigi Riva.
Il silenzio assordante di quei momenti.
All’uscita del campione dal campo, dolorante, molti tifosi con lacrime agli occhi.
Quel Cagliari è una parte importante del vissuto di tanti sardi.
Dopo circa 30 anni, in una locanda di uno sperduto paese messicano ebbi un sussulto nel trovarmi di fronte alle statue a grandezza naturale di Riva fronte a Pelé, nelle loro divise nazionali, separati dal classico pallone a scacchi bianco e nero.
Il mito di Riva.
un giorno prendo il coraggio a quattro mani e gli scrivo una lettera per invitarlo a presenziare ad una manifestazione della scuola calcio di cui faccio parte.
da bambino lo odiavo, perchè il grande Cagliari osteggiava i trionfi della mia Inter
quindi penso: figurati se quel pallone gonfiato si abbassa a rispondermi
durante una cena fra amici, pochi giorni dopo, mi chiamano al cellulare; nel casino rispondo: “chi è?”
“Buonasera signor angelo, sono gigi riva”
ed io: “aiò smettila, chi cavolo sei?”
in un lampo riconosco la voce, inconfondibile, di gigi riva!
rettifico in un nano secondo: “mi scusi signor riva, aspetti un attimo”
esco dalla sala del casino e parliamo, mi chiede scusa di non poter intervenire alla nostra manifestazione, lui era il manager della nazionale e gli impegni glielo impedivano
all’improvviso mi accorgo che quell’odiato “pallone gonfiato” io lo amo
amo la sua modestia ed il suo sobrio essere schivo
rientro nella sala del casino della cena degli amici e mi chiedono: chi era?
e io: “Uno…”
“Uno chi?”
“GIGI RIVA…”
ancora oggi ridono
io, invece, ancora oggi mi vengono i lucciconi
Grande uomo capace e sensibile nello stesso tempo
Come d’altronde sei tu Paolo
Grande uomo che si è meritato l’affetto di tutti noi.
Un Omini balente
Sì. Commozione anche nostra, per un parente, non per un mito.