Qualche giorno fa il ministro della Difesa della Repubblica Guido Crosetto ha rilasciato questa intervista a La Nuova Sardegna.
La si legga con un po’ di attenzione.
Crosetto non ha un atteggiamento negoziale, ma assertivo. Il ragionamento è semplice: la Sardegna è strategica per la Difesa dell’Italia, quindi la Difesa dell’Italia ha diritto di fare in Sardegna tutto ciò che ritiene utile e necessario. Affermato questo principio, il ministro si dichiara disponibile a regolare nel miglior modo possibile il rapporto con le amministrazioni locali interessate.
Primo punto: il ministro non contempla che si accerti il parere dei Sardi sul peso che la Difesa dell’Italia fa gravare sulla Sardegna. La Regione, come istituzione, è citata una sola volta a proposito di alcuni tavoli tecnici (nella storia delle servitù militari ci sono sempre stati tavoli tecnici) che dovrebbero avvicinare “le esigenze” (si noti il termine scelto, ‘esigenze’, non i diritti) della Sardegna e della Difesa. Per il resto, l’interlocutore prediletto è il Comune, più piccolo della Regione, senza velleità nazionali e facile da condizionare tra prefetti, magistrati, Carabinieri ecc.
Il problema delle servitù militari non è più, per questo governo, un problema politico, cioè un problema di una decisione di Stato non condivisa e imposta da decenni a una popolazione che è costretta a subirla. È invece un dato ineluttabile di cui si può negoziare solo l’attenuazione delle conseguenze.
Il ministro non ha alcuna consapevolezza del fatto che la Sardegna da sempre, da quando la Repubblica è nata, paga il prezzo più alto d’Italia per le servitù iscritte sul suo territorio. La sua risposta è brutale: è così e basta, ce ne si faccia una ragione. Non parlerebbe così se le stesse superfici, le stesse devastazioni ambientali (sulle quali tornerò), le stesse bugie, le stesse interdizioni, fossero imposte al Veneto o alla Lombardia o al Lazio.
Non parlerebbe con questa sicumera da fureria di caserma punitiva se fosse consapevole che la vocazione principe della Sardegna è quella turistico-ambientale, la quale è nettamente in contrasto con giochi di guerra, con cannoni e top gun.
Non parlerebbe con spocchia liquidatoria dei risultati della Commissione d’inchiesta sui poligoni presieduta da Giampiero Scanu, la quale tutto è stato fuorché un conato ideologico, basti guardare alla dovizia di dati e di dettagli che ha fornito e anche al coraggio che ha diffuso, anche tra i vertici delle forze armate, nell’assumere posizioni severe verso ordini di utilizzo dei soldati in situazioni non adeguatamente protette per la salute degli uomini e sicuramente dannose per l’ambiente.
Non parlerebbe così se non sapesse che non esiste un solo Ministro della Difesa di Centrosinistra che possa alzarsi a contestarlo, perché tutti, ma proprio tutti, i ministri della Difesa di Centrosinistra (con la sola eccezione forse di Mario Mauro) si sono fatti fagocitare cum gaudio dal fascino delle Forze armate, dalla forza occulta dei loro servizi segreti (un mistero insondabile) senza mai esercitare il primato della politica laddove più che in altri ambienti ve n’è bisogno. Se mi ricordo il volteggiare sulla Sardegna dell’elicottero vacanziero della Pinotti mi si riacutizza la diverticolite.
Non parlerebbe così se le istituzioni sarde avessero, praticassero e esercitassero un vero spirito nazionale sardo, cioè una coesione non imposta dalle circostanze geografiche, ma voluta dalla libera determinazione dei cittadini.
Secondo punto: i celebrati fasti dell’insularità svelano oggi la loro drammatica inconsistenza (oggi L’Unione Sarda trasforma l’auspicio salvifico di Michele Cossa in una profezia rassicurante tanto pompata quanto falsa).
L’insularità è l’ultimo prodotto politico di comodo di una forma molto arcaica, paleoispanica, di intendere l’autonomia, la quale si riduce a chiedere che siano i sardi a esercitare alcune funzioni (non tutte, non sia mai che si illudano) di governo e a rivendicare indennizzi economici per i costi patiti per la condizione geografica, cioè per essere un’isola.
L’insularità esclude a priori, e la bolla come eversiva e pericolosa, che la questione sarda sia una questione politica, cioè di poteri e di libertà. La domanda cui risponde l’insularità (questa invenzione di un pezzetto della borghesia nera cagliaritana, quella più intrecciata col potere burocratico, giudiziario e poliziesco, tutto immerso negli interessi immobiliari e sanitari della capitale del regno, parassitaria nell’animo e crudele nello scontro politico, ma sempre in segreto, nel salotto, nel boudoir) è “Cosa ci date?”; quella del federalismo e dell’indipendentismo democratico e parlamentare sardo è: “Chi ha diritto di governare in Sardegna e come?”.
Per questi motivi l’insularità non trova niente da dire a Crosetto, è costretta a un piccolo negoziato di indennizzi, ma non riesce a porre questioni politiche, non riesce a dire: “Non puoi parlare da padrone in quest’isola, perché non lo sei per ragioni culturali, giuridiche e politiche e perché noi non ti riconosciamo come tale”.
Per questi motivi la Sardegna di Solinas fa finta di non sapere ciò che la commissione Scanu ha ampiamente dimostrato.
Però Crosetto ha un merito: si è preso con brutalità il potere che i comitati per l’insularità gli hanno consegnato e lo ha esercitato. La degenerazione salottiera della cultura politica sarda ha trovato chi ne ha svelato l’intima natura servile e subordinata. A cuccia.
Per Enrico
Trovo il tuo ragionamento non condivisibile.
Estremizzando possiamo lasciarci investire da una macchina in corsa perché è assicurata e avremo “l’indennizzo”?
Anche le scorie atomiche si possono accettare, basta che paghino bene.
Possono installare tutte le pale eoliche del mondo, basta che ci paghino l’affitto?
Abbiamo ciascuno due reni, uno lo si può vendere se il prezzo è congruo?
sig. Sir Bon, senza polemica
Le dico che a legger Lei parrebbe che tutti campiamo felicemente dalle basi militari, e alternative non ne abbiamo.
per me potremmo campare da turismo esperienziale (nella singole ed irripetibili varietà che ci possiamo permettere nei vari segmenti di territorio e di cultura sarda), ma anche di turismo vacanziero marittimo o montano, ed inoltre di artigianato di qualità, di prodotti alimentari di nicchia ma anche industriali ecocompatibili, di servizi legati alla produzione di energia eolica, solare, o idroelettrica, o ancora di quelli legati alla cura della persona (medici, fisioterapisti, istruttori di palestra), di commercio, di allevamento di bestiame rispettoso del benessere animale, di coltivazione di ortaggi o di frutta o cereali o foraggi. si potrebbe altresì campare dignitosamente di artigianato edilizio, di servizi dell’educazione scolastica e sportiva oppure di quelli di trasporto, di fabbricazione di infissi di vario tipo e materiale, di macellazione, di produzione di pane e ravioli e cicciones (o malloreddus che dir si voglia), di tutela del patrimonio forestale e di sfruttamento ecocompatibile del legname boschivo. . .
se vuole continuo, sempre senza polemica e senza dimenticare che il benessere dato dalle servitù militari non è gratuito, visti i prezzi altissimi che molti sardi hanno pagato e stanno pagando e che i nostri figli, nipoti e pro-pro nipoti pagheranno.
dimenticavo, facciamo anche vini discreti
Fortzis Sir Bon est naschiu irisero e no at tentu su tempus no naro de fàere su contu ma assumancus de si fàere un’idea de cantas cosas ant impostu a is Sardos e fatu in Sardigna a dannu e isfrutamentu chentza perunu pàrrere e chentza pòdere nàrrere mancu “Bah!” e fortzis fintzas cun s’iscusa de nosi giare agiudu (!!!), si calecuna cosa assumancus de is úrtimos dughentos annos SirBon aiat pentzau o cricau de ndhe ischire po contu suo, datu ca in s’iscola chi at fatu (isperaus chi ndhe apat fatu meda e cun profetu), prus adata a fàere ignorantes de is cosas e fatos chi nosi pertocant de diritu e de dovere, at agatau inveces fortzis solu su númene de sa Sardigna e mancari solu in calecuna cartína geogràfica (ca giai essit fora de su pígiu de su mare) ma mancu duas errigas po ischire chie e in cale mundhu seus!
At bistu solu totu is «NO» chi aus nau urtimamente, chentza fàere mancu su contu de su poite e de cantas cosas trotas aus sighiu (is chi ant sighiu!) at pigare a conca incrubada prus a bisura de “inchino” chi no de bregúngia, dannu e dispraxere e sensu de responsabbilidade.
Iat a èssere bellu a ischire ite iat a nàrrere (si no fàere) SirBon si in domo sua unu prepotente si faiat mere e faiat su chi dhu paret, dhi serbit e podet ca dhi paret dhi serbit e podet chentza fàere contu de SirBon!
Ite dhue faet SirBon in domu sua? Nudha! E tandho a fora SirBon!
Coment’e în cassa de sirbones candhos dhos agiàgarant is canàrgios po is cassadores prontos.
Chentza mancu pentzare chi in su mundhu, e prus puru in custa terra, chi est su primu logu de sa libbertade e responsabbilidade de is Sardos, no che seus a títulu individuale che is crabas o coment’e bidhajos e bidhúnculos ma colletivamente coment’e gente e pópulu cun sa matessi dignidade umana e civile, diritu e dovere de is àteros.
«rii-poso» a Enrico?
Poneus, invece, chi Enrico no siat mancu unu militare personalmente interessau ca est “occupato” che àteros Sardos militares, medas, po no fuire emigraos che is emigraos fuindho sèmpere a trumas de una terra errica de benes e de possibbilidades ma parassitada, isfrutada comente ant fatu totu is dominadores e peus puru s’Istadu italianu, no mancu no ca est fatu de gente peus ma ca est capitau in d-unu tempus de irvilupu mannu comente mai in àteros tempos e at tentu de pinnigare risorsas chi no teniat in su continente, e chi de candho si agatat at coltivau, a programma de istúdiu!, s’ignoràntzia de is Sardos e de is Italianos puru chi no ischint ne candho ne comente e ne poite sa Sardigna dha tenent a “regione italiana” e mancari, de bonugoro, pentzant de nosi agiudare puru, ca is Sardos seus de sèmpere a… su “top” conca a bàsciu in is puntos prus bàscios de totu is graduatóriag (salvu sa disocupatzione de is disocupaos e… s’ocupatzione de is bases militares po addestramentu a sa gherra).
Ma dhi paret chi is comunas chi tenent polígonos funt solu issas totu sa Sardigna? Totu su restu de sa Sardigna no tenet nudha istrobbu, dannu mannu e nudha de nàrrere?
E poite is polígonos de addestramentu a sa gherra dhos ant postos in Sardigna? Po giare ocupatzione a is Sardos? O ca sa Sardigna, gràtzias a is domínios, isfrutamentu e derruimentu est unu mesu desertu (coment’est ancora oe chi teneus apenas 68 abbitantes a chilómetru cuadrau, candho s’Itàlia ndhe tenet prus de 200)?
In Itàlia, semplicemente, no teniant e no tenint logu e aprofitant de sa miséria e derruimentu de sa Sardigna e no po fàere praxere o giare agiudu a noso.
E dhi paret chi siat de contare “occupazione” cantos meses in s’annu is piscadores (lassaos mòrrere cun atretzadura de pescare solu acanta, candho sa pisca in Sardigna podiat e podet tènnere una prospetiva de irvilupu si no istat ca, essendho noso in buciaca de s’Itàlia sa UE no si dhu lassat fàere ca… s’Itàlia piscat giai meda) is nostos funt cundennaos a istare firmos po no istrobbare is esercitatziones militares, in càmbiu de sa límúsina de su “indennizzo” chi dhis giaent apustis fintzas de annos!!! E custa iat a èssere “occupazione” e cosa chi interessat solu a is comunas inue funt is polígonos? Totu su restu…mudu tue! E poita e citire?
Poite sa Sardigna depet èssere, ne meda e ne pagu, ocupada càrriga, posta a polígonos militares e provare òperas de gherra e po fàere gherras e no cun sa gente ocupada a fàere òperas de paghe po bisóngiu, dignidade, diritu e dovere po una vida de paghe po noso e is àteros puru? Est s’indústria de sa gherra sa chi giaet s’ocupatzione?
Custa est ‘política’ miseràbbile de prepoténtzia e de aprofitamentu de chie produit po sa gherra e de is guvernos e partidos italianos, e de innangarúmene de is ‘políticos’ sardos no solu po su pagu chi iant a pòdere si iant uniu is fortzas de is Sardos e interpretau e rapresentau su torracontu assumancus de sa Sardigna, ma fintzes ca interessaos a is fatos e torracontos personales o de buteghedha de partidos de domíniu, ispimpirallaos in si partidos de totu is divisiones, chentza seriedade e ne dignidade, cosa de pedidoredhos a professione pedidores!
Sono d’accordo con Enrico.
Alla Maddalena sono contentissimi.
Approfitto dell’argomento per ampliarlo: qualcuno mi spiega (senza polemica) di cosa dovremmo vivere in Sardegna? (niente pale eoliche, niente industrie, niente militari, ecc.)
Forse di “turismo ESPERIENZIALE”??
Scusate la h mancante. Non rileggo
Nessun riposo e nessun attenti. Semplicemente la constatazione di fatti. Le servitù oltre disagio anno portato benessere economico. I beni immobili che il popolo sardo si è trovato a gestire dopo la dismissione delle basi è finito in un cumulo di macerie. Provate ad andare a Decimo a dire che devono togliere la base. Vediamo se il popolo sardo è felice o no. Altro discorso per rifiuti e scorie. Non mi pare rientrino tra questioni di difesa nazionale. In ogni caso non si può dire a tutto no (no ai termovalorizzatori, no al metanodotto, no all’eolico, no alle industrie, ecc ecc), Salvo a non voler restare in questa tragica condizione di arretratezza in cui ci troviamo. Però con la schiena dritta. Pronti a raccogliere i frutti degli alberi perchè solo questo ci è rimasto. Altra cosa è intavolare una trattativa per forti indennizzi, sacrosanti e giusti. Ma non con slogan e rivendicazioni che oltre a non aver senso non raggiungono i risultati.
Anche a Roma hanno capito che hanno
a che fare con gentixedda, non con un popolo cosciente di esserlo e capace di decidere il proprio futuro.
Per Enrico: quindi sempre “usi a obbedir tacendo e tacendo morir”?
Ma anche no, grazie. Perché a forza di obbedir tacendo ci ritroviamo, oltre a poligoni e servitù militari, anche rifiuti e scorie militari.
Enrico, riii-poso …..
A me sembra che i comuni, le località, dove le famigerate servitù militari sono state smantellate stiano ancora piangendo per le opportunità economiche perdute. Non sono sicuro che i comuni, e i loro abitanti, gradirebbero molto la dismissione delle basi. Curioso di vedere un referendum in tal senso. Ma solo tra i comuni interessati, Facile votare contro quando non si perde il posto di lavoro e l’indotto. Come mi sembra che gli immobili ceduti dalla difesa alla Sardegna siano diventati un cumulo di macerie inutilizzati.
Inoltre in una nazione che si rispetti certi argomenti, certe problematiche, come quelle della difesa nazionale non devono passare al vaglio della cittadinanza. Come è giusto che sia. Non tutto può essere oggetto di consultazione pubblica. Ci mancherebbe
Si totu sos ‘políticos’, sos ‘sardos’, chi ‘contant’, de sos PSd’Az prus ‘autonomistas’ (???) a sos de donzi colore prus ‘unionistas’ a dipèndhere, sunt iscazados, iscallaus in sos partidos italianos (de una bandha a s’àtera totu ‘contrària’), sunt gai malos a cussentire, malos a cazare (e antzis si podet nàrrere chi sunt fintzas a s’istadu de vapore e si tiant dèpere ifritare meda pro los torrare nessi a s’istadu lícuidu), ite àteru comportamentu e política podimus pessare chi cherzant fàghere?
Est abberu chi sos bios no sunt fóssiles pro archeòlogos e chi s’isperàntzia est sempre s’úrtima cosa a mòrrere (goi fintzas pro cudhos chi sunt donzi die bombardendhe e bochindhe e isperdindhe e ipso facto postos a sa míria, bersàgliu, impreados faghindhe sa “operazione speciale’, no isco ite li narant sos putinistas in “russu”), però, arràbiu, istendhe a sa Sardigna medas Sardos za ant pérdidu fintzas s’isperàntzia de cambiare carchi cosa de sas sustàntzia dipendhéntzia (pro no nàrrere bisonzu e dignidade, libbertade e responsabbilidade) e mancu a votare (pro sa Sardigna) andhant, tantu… a una furriada ‘eletorale’ (nàmuli furriada, nois!) si faghet unu bucu in s’abba de unu colore, e a s’àtera (e àtera bandha) unu bucu in s’abba de unu colore, sempre bucu niedhu (de cudhos chi che ingullint e paret chi faghent iscumpàrrere fintzas sos istedhos-soles).
Parimus unu pópulu isconcadu, acefalo (no de nàschida curpa de mutatzione genética, ma fatu a isconcadura, a prozetu!); o fossis semus cun sa conca peri sas aeras, ifatu de sas nues (chi si no irballo za sunt cussas puru vapore, si no s’ifritant e torrant nessi a s’istadu lícuidu pro istare in terra pro su chi serbit s’abba).
Ma a ite semus pessendhe sos Sardos? Chi sos Italianos, per venire in nostro aiuto, sunt pessendhe a nois?
Tempus e àterus cheriant pro pessare a issos etotu!
Si ndhe fint essidos de sas gàbbias tricolores fossis si fit bidu ite sunt bonos e ant gana de fàghere, nessi pro èssere zente.
Non si può accettare di essere schiavi sulla pelle dei comuni interessati.
Biden ha chiesto e Italia concede, nella sua colonia.
Meglio un Crosetto che dice la verità ed esercita senza remore (perchè un uomo di destra nazionalista italiano dovrebbe avere remore?) il potere centralista del quale dispone (cioè potere di oppressione militare esercitato senza remore) che i viscidi divincoli di chi fa l’autonomista e finge.
Fra essi alcuni che all’ombra delle forze armate riempiono bocca, sedere e portafoglio.
Condivido le considerazioni lucide e pertinenti di quanto hai scritto. Sarebbe opportuno promuovere un incontro regionale, a più voci, per approfondire l’argomento e coinvolgere i tanti inconsapevoli che non muovono un dito anche su queste questioni.
Io sono Coordinatore della Tavola Sarda della Pace e posso proporre agli altri portavoce un’assemblea sul tema. Paolo Pisu.
Caro Paolo, come sempre puntuale ed illuminante nel commentare in modo libero e critico quanto sta accadendo in Sardegna ( e non solo) nel silenzio assordante della politica ( perché inesistente) e di una informazione asservita.
La gravità di quanto si evince dall’intervista al ministro Crosetto avrebbe dovuto scuotere in profondità ogni Sardo e maggiormente chi dovrebbe rappresentarlo curandone diritti ed interessi come persona, individuo e membro di una comunità attuale e futura!
Hai fatto bene a richiamare il significato dei vincoli imposti e le conseguenze sulla salute e sull’ambiente emerse, peraltro, ove non bastasse, dal lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta che pure hai richiamato…altro che impostazione politica ideologica…peraltro preferibile ad una politica rappresentativa di interessi militari!
Questo è un tema che non ammette facili compromessi o giustificazioni quale il contesto internazionale: non è una risposta ma un aggravio delle condizioni e dei presupposti per continuare ed inasprire la guerra – e le guerre- in atto. E la Sardegna ed i Sardi ne pagheranno le conseguenze in modo ancor più forte .
Su questo tema, ritengo , debba (ri)fondarsi una Politica degna di questo nome.
In alternativa, solo gestione e scambio di interessi e diritti dei cittadini e della comunità con utilità personali dei gestori ( erroneamente ancora chiamati politici ed ancor più erroneamente chiamati rappresentanti di quei cittadini e di quelle comunità!).