Se le elezioni si risolveranno nella competizione tra noti di cui parlano oggi i giornali, possiamo avere già una certezza: pochissimi andranno a votare.
Se diventeranno le elezioni del solo tentativo di conferma degli uscenti, saranno elezioni poco o nulla interessanti, al di là della rispettabilità delle persone.
Il motivo è semplice: non si capirebbe la posta in gioco.
Perché le elezioni perdano di ritualità ripetitiva e tornino ad essere competizione politica, devono essere realmente una gara aperta, cioè deve essere realmente la gente a decidere e non l’oculata tattica dei partiti.
Non per salvarsi ma per vincere E allora la prima necessità da soddisfare è gareggiare per vincere e non per salvarsi (nel senso del salvataggio del ruolo e del reddito dei parlamentari).
In questo senso, le ultime dichiarazioni di Calenda (e di Letta) sono una solennissima minchiata.
Calenda non vuole il Movimento Cinquestelle. Letta parla di irreversibilità della rottura con Conte e di un forte desiderio di isolare anche Renzi. Tutto questo andrebbe bene con il M5S, Renzi e altri ridotti a zero. Ma le cose non stanno così, e dunque Letta e Calenda, volendo salvare esclusivamente la propria posizione e dunque teorizzando la divisione irreversibile, andrebbero dagli elettori con una posizione chiara: vogliamo perdere.
L’area che si oppone al Centrodestra o trova un accordo o perde e perde male, consegnando i collegi maggioritari a Salvini-Meloni-Berlusconi.
L’accordo politico Se invece si dovesse trovare un accordo politico, si rischia di vincere.
In questo caso le elezioni diverrebbero interessanti, perché l’elettore sentirebbe il profumo della gara vera che dipenderebbe, negli esiti, realmente da lui.
Quali gli ostacoli per un accordo fondato su resistenza democratica, sostenibilità ambientale, equilibrio sociale di diritti e doveri, educazione e cultura, federalismo sociale e delle nazioni, ordine pubblico giusto (quello inesistente nelle città) e giustizia giusta (quella inesistente nello Stato)?
Gli ostacoli sono le rivalità personali, in genere tra maschietti narcisisti, quelli che usano l’intelligenza con l’insipienza della pulsione sessuale (traduzione= usano l’intelligenza come la testa del membro che, come è noto, non ha neuroni, cioè sprecano l’intelligenza per l’effimero piacere).
Proviamo a immaginare un M5S non guidato dallo spirito di vendetta di Conte; proviamo a immaginare Letta senza rancori verso Renzi; proviamo a immaginare Calenda senza la sicurezza di essere migliore di tutti; proviamo a immaginare Fratoianni e la moglie candidati in un collegio sicuro e resi così immemori della Terza Internazionale; proviamo a immaginare le candidature degli uscenti senza la paura degli uscenti del ritorno alla vita comune, che può essere bella, se sana, e non va temuta, ma anzi ricercata (i riti e le forme del potere, quando la vita trascorsa è maggiore di quella che rimane, non dovrebbero avere fascino, anzi dovrebbero manifestarsi in tutta la loro sostanziale prossimità alla necrofilia, all’amore per ciò che si decompone inesorabilmente); proviamo a immaginare tutto questo e, magicamente, le nubi si diradano.
In Sardegna, se l’area progressista si presenterà divisa, butterà alle ortiche una possibile e schiacciante vittoria.
Se tutto verrà occupato dagli uscenti, l’elettore avrà un senso di dejà vu molto pericoloso, perché è questo senso di immobilità che porta all’astensione.
Le élite politiche hanno i seggi sul proporzionale per proteggersi, se proprio è necessario. Sono pochi posti, è vero, ma per colpa della riduzione del numero dei parlamentari votata a stragrande maggioranza in Parlamento. Chi ha partecipato a quel voto sapeva che, di conseguenza, qualcuno sarebbe dovuto tornare a casa. Ma che male c’è a tornare a casa? Non lo capisco.
Se invece si andrà a un accordo, i partiti avranno le liste sul proporzionale per la loro soddisfazione, ma renderanno i seggi maggioritari realmente contendibili.
I seggi sul maggioritario I seggi sul maggioritario dovrebbero invece essere riservati, nel quadro di un accordo politico serio e culturalmente profondo, a personalità che consentano a tutti coloro che si oppongono a questa informe e pericolosa Destra italiana, di poter votare serenamente i candidati presenti nei collegi. In Sardegna si dovrebbero scegliere sei persone (quattro alla Camera e due al Senato) di tale qualità e levatura da poter essere votate da sensibilità e culture diverse, ma convergenti nell’opporsi e nel resistere. La Sardegna dovrebbe diventare quel laboratorio di unità capace di dire al prepuziale spirito di supremazia e di vendetta dei Calenda e dei Letta che è bene riporre tanto vigore ostentato nelle mutande e riprendere a ragionare.
Purtroppo, però, anziché ragionare per vincere, viene presentato sin da ora, sin dall’inizio della campagna elettorale, solo lo spirito dei reduci, il festival degli uscenti. Un disastro. Speriamo in una diminuzione del testosterone elettorale e in un aumento dell’utilizzo dell’anima razionale, diversamente la Sardegna si chessagiagonizzerà, sintassi permettendo.
Tornare a casa sarebbe alternanza e condivisione di tutti a ciò che è di tutti… Ma non tutti sono preparati a gestire la cosa pubblica. O si permetteranno vere espressioni democratiche o l’incompetenza regnerà. Ora noi vediamo che ad ogni livello i signorsi’ regnano e chi ha opinioni personali deve essere neutralizzato.
Poi, come non capire Letta? Le maggioranze composte da bimbi come Renzi, Calenda, Bertinotti non lo sono più se vi è un’opportunità di sostituirsi a colui che hanno essi stessi indicato. Precisiamo, che non si è indicato… Perché succede anche questo.
Come possono i politici essere migliori della stragrande maggioranza di questi italiani allo sbando, opportunisti, ingenuoni, creduloni, politicamente analfabeti?