Pietro Pittalis è intervenuto alla Camera dei deputati, prima il 28 gennaio e poi avant’ieri per denunciare, tra le altre cose, l’uso e l’abuso delle conferenze stampa colpevolizzanti e colpevoliste da parte di talune Procure (almeno due in Sardegna).
Trovate i suoi interventi, integrali, nei link che ho indicato; cercate Pittalis all’interno dei pdf (Ctrl+F per attivare la ricerca).
Qui il video dell’ultimo intervento.
Li riporto, perché la stampa sarda non dà più notizia di niente che sia rilevante (ieri ha anche parlato di interesse di Ryanair per Air Italy che oggi viene puntualmente smentito. Sfondoni quotidiani a zero vendite.)
Credo che sia la prima volta che un deputato sardo, nell’assemblea della Camera e non in Commissione, parla di diritti costituzionali violati (e ancora è poco quel che si sa), di diritto alla difesa violato (questo è il diritto italiano più incerto che esista) e parla intensamente di magistrati che fanno i processi prima dei processi con luminose conferenze stampa. Prima volta che si fa riferimento a questo costume barbaro da parte di un parlamentare sardo.
Siamo davvero al punto nel quale le istituzioni riescono ad aprire uno squarcio sulle disinvolture giudiziarie sarde? Perché ve ne sarebbero di diverse.
Processi politici che durano 14 anni, ma il Pd e i Cinquestelle (non hanno letto la lettera del laburista che ha votato Johnson!) vogliono abolire la prescrizione.
L’uso della carcerazione preventiva con una valutazione tutta da discutere del pericolo di fuga (indimostrato, ma sempre presunto), della reiterazione del reato (Montezemolo è stato a piede libero dopo l’avviso di garanzia per Alitalia; in Sardegna no, in Sardegna si va in galera).
La durata delle indagini preliminari, e qui siamo all’arbitrio impunito del tempo.
La faciloneria con cui si iscrive una persona nel registro degli indagati.
Il perseguire, per la stessa ipotesi di reato, alcuni sì e altri no.
L’abuso dell’apertura di fascicoli contro ignoti, per indagare per lungo tempo su una o più persone senza far decorrere la data di apertura del fascicolo.
L’invenzione di incompatibilità per cariche non rivestite.
Il concorso morale in reati inesistenti, che si traduce nel reato di conoscenza e frequenza di un altro imputato.
Diritti costituzionali fondamentali stramati con un’inversione della gerarchia delle fonti e subordinati a interpretazioni amministrative che se fatte nelle aule universitarie non consentirebbero di concludere il corso di studi.
Le perquisizioni e i sequestri nelle sedi di lavoro di indagati realizzate senza mandare l’avviso di garanzia, col pretesto che non si tratta del loro domicilio.
Le indagini a grappolo (prima una, poi l’altra, poi l’altra ancora) volte a immobilizzare l’imputato con tante di quelle imputazioni che dovrebbe arrivare al processo senza lavorare e senza uscire di casa se non vuole essere sospettato di reiterare il reato.
I fascicoli dormienti, né chiusi né archiviati, grandi strumenti per le indagini infinite.
I capi di imputazione innumerevoli per gli arresti per rendere universale e non soddisfabile in alcun modo i pericoli di fuga e di reiterazione del reato.
Accade questo in Sardegna e nessuno fiata.
Accade che le indagini fanno fare carriera col meccanismo perverso degli encomi e che se qualcuno per sua sventura sta antipatico a un membro della Polizia Giudiziaria, rischia di passare le pene dell’inferno.
Sta cambiando qualcosa? Forse sì, speriamo, perché se solo si alza il velo, la puzza arriva così intensa in alto, che per fugarla si dovrebbero aprire tutte le finestre dei palazzi e delle case.
Ma non so se sia così.
In questa Sardegna arresa all’ignoranza, la tragedia è vissuta come commedia.
La superficialità dilaga, per cui credo serva una testimonianza radicale, gandhiana, profonda e evidente, una sorta di espiazione che dimostri sulla carne che non si tratta di frottole. Un sacrificio contro l’ingiustizia. La costruirò.
Intanto, però, registriamo che almeno un pezzo della tragedia è stato denunciato in Parlamento. Si comincia, poi si vedrà. Grazie a chi ha iniziato, con l’augurio che parli con imputati e avvocati, legga le carte, indaghi e infine parli ancora in quella sede prestigiosa.
Finalmente un raggio di luce su certa giustizia . Non basta essere stati sempre onesti, se finisci nel mirino della polizia giudiziaria (per noi è un’attimo) entri in un tritacarne che solo chi lo ha sperimentato può capire veramente..
Dopo (anni) tutto passa,…forse,intanto ora per molti sei un presunto farabutto.
Un abbraccio ad Antonio, ad Augusto e a Gianfranco
Una di queste domeniche ad Oristano a parlare di giustizia anche con Pittalis che illustrerà la sua interrogazione e con chi vorrà partecipare