Ieri ricorreva il quarantennale dell’omicidio del generale Dalla Chiesa.
Forse la Rai e le reti private potevano fare di più per ricordarlo.
Forse non lo hanno fatto perché non hanno capito il ruolo e il peso svolto da quest’uomo nella cosiddetta Prima Repubblica.
Forse si ha paura di ripetersi che se ancora oggi, pur potendolo fare, non si fa chiarezza su alcuni eventi, significa che esistono ancora interessi esposti rispetto allo svolgimento di alcuni fatti. E se esistono ancora interessi esposti, significa che alcuni aspetti strutturali dell’organizzazione del potere in Italia sono ancora gli stessi. Dalla Chiesa si tappò il naso e il cuore e salvò l’Italia. E fu ucciso.
Le BR prima e dopo Moro Dalla Chiesa è ricordato in primo luogo come colui che sconfisse le Brigate Rosse. Affermazione vera, ma che deve essere scandita cronologicamente in due parti: prima e dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro e della scorta.
Il maggior successo del primo periodo (contrassegnato dall’attività del “Nucleo Speciale Antiterrorismo” 1974-1976) fu l’arresto di Renato Curcio e di Alberto Franceschini. La tecnica usata per condurre a termine l’operazione fu quella dell’infiltrazione: Dalla Chiesa si valse dell’aiuto di un informatore sotto copertura, il celebre e ingiustamente biasimato Silvano Girotto alias Frate Mitra. Qui bisogna fermarsi un attimo per una prima affermazione non smentibile: Dalla Chiesa era un militare che sapeva gestire i suoi uomini sul territorio, ma era anche un uomo esperto nelle tecniche di intelligence. Teniamolo a mente. Il suo maggior insuccesso, proprio sotto il profilo dell’intelligence, fu non aver avuto il tempo di mettere a fuoco il profilo di Mario Moretti e della colonna genovese delle Br, l’area meno politica, più militarista e più non chiaramente legata a Corrado Simioni, vera sfinge del terrorismo italiano dell’epoca.
Non ebbe il tempo di farlo, perché il governo gli sciolse il nucleo antiterrorismo, con motivazioni reali mai chiarite.
Nel ‘prima’ del sequestro Moro va inclusa l’esclusione di Dalla Chiesa dalle indagini e dalle attività immediatamente seguenti la stage di via Fani e il sequestro. Personalemnte, e su base solo indiziaria, mi pare che questo avvenne per una certa diffidenza di Andreotti verso di lui, probabilmente motivata dalla fama di autonomia investigativa del generale: Andreotti, più di tutti, aveva intuito alcuni aspetti del rapimento che potevano essergli sembrati più pericolosi se scoperti che se fossero rimasti coperti o ignoti. Questa ambiguità con un Dalla Chiesa investito di autorità e potere non sarebbe stata minimamente tutelata.
Il sequestro Moro Il sequestro Moro è una vicenda su cui ancora oggi i protagonisti mentono e lo Stato non avvia alcuna seria iniziativa perché la verità emerga.
Moretti e Morucci, più di tutti gli altri (ma non scherza anche l’apparentemente innocua Braghetti, a mio avviso meno sincera di persone come la Faranda e la Balzerani), hanno mentito e sanno di mentire.
Mentono soprattutto su quattro temi.
Mentono sul numero e sui ruoli della persone presenti in via Fani al momento dell’agguato (ho il sospetto che Morucci abbia una buona ragione per farlo, perché, alla luce dell’ultima perizia balistica, risulta vero che molte armi si incepparono, ma anche che una sparò più di tutte e il più capace tra i Br con le armi era proprio lui).
Mentono sul tragitto di Moro verso la prigione.
Mentono sul luogo della prigionia di Moro: ormai è chiaro che fu spostato almeno due volte e che non fu portato subito in via Montalcini (se mai poi vi è stato).
Mentono sulle borse di Moro (guarda a caso prelevate in via Fani da Morucci).
A fronte di queste bugie acclarate, tutti i protagonisti del delitto vivono oggi una vita da persone non dico completamente libere, ma piuttosto libere. Sia chiaro: non intendo perorare la causa del rimetterle in carcere per far dire loro la verità. Mi farebbe schifo pensarlo. Però non si possono neanche accertare nuove verità con tribunali e commissioni di inchiesta e non essere conseguenti nel chiederne conto a chi ha mentito. Resto dell’idea che lo Stato debba garantire sicurezza e libertà in cambio di verità. Serve garantire a chi sa lo stesso programma di protezione (e spiegherò subito da chi) che si è garantito ai pentiti di mafia. E per quanto questo possa far arricciare il naso a qualcuno, è sempre meglio che stare come si sta oggi, sapendo che le menzogne sono state dette, che la verità è ignota ma nessuno se ne cura.
Le carte di Moro Dalla Chiesa è richiamato in servizio contro il terrorismo dopo la fine del sequestro e, tra i suoi compiti, c’è stato sicuramente il recupero delle carte originali del sequestro, sulle quali e per le quali il generale non si fece scrupolo di intrattenere rapporti con Mino Pecorelli (ucciso, ragionevolmente, perché prossimo ad entrare in possesso o delle carte originali, o di alcune di esse o delel foto realizzate da un giornalista dell’Ansa prima dell’arrivo degli inquirenti in via Fani). Arrestare Moretti, Gallinari e compagnia, e recuperare le carte: questa la sua missione. Ma, un uomo dalla acutissima mentalità strategica come Dalla Chiesa, non era certo persona da non farsi alcune domande prima di inziare. Dalla Chiesa capì da subito che l’omicidio Moro era stato sì l’esito di un’operazione delle Br, ma anche uno degli episodi più cruenti della Guerra Fredda in Italia e capì che occorreva interpretare non solo l’azione dei brigatisti, ma anche una partita a scacchi parallela che aveva altri contenuti. Capì che Andreotti sapeva più di quel che diceva. Per lui questo era un pericolo, perché lasciava punti ciechi nel campo di battaglia.
Dalla Chiesa portò a compimento il suo compito.
Arrestò i brigatisti.
Irruppe in via Monte Nevoso, e qui cominciò a cautelarsi.
Sebbene il generale Mori escluda che nell’irruzione in via Monte Nevoso del 1 ottobre 1978 siano state rinvenute carte ulteriori rispetto a quelle consegnate da Dalla Chiesa al Ministro degli Interni, la suocera di Dalla Chiesa ha testimoniato che qualcosa il generale trattenne per sé e che lo fece cautelativamente rispetto a Andreotti. Queste carte non sono mai state trovate, come mai vennero trovati gli originali del sequestro Moro. D’altra parte, le Br hanno sempre denunciato l’eccessiva violenza usata (secondo loro si trattò di una deliberata esecuzione e il carabiniere ferito da un colpo d’arma da fuoco lo sarebbe stato dai suoi compagni dell’Arma) nell’irruzione di Dalla Chiesa nell’appartamento di via Fracchia a Genova, dove morirono nel conflitto a fuoco con i carabinieri quattro brigatisti, la quale sarebbe giustificata dalla volontà di non lasciare testimoni, anche in questo caso, rispetto al rinvenimento di carte del sequestro Moro.
Insomma, le carte del sequestro Moro, se acquisite in originale e completamente, avrebbero da chiarire la battaglia sotterranea e laterale, da iscrivere nel perimetro della Guerra Fredda, che si combattè intorno al sequestro. Possiamo essere certi che si trattò di una battaglia imbarazzante per lo Stato e per l’Occidente, al punto da indurre un uomo di Stato come Dalla Chiesa a coprirla, cautelendosi con alcune carte nascoste che chissà se mai emergeranno dalla storia.
I soldi Infine Dalla Chiesa venne nominato prefetto di Palermo, in pompa magna e senza poteri reali.
Venne ucciso perché stava seguendo i soldi, perché aveva capito che la grande liquidità generata dall’essere diventata la Sicilia la più grande raffineria di eroina del mondo (allora), non rimaneva in Sicilia, ma si riversava sul più importante mercato finanziario italiano, quello di Milano. E anche qui si dovrebbe aprire un capitolo mai scritto fino in fondo, quello dei flussi finanziari da sotto a sopra, dal mondo della droga al mondo finanziario, dalla mafia al grande capitale. Stessa strada che volevano illuminare Falcone e Borsellino, i quali nel maxi processo avevano decapitato i mafiosi, ma non avevano acchiappato neanche uno dei loro soci milanesi.
A che serve sapere tutto questo? Ad avere la forza di affermare che uno Stato può risorgere solo sulla verità. Concetto semplice e duro. L’Italia ci sta costantemente rinunciando.
Al di là di tutta l’intelligence messa in atto non si scoprirono mai i colpevoli…come molti altri episodi di stato rimasti nel limbo..
Bellissimo pezzo. Lucido e di raro coraggio. Grazie
Onore al Generale Dalla Chiesa, tradito e ucciso dallo stato canaglia per cui tanto aveva creduto e combattuto 💔