Una delle accuse ricorrenti e più efficaci contro il pensiero e l’azione politica dell’indipendentismo democratico sardo è quella di non proporre soluzioni ai problemi sociali e economici della Sardegna. Si contesta, insomma, di parlare di temi politici (la nazione, la libertà, l’autodeterminazione) ma di non saper rispondere al carovita, alla mancanza di lavoro, alla crisi formativa e educativa, all’emergenza ambientale e all’emergenza energetica.
Non sono accuse del tutte infondate, ma solo se rivolte a un certo tipo di indipendentismo, quello per il quale l’indipendenza è la panacea di tutti i mali e la stiracchiano e la cucinano in mille salse e pietanze. In tanti non la pensiamo così. Tuttavia, proprio il momento terribile che stiamo vivendo, con una guerra in atto (ben più ampia di quella che si svolge in Ucraina) e una crisi dei redditi pericolosissima per la tenuta sociale, è utile per fare qualche ragionamento.
Io da tempo sostengo che la questione sarda non è una questione di ritardo di sviluppo, ma una questione di deficit di poteri che genera un ritardo di sviluppo. Aggiungo oggi che essa è anche una questione di poteri usati male e difesi peggio. Ce ne accorgeremo se il governo della Meloni realizzerà quell’ampiamento dell’autonomia regionale che le regioni del Nord rivendicano da tempo. Accadrà che le regioni del nord useranno meglio i poteri di cui noi disponiamo da tempo e che poi li travalicheranno nella prassi, difesi dai loro parlamentari, con i governi che non oseranno impugnare leggi regionali esorbitanti i poteri concessi per timore di intaccare le loro maggioranze.
La domanda è: la Sardegna avrebbe potuto fare qualcosa, con i poteri di cui già dispone, per evitare la crisi energetica e dei redditi che la colpirà?
Io penso di sì: basterebbe una leggina da nulla (nel senso che è semplice da scrivere) che finanzi fino all’80% l’installazione dei pannelli solari sui tetti di tutte le case di tutti i sardi con le relative batterie di accumulo e la Sardegna avrebbe parte del suo problema energetico, quello che incide di più sui redditi familiari, largamente risolto o fortemente attenuato. L’incremento delle bollette sarebbe fortemente fronteggiato.
Per quanto riguarda le imprese e gli enti locali il problema è diverso. Occorre una produzione di energia notevole ma soprattuto capace di gestire i picchi di fabbisogno. La Sardegna è una grande produttrice di energia idroelettrica, ma non ne è proprietaria. La proprietaria è l’Enel, un’azienda privata, continuamente protetta dallo Stato italiano. Noi abbiamo portato via due dighe con i relativi impianti all’Enel, ma pagando il tutto a carissimo prezzo. Se chi governasse avesse coscienza nazionale, creerebbe un ente regionale sardo per l’energia, quello più vocato è l’Enas, farebbe confluire lì anche la gestione integrata dei rifiuti, gli affiderebbe lo sfruttamento dell’energia geotermica che in Sardegna non manca, e punterebbe a rendere l’isola un sistema capace di far fronte ai suoi fabbisogni con un’altissima percentuale di rinnovabili e con tariffe assolutamente compatibili col suo sistema economico.
Invece, la Sardegna fa da retrobottega alla Sicilia, grazie a Enel e Terna e all’insipienza nazionale di chi ci governa.
Questi temi dovrebbero essere dibattuti a sinistra nel momento in cui si parla di rifondarla. C’è da augurarsi che la sinistra sarda capisca che deve costituirsi separatamente da quella italiana e federarsi, ma non subordinarsi, alle forze politiche progressiste italiane. Un soggetto politico sardo, progressista, federalista al suo interno e in Europa, sarebbe una grande e salutare novità. Non capisco perché non si riesca ad aprire il cantiere culturale che è necessario per dare gambe a questa che non è un’idea, è una necessità.
proposta troppo semplice, troppo facile, direi quasi puerile, come idea
chi governa ha necessità di inventarsi qualche iniziativa rivoluzionaria
altrimenti meglio lo status quo, che può sempre servire a dire che alla fine si è fatto quel che era possibile fare
prima ho detto rivoluzionaria?
ma un’idea semplice, direi elementare, può essere rivoluzionaria?
mah!
per adesso, continuiamo a pagare le bollette
“Deficit di poteri, che genera un ritardo di sviluppo”, grazie per avere espresso questo concetto, parole che non avevo ancora trovato durante i pensieri che mi danno il tormento, riflettendo sulle mancanze nostrane.
Contemporaneamente mi viene in mente il testo di una canzone di Piero Marras, Si Deus cheret: “… Ma qui perfino la Preistoria è appalto degli italici…”
Con maggiore poteri in ambito energetico sicuramente si potrebbero finanziare progetti speciali per il FV domestico, si potrebbe anche ragionare su finanziamenti agevolati (il modello potrebbe essere quello dell’agevolazione sui mutui) per progetti mirati alla realizzazione di impianti da Fonti Rinnovabili.
Ma perché non pensare più in grande? Perché la Regione non dovrebbe sedersi al tavolo facendo presente le peculiarità della produzione energetica dell’Isola? Da anni la Sardegna ha pagato l’energia a prezzo maggiore del PUN per via dei costi di produzione del carbone. Perché non ragionare sul fatto di vedere un prezzo per l’energia diverso per le rinnovabili, ma anche per le altre produzioni.
La Sardegna, unica Regione, ha la maggior parte della produzione da carbone (Fiume Santo e Porto Vesme). Se i costi marginali della produzione delle centrali a carbone ora sono più bassi di quelli a gas, dovremmo discutere di un vantagigo intrinseco di cui può godere ora la Sardegna. Forse non ha senso parlare di phase put dal carbone nel 2025, ma si potrebbe fare un piano compatibile con gli investimenti in storage che tuteli le nostre (poche purtoppo) aziende e non inseguire Terna e la programmazione siciliana messa in atto con il Tyrrenian Link.
Mai come adesso sarebbe necessario coprire il vuoto lasciato dal vero Partito Sardo d’Azione, non da questo vomitevole e servile surrogato leghista.
Credo che siano in tanti a condividere questo tuo pensiero, ma non trovano il movimento che si faccia carico di farlo proprio.
A meno che ….
La vedo dura, dovrebbero avere concreta coscienza di non essere autosufficienti e soprattutto riconoscere un evidente scollamento con una parte importante della societa’, in particolare in sardegna, dal mondo rurale, che si e’ quasi totalmente spostato verso posizioni di dx!
Speriamo che i ripetuti “schiaffi” servano a qualcosa…
Perché non si riesce a creare un campo culturale che raccolga queste istanze?
Perché purtroppo siamo da sempre locos, poberos y mal unidos. 😢
Chentu e una borta resone e zustu, Paulu!
Ma ojamomia sos polìticos (senza fare di ogni erba un fascio, ma prendhíndhelos própiu totu a una fasche, totu iscallaus in is partidus italianus fintzas cun distintivu ‘sardu’ in petorras). Su chi lis est budhidu e budhit meda est su Manuale Cencelli po si dividire bene a puntinu sas ‘competenze’/poltronas e sos clientes, pro contos personales a iscusa colletiva e contos de butega ifatu de totu sos bentos e a pistamentu de abba e a zogu de inghiriagrastos.
De natzionale ‘sardu’ fossis salvant solu su fragu de su porchedhu arrustindhe, chi a donzi modu est chistione porchina.
E nessuna politica per l’energia dalle biomasse, per coniugare tutela dei boschi e sostenibilità.
Il nostro territorio, pensato unitariamente e nell’interesse nazionale sardo, può produrre una ricchezza non calcolabile
… Non si riesce ad aprire il Cantiere perché buona parte delle maestranze ( operai e tecnici ) preferisce lavorare per uno stipendio piccolo ma sicuro piuttosto che diventare professionisti … liberi !
È più che giusto.