Nel giorno di proclamazione del nuovo Consiglio regionale e nell’imminenza dello scontro politico-elettorale su Cagliari, vale la pena ricordare la teoria di un grande e indimenticato storico sardo, Francesco Manconi. Egli sosteneva, con dovizia di documentazione, che l’idea autonomistica matura in Sardegna in età spagnola ed è fortemente legata ai privilegi accordati dal re alle città, e in particolare a Cagliari, a dispetto dell’agro.
Le sue radici sarebbero: fedeltà al re (poi all’Italia), privilegio territoriale (le campagne al servizio delle città), orgoglio locale e municipale (attaccamento morale ed emotivo alla propria terra). Questi tre contenuti sono, mascherati di modernità, ancora costitutivi del pensiero e dell’azione politica sarda: nelle scuole la cultura della Sardegna è vissuta sempre in chiave elegiaca, cioè sempre sotto la cifra del rimpianto; la subordinazione dell’agro alla città è fattore strutturale dello spopolamento demografico e istituzionale; la fedeltà al re, oggi all’Italia, si traduce nella cessione piena di sovranità sul mare e sui cieli che significa, per un’isola, la cessione del principale die pèropri interessi strategici: l’accessibilità. La storia non cambia se non cambia il pensiero e l’azione politica.