di Paolo Maninchedda
Ricordo a tutti il lavoro svolto qualche mese fa da Luciano Uras e Silvio Lai sui cantieri verdi. Riuscirono con un emendamento a escludere per tre anni questa misura di politica attiva del lavoro dalle tenaglie dei limiti imposti agli enti locali nel reclutamento di lavoratori temporanei. Quindi, inserirsi nei percorsi nazionali è possibile.
Serve rifarlo in vista sia del Jobs Act (il che vuol dire farlo oggi) sia della legge di stabilità (e su questa abbiamo più tempo).
Per fare cosa?
Non per avere più soldi rispetto agli altri, ma visto che, se il governo si rimangerà alcune posizioni, saremo l’unica regione italiana che attuerà il pareggio di bilancio e il bilancio armonizzato (cosa che non farà lo Stato, e ciò ci rende più che guardinghi), per ottenere meno vincoli nelle politiche per lo sviluppo. Per esempio, ottenere la possibilità di inserire, d’intesa con i sindacati sardi, i contratti di lavoro negli argomenti negoziabili con le imprese che operano o vorranno operare nel territorio sardo. In sostanza, deve diventare possibile che i lavoratori partecipino a capitalizzare l’impresa attraverso la cessione di ore lavorate. O ancora: dobbiamo ottenere la possibilità di adeguare tutto il sistema tariffario che dipende o dalla Regione o dal sistema economico sardo (penso a trasporti, acqua e energia) al benchmark delle zone franche urbane istituite nelle varie aree d’Italia, o comunque al miglior benchmark europeo.
Voglio dire ai nostri parlamentari che dobbiamo fare come hanno fatto i trentini: ogni aumento di responsabilità nostra (che per me vuol dire sovranità) deve andare di pari passo con un ampliamento della nostra libertà civile ed economica. Forse occorrerebbe vedersi rapidamente intorno a un tavolo.