di Paolo Maninchedda
Sulla legge elettorale italiana possiamo fare esercizi di libertà di pensiero.
Primo punto e prima domanda ai parlamentari sardi che stanno votando in queste ore la legge: la Sardegna è un’isola?
La risposta è sì.
Tuttavia si può essere isole in vari modi: in teoria anche un territorio che dista dieci metri dal territorio continentale europeo ed è circondato dal mare è un’isola. Risulta però, ed è bene ribadirlo, che la Sardegna disti dall’Italia circa 200 km.
Quindi, la Sardegna è veramente un’isola ed è anche una tra le isole europee più distanti dalla piattaforma continentale.
La Sardegna è una minoranza linguistica della repubblica italiana. Le leggi elettorali italiane hanno sempre riservato un trattamento particolare al Trentino e alla Val d’Aosta, mai alla Sardegna.
La Sardegna ha un peculiarissima distribuzione della popolazione: 1 milione e seicentomila abitanti su poco più di 24 mila chilometri quadrati.
Fatte queste premesse, e lasciando da parte le amenità rassicuranti che oggi trovate sui giornali sardi sulla libera scelta dell’elettore (ne riparleremo), oggi poniamo una domanda semplice semplice: la soglia di sbarramento per accedere alla ripartizione dei seggi sardi deve essere calcolata sulla base della popolazione e dei votanti sardi o su quella della popolazione e dei votanti della Repubblica italiana?
La ragione dice che lo sbarramento deve avvenire, in un’isola distante dal continente europeo, minoranza linguistica e con una peculiarità demografica evidente, sulla base della popolazione residente e votante nell’isola.
Invece no, lo sbarramento, pari a un milione e mezzo di voti, cioè più dei votanti in Sardegna, è calcolato per la Sardegna sulla popolazione residente e votante nella Repubblica italiana.
Ecco, per oggi basta questa riflessione; è semplice da capire, sufficiente per dissentire, ma soprattutto pone l’altra domanda: perché nessuno, dotato di ruolo istituzionale, difende la Sardegna? Chi governa e chi rappresenta i sardi deve far sentire la sua voce sui temi della rappresentanza. Sulla rappresentanza e sulle tasse negli Stati Uniti fecero una rivoluzione. Su questi temi i leader sardi rinunciano al loro ruolo.
Comments on “Ladri di libertà”
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A mio modesto parere, bisognerebbe imparare prima di tutto ad usare gli ausiliari ;)
Come partito ci siamo fatti carico dei problemi più rognosi: Abbanoa e Strade.Questo impegno si è rilevato un boomerang perché gli alleati si hanno preso i meriti e con la legge elettorale faranno tabula rasa .Non sarebbe il caso di mandarli a casa Oggi? Questa è la riflessione.
Alle elezioni regionali del 2014 circa la metà dei sardi ha votato per partiti sardi (non presenti nel resto d’Italia). Ogni sistema elettorale che non tenga conto di questo dato di fatto specifico per la Sardegna è un sistema liberticida e antidemocratico (e si aggiungerebbe alla altrettanto discriminatoria ciscoscrizione ‘isole’ per l’elezione del parlamento europeo che ha quasi sempre escluso la Sardegna dall’Europa).
Tutti i parlamentari sardi dovrebbero chiedere l’estensione alla Sardegna del modello Trentino con numero di seggi predefinito e sistema prevalentemente maggioritario. Ma i partiti italiani hanno paura che tra qualche anno in Sardegna finisca come in Scozia, con un ‘cappotto’ degli indipendentisti.
Caro Professore,
Purtroppo non abbiamo lavorato per far crescere questa consapevolezza nei Sardi… Difficilmente il Parlamento Italiano ci concederà come magnanima elargizione qualcosa di simile, forse anche perché i primi a pensare che la nostra lingua sia inutile siamo proprio noi Sardi e tutta la cultura autonomistica imbevuta di un cieco economicismo.