di Paolo Maninchedda
Il grande storico francese Jacques Le Goff individuava nel rapporto tra la verità e il potere il vero confine fra l’Europa e l’Oriente (Erdogan, ovviamente, se ne fotte di Le Goff e sta serenamente in Oriente).
Che cosa significa?
Significa che, in teoria, in Occidente è possibile dire la verità anche dinanzi a un potere sovrastante, in Oriente no.
In Occidente si può dire a Renzi che sbaglia, oppure si può denunciare il suo strabismo a seconda del ministro coinvolto in qualche vicenda, ma il massimo che si rischia è la perdita di ruolo, non certo della vita. In Oriente si perde la vita.
Se si vuole costruire lo Stato Sardo, bisogna sempre correre il rischio della verità.
Tralasciando (con fatica) di parlare del Santissimo Dogma Taumaturgico della Asl Unica, in questi giorni la Corte dei Conti ci ha dato (a noi della Giunta), come dire, un garbatissimo calcio nei lombi, rispetto alla spesa sanitaria.
Prima di tutto ci dice (pag. 15) che abbiamo fatto un po’ di acrobazie contabili ma che ci restano da pagare ancora 121 milioni di perdite (pag.24) del 2014 (che per tre quarti è tutto iscrivibile alla nostra gestione). Ora, pagare 121 milioni del 2014 sul bilancio 2016 è roba da far tremare i polsi a Quintino Sella, ma è anche vero che non sono tutti debiti da coprire con soldi veri, quindi è probabile che la forbice si riduca di molto. Insomma, grazie alle abilità finanziarie di cui siamo stati capaci, ci salvieremo, ma il dato è lì, fermo, rilevante, e richiede che noi ci riflettiamo sopra.
Inoltre la Corte dice alla Giunta che non condivide la scelta di utilizzare 103 milioni di euro, originariamente destinati a coprire il debito commerciale e gli ammortamenti non sterilizzati, a coprire il disavanzo. Scrive infatti la Corte: «In merito la Sezione esprime preoccupazione per la circostanza che dette somme, che per quasi la metà (€ 51.500.000) avrebbero dovuto essere utilizzate per abbattere una quota degli ammortamenti non sterilizzati delle Aziende dal 2001 al 2011, ovvero riservate al miglioramento del patrimonio netto delle Aziende medesime, siano state interamente destinate alla copertura delle perdite di parte corrente dell’esercizio 2014». La Corte omette di dire che questo utilizzo è stato autorizzato dal Governo della Repubblica ed ha tutti i crismi della legittimità. Si parla dunque di qualità contabile, non di sostanza, ma per me è una soddisfazione vedere che la Corte accende la luce sulla patologia che ha determinato l’utilizzo di queste somme per coprire il disavanzo. La scelta sarà anche stata obbligata (che cosa poteva fare di diverso l’Assessorato del Bilancio? Forse tagliare le risorse per la Ricerca, o per il sociale, o per l’impresa?), ma richiedeva un approfondimento critico che sia io che il mio partito abbiamo preteso si realizzasse e si è realizzato. La posizione della Corte certifica che non abbiamo sollevato questioni di lana caprina. Magra soddisfazione, ma soddisfazione.
Il disavanzo stimato del 2015 è di 357,8 milioni di euro, ma, come dire, è una stima in evoluzione.
Conclusione: la Sanità è il problema della Sardegna, il problema dei problemi, perché incide troppo sulla ricchezza prodotta. È mai esistito un mandato popolare dei sardi potente ed esplicito al punto da consentire di fare la rivoluzione che serve nel settore sanitario? NO. I Sardi non hanno mai detto con chiarezza: «Cambiate tutto». Questo è il grande nodo politico; e senza un mandato chiaro ed esplicito si fanno solo piccoli passi quando si dovrebbero fare grandi maratone. La forza inerziale de “Su Connotu” in sanità è il più grande retaggio conservatore della storia recente della Sardegna.